A Milano un corso anti-stress

Tanti prof in crisi di nervi È questa scuola che fa impazzire

Tanti prof in crisi di nervi È questa scuola che fa impazzire
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La benemerita associazione Diesse Lombardia, in collaborazione con l’INPS, ha prodotto un corso per dirigenti scolastici e docenti intitolato: «Prevenzione e gestione dello stress-lavoro-correlato nella Scuola (ai sensi del DL: 81/2008). Ruolo, doveri, inadempienze e rischi per il Dirigente Scolastico. Come il dirigente scolastico può affrontare le problematiche relative alla gestione del personale». Ne dà notizia il Corriere della Sera sotto il titolo: «Prof sull’orlo di una crisi di nervi. A Milano, primo corso anti-stress. Formazione ai presidi per imparare a riconoscere i segnali del «burnout», il logoramento da insegnamento. Lo sportello: «Ci arriva un caso a settimana».

Il burnout (“gocciolare fuori”) è la sindrome di chi non vede l’ora di andarsene da una situazione e, prima di averne ricevuto l’autorizzazione formale, si comporta come se l’avesse già ottenuta. Ovvero vive da estraneo (popolarmente: come uno zombie) in un contesto lavorativo che si ostina a ritenerlo (e pretenderebbe che il soggetto si senta) protagonista malgré lui.

Esiste anche la sindrome speculare alla precedente, sia pur chiamata con lo stesso nome: quella di chi si ostina a voler essere all’altezza di una situazione che (strutturalmente) non glielo consente e non si capacita del fatto che il suo lavoro non venga adeguatamente apprezzato o - per qualche arcana ragione - non produca i risultati sperati. Introiettando il problema, e cioè ritenendosi colpevole in prima persona del mancato apprezzamento o dei mancati risultati, il soggetto in esame prosegue in una affannosa ricerca delle abilità che gli consentirebbero di ottenere il successo (secondo lui) dovuto. Il miracolo non accadendo (perché non può accadere) il soggetto entra in una spirale progressiva di disistima di sé e del proprio operato che nel migliore dei casi si conclude con una resa incondizionata alla nequizia dei tempi e nel peggiore (quando la resa sia considerata disonorevole o, peggio ancora, ingiusta) nella caduta in uno stato di catalessi permanente effettiva che si manifesta come completa afasia o tendenza alle urla ossessive e ingiustificate.

 

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Diciamolo subito: il burnout esiste. Il burnout è diffuso (l’«un caso a settimana» dello sportello va inteso nel senso di: un caso/settimana per ciascuna scuola, ossia 45 casi l’anno per plesso scolastico. Più semplicemente: tutti o quasi i docenti). Il burnout è come il fumo: uccide senza chiedere permesso.

I pochi non-burnout - si deve aggiungere - sono poi quelli che fanno diventare burnout tutti gli altri, semplicemente perché, non accorgendosi (o non volendo riconoscere, per ragioni diverse) che la scuola è diventata un elemento patogeno della società, si ostinano a dimostrare - risultati alla mano - che è possibile essere bravi insegnanti se si agisce a loro immagine e somiglianza e mettendo pertanto i colleghi che non ce la fanno nella condizione di non potersi ritenere, fantozzianamente parlando, che delle merdacce.

Non per niente uno dei prestigiosi relatori del corso, il prof. Vittorio Lodolo D’Oria, medico, scrisse anni fa un testo di successo (Pazzi per la scuola. Il burnout degli insegnati a 360º. Prevenzione e gestione in 125 casi. Ed. Alpes Italia, 2010) in cui mostrava al di là di ogni ragionevole dubbio che la classe degli insegnanti non era messa benissimo dal punto di vista dell’igiene mentale. È invece del 2005 il suo Scuola di follia (Armando editore). Intervistato in occasione del corso il prof D’Oria ha ammesso che da allora la situazione è ulteriormente peggiorata.

A questo punto diciamo: se invece di continuare ad occuparsi degli effetti, si cominciasse una buona volta ad occuparsi delle ragioni del disagio, si capirebbe subito che la situazione non potrà che peggiorare in maniera esponenziale e che dunque, invece di studiare il modo per riaprire i padiglioni per malati mentali (o sofferenti psichici), potremmo dedicarci a ridurre drasticamente l’insorgenza delle diverse patologie che vi conducono.

Perché è giusto fare un corso per insegnare ai dirigenti scolastici a prender atto tempestivamente dei disagi dei loro docenti, ma forse sarebbe ancor più giusto fare un bel convegno per far vedere come il disturbo si produce fin dal primo istante in cui un tranquillo giovane o una tranquilla ragazza varcano la soglia di un istituto scolastico. O forse ancora prima, quando entrano in contatto con l’amministrazione, coi concorsi, con le graduatorie, con la pletora di leggi, leggine, ricorsi a TAR o al Consiglio di Stato, circolari, correttivi dai quali non è possibile uscire indenni quanto al modo di guardare alla vita.

 

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Dunque, a domanda: «Come fa un preside ad accorgersi che un docente tende al burnout?» si risponde: «Se ne dovrebbe accorgere dal fatto stesso di averlo lì, davanti a sé». Magari l’insegnante non lo sa ancora, di essere burnout, ma è come l’ebola, che prima di manifestarsi cova per tre settimane. È importante diagnosticare l’ebola in tempo. Più importante ancora eradicarla come si è fatto col vaiolo, o no?

Lo diciamo perché se un dirigente scolastico non trova niente di strano in una proposta di corso formulata così: «Prevenzione e gestione dello stress-lavoro-correlato nella Scuola (ai sensi del DL: 81/2008). Ruolo, doveri inadempienze e rischi per il Dirigente Scolastico» vuol dire che l’ebola se l’è già beccata anche lui, perché c’è già dentro fino al collo nell’atmosfera infestata dai virus dell’anti-scuola che pretende di essere scuola, delle circolari capotiche che pretendono di convivere con altre che dicono il contrario ed entrambe con la poesia dell’epoca barocca, dei D.D.L., D.L., legge num. /anno, che nel proporsi come intelligenti ritrovati culturali e didattici a null’altro servono che a spegnere ogni scintilla di libertà, a denunciare come vano ogni gesto educativo che non si concluda in elogio della Costituzione, a riportare nell’ambito dell’amministrativamente corretto ogni resto di energia sopravvissuto alla marea di quanto sopra riportato.

Diesse è una associazione che ha dentro di sé risorse immense. L’anno prossimo potrebbe proporre un corso intitolato così: “Chi ha ancora un barlume di desiderio di far scuola venga a dirci cosa fa e cosa vorrebbe fare. Noi siamo pronti a dar battaglia”. E la daremo, a costo della vita 'stavolta.

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