la crisi del clero

La Chiesa apre alle donne intanto solo per i funerali

La Chiesa apre alle donne intanto solo per i funerali
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È una scena alla quale dovremo in futuro abituarci: a Sesto in Val Pusteria, una donna è stata autorizzata dalla diocesi (di Bressanone) a celebrare i funerali. Il problema è la mancanza di sacerdoti e così Christine Leiter, con tanto di tonaca bianca, si è adeguata all’inedito compito. Non ha celebrato ovviamente la Messa, ma si è limitata a una liturgia della parola. In diocesi sono già 12 i laici preparati per questi compiti di emergenza, sei uomini e sei donne.
La Chiesa italiana è infatti alle prese con un problema che si aggrava di anno in anno. I dati resi noti dall’Istituto per il sostentamento per il clero, dicono che in Italia nel 2019 ci sono 32.036 sacerdoti, vale a dire un prete ogni 1.900 abitanti. Sono seimila meno rispetto al 1990 ma soprattutto hanno una media di età molto più alta. Infatti i preti con più di 70 anni erano il 22% nel 1990, oggi raggiungono il 36%. E all’opposto, la riduzione dei preti con meno di 70 anni è ben più vistosa di quella in numeri assoluti: un terzo in meno. La categoria del «prete giovane» è diventata un po’ una rarità. Oggi infatti gli under 40 rappresentano il 10%. Così l’età media dai 52 anni del 1990 è salita ai 62 anni di oggi. Se per i sacerdoti valesse la quota 100 sarebbe un vero dramma per la Chiesa italiana, in quanto al suo servizio c’è una classe di «operatori» in gran parte in età da pensione. Per fortuna nella chiesa valgono altre logiche e oggi la vitalità dei vecchi sacerdoti è un riferimento oltre che un’ancora di salvezza.

 

 

 

Ci sono anche differenziazioni territoriali nella mappa di questo declino. La crisi colpisce molto più il Nord che il Centro e il Sud. Liguria e Veneto hanno la maglia nera, con meno 30% del clero in questi 30 anni. Meno grave l’arretramento della Lombardia, che ha un meno 19% nello stesso arco di tempo, perché come spiega il sociologo Franco Garelli che ha studiato questi dati qui «il cattolicesimo si mantiene vivace e organizzato, con i suoi oratori e un volontariato di prim’ordine». Al Sud accade che i numeri registrino addirittura un segno più: Calabria, Campania, Basilicata e Puglia sono in controtendenza, con aumento di vocazioni rispetto al recente passato. Come spiega sempre Garelli, stiamo assistendo a una meridionalizzazione del clero diocesano. Ma nel resto d’Italia la situazione è sempre più problematica, in quanto tante parrocchie sono scoperte: un terzo delle 25.610 parrocchie italiane oggi è retta da un collegio di sacerdoti che ha il compito di coprire più chiese ogni domenica. Ci sono sacerdoti nelle aree di provincia chiamati a consumare migliaia di chilometri l’anno, per dire Messe nelle parrocchie rimaste scoperte. C’è anche un record a questo proposito: quello di don Gianni Poli, che in diocesi di Trento ne copre ben 19. In diocesi di Milano si è sperimentata l’organizzazione per unità pastorali (un’idea del cardinal Martini) sotto le quali stanno nuclei di parrocchie. Altre diocesi hanno favorito l’arrivo di seminaristi da altri Paesi, in particolare da Africa, Asia a America Latina.
È un problema che ovviamente non riguarda solo l’Italia. Tant’è vero che nel Sinodo sull’Amazzonia in corso ha fatto breccia il tema del «celibato opzionale» per chi in futuro voglia essere ordinato prete.

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