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La fake news che ha reso Serena muta dopo il sisma di Amatrice

La fake news che ha reso Serena muta dopo il sisma di Amatrice
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Serena ha quindici anni, un viso giovane e gli occhi azzurro cielo che hanno visto un paese crollare. Serena, infatti, è una ragazza di Rieti e dal 4 agosto 2016, nella sua vita e nelle vite di tutti i cittadini colpiti del terremoto di Amatrice, sono venute meno, rase al suolo, case e certezze. Quella notte si è determinato probabilmente uno spartiacque che segna un prima e un dopo, nelle loro esistenze. Come dice Serena, «il 24 agosto è un giorno che ricorderò per il resto della mia vita. A volte un oggetto che ho davanti, o magari una persona, mi riportano a quel giorno».

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Serena D'Amico

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Amatrice dopo il sisma

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Amatrice dopo il sisma

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Amatrice dopo il sisma

Serena decide di raccontare, in un tema a scuola, proprio quella notte e di come abbia perso d’un tratto sua nonna, «la persona più importante del mondo». La scossa è improvvisa e in pochi secondi sbriciola tutto. Sono le 23.45, una ragazza qualunque prepara i vestiti per il giorno dopo, per la festa del paese. Improvvisamente viene trascinata fuori casa, caricata in macchina per scappare, ma al ritorno niente sarà più come prima. Scrive: «Il palazzo di mia nonna di tre piani era diventato un cumulo di macerie di due metri. Mia nonna è una persona forte che si è sempre sacrificata per il bene della famiglia: per me è una seconda mamma. Utilizzo i tempi al presente perché lei non merita di essere ricordata al passato». Questo scritto ripercorre con trasporto, ma anche con estrema lucidità, gli avvenimenti di quella terribile sera, ordinati con precisione cronologica sebbene ancora pieni di sofferenza.

Dopo quel tema, Serena finisce sulle pagine dei giornali. Si scrive che ha perso la parola (e lo scrivono tutti: Huffington Post, Corriere, Il Giornale), che per due anni non ha più parlato - presumibilmente affetta da una forma di mutismo post-traumatico - e che è si è sbloccata proprio dopo quel tema, assegnato come un “racconto a piacere” e che ha significato per lei una sorta di rinascita; la storia ha una grandissima eco, per la struttura un po’ fiabesco e il lieto fine, e viene ripresa pressoché identica da molte testate. Il 21 agosto, però, Serena scrive un post su Facebook dal quale emerge un quadro un po’ diverso: «Mi era stato detto che il mio tema sarebbe stato una delle testimonianze di quella notte e sarebbe stato pubblicato il giorno dell'anniversario... Non ho mai perso la parola». Chiede poi ai suoi amici di condividere il post per poter raccontare la sua versione. La cosa avviene e arrivano tantissimi commenti di amici che la sostengono e condivisioni da molti altri contatti.

 

 

Il racconto di Serena, che fortunatamente non ha mai sofferto di alcuna forma di mutismo, non nasce quindi come un compito scolastico casuale che risolve il trauma in pochi minuti, ma aveva la funzione di ricordare gli avvenimenti drammatici che hanno riguardato - e riguardano - da vicino una comunità distrutta da un evento inevitabile e improvviso. Dal racconto della ragazza emerge una analisi ancora sofferente ma molto razionale della rottura improvvisa e definitiva della normalità, il passare - lento o veloce, ma comunque apparentemente identico - dei giorni come noi lo conosciamo, devastato per sempre, inevitabilmente, in pochi secondi. Si capisce lo sforzo di rapportarsi con la distruzione del terremoto, di accettare che anche le case possono crollare e che da un’ora all’altra tutto può essere diverso. Si percepisce la sconfitta di una ragazza molto giovane davanti al destino, al caso, a un fatto incomprensibile.

Di questo tema, dovrebbero restare solo le parole di chi l’ha scritto e il dolore per la perdita di una persona cara. «Se la sera prima avessi saputo che l’avrei abbracciata per l’ultima volta, giuro che l’avrei stretta più forte e sarei rimasta con lei. Io non accetterò mai che se ne sia andata così, senza salutare. Ne parlo ogni giorno e ho la certezza che lei è con me sempre, anche adesso che sto scrivendo questo». Purtroppo siamo riusciti a trasformare anche una storia così in una fake news.

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