Dagli hamburger alle "poke bowls"

La pausa pranzo ha cambiato gusto E Bergamo è fra le città più attente

La pausa pranzo ha cambiato gusto E Bergamo è fra le città più attente
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Panini focacce e affini? Nì. Hamburger e patatine? Decisamente no. Sushi e sashimi? Non male. Healthy food e veg? Cibo sano e salutare sempre al top. Tutto cambia, anche le mode culinarie. E così in pausa pranzo, i pit stop al bar di pochi minuti, a meno che non siano veramente innovativi e offrano menu diversi, sono sensibilmente in calo tra le preferenze dei lavoratori e consumatori italiani. Oggi è "trendy" farsi consegnare in ufficio, o in alternativa portarsi da casa, menù salutisti a base di cibi vegetali e con alcuni ingredienti esotico-etnici. Lo ha verificato la "gustosa" indagine del food delivery Deliveroo, condotta in alcune città campione in Italia tra i professionisti di diverse categorie.

 

 

Bisogna essere alternativi. E soprattutto più salutisti. Almeno a pranzo. Lo hanno capito in molti, tanto che sono in aumento coloro che seguono questo stile di vita alimentare total-healthy anche nei break in ufficio, preferendo a cibi pesanti (il cosiddetto "junk food") alimenti e piatti leggeri, sani, stuzzicanti, consegnati pronti e mangiati. A dimostrarlo è una ricerca effettuata su vari professionisti in alcune città campione prevalentemente del Nord Italia e che qualifica la pausa pranzo di Milano come la più salutista in assoluto, seguita da quelle di Bergamo e Monza e da alcune città del centro, fra cui Roma, Firenze. I più virtuosi a pranzo, con pasti consumati dietro le scrivanie? Prevalentemente gli "intellettuali": avvocati, architetti, professionisti nel settore bancario e finanziario.

L’enogastronomico sano e di qualità è di moda. Giudicando i dati emersi dall’indagine, questa è la prima inconfutabile impressione rilevata dagli ordini e dalle consegne attuati da società specializzate. Pare siano oltre seimila le aziende che utilizzano il servizio business a livello globale, di cui oltre cinquecento in Italia, cui ricorrono per pranzi e cene in ufficio, tanto che l’aumento del volume di affari ordinati è statisticamente aumentato del 152% nell'ultimo anno. Colpisce una chiara evidenza: le pietanze e i patti veloci sono rigorosamente “healthy oriented”, ovvero con ingredienti quasi totalmente vegetali, senza grosse differenze da città a città. A parlare sono gli ordini: Milano, per il lunch break, pare preferire le "poke bowls", ovvero piatti a base di avocado e/o le insalatone, quali la cesar salad, un'insalata di origine americana composta da lattuga romana, crostini di pane soffritti, formaggio parmigiano e condita con una salsa fatta di succo di limone, olio di oliva, uova, aglio e salsa Worcestershire. Oppure va per la maggiore anche un mix con la quinoa, un falso cerale senza glutine che può essere mangiato anche dai celiaci e ricco di proprietà nutritive, dalle vitamine a proteine, carboidrati e fibre. A Roma, invece, sono all’ultimo grido fra le preferenze da ufficio i veg-burger: niente più carne arrostita o fritta nel mezzo del panino, ma verdure e ingredienti vegetali. In alternativa, la pita vegana, una rivisitazione della classica pita greca ma "green", e sullo stesso trend sono le polpette bio-vegane, che illudono di essere strutturate con ingredienti animali e invece sono un impasto di ceci, che le tiene insieme, e verdure di stagione. A questi piatti si possono poi aggiungere pesce e crepes, oppure altre insalate dai sapori etnici, come l’indiana, più speziata, a base di lenticchie lessate, salsa tandooi, yogurt bianco, senape e miele, o la mediorientale, il tabbouleth, con grano e verdure di stagione. Sarebbero dunque sulla via dell’archiviazione, o comunque al ribasso, panini e piadine, preferiti al 22 per cento, la cucina giapponese (scelta nel 15 per cento dei casi) e gli hamburger (11 per cento).

 

 

Come si ordina il business lunch break? Da telefono o dal pc nel 37 per cento dei casi, con una preferenza per le piattaforme o le app dedicate che hanno registrato un aumento, nel 2018, del 47 per cento rispetto all’anno precedente. Il tutto pagando le ordinazioni per il 50 per cento dei casi circa con carta di credito, nel 20 per cento dei casi invece attraverso un buono pasto, fino ai contanti, che si affermano al secondo posto con un apprezzamento del 30 per cento.

Chi ordina. Il libero professionista mediamente due o tre volte al mese nel 36 per cento dei casi, gruppi di colleghi per il 32 per cento. Oltre a professionisti e impiegati senior, scelgono il delivery food gli studenti al 33 per cento, mentre tra i lavoratori più giovani, i Millennials tra i 26-35 anni sono coloro che maggiormente, con una percentuale del 36 per cento, utilizzano il digital food delivery, a pari merito con la Y generation (quelli ancora più giovani). Seguono poi gli Xennial (tra 36-45 anni) con il 20 per cento. Chiudono gli over 45 all’8 per cento.

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