Il Ben Gurion di Tel Aviv

L'aeroporto più sicuro al mondo (così si sconfigge il terrorismo)

L'aeroporto più sicuro al mondo (così si sconfigge il terrorismo)
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Un’unica raccomandazione: tre ore di anticipo. È questo il tempo che chiunque sia pratico dell’aeroporto di Tel Aviv, o più semplicemente del Ben Gurion come si usa dire, non si stanca di ripetere a quanti debbano partire dopo un soggiorno in Israele. Perché le operazioni di controllo, soprattutto quelle che avvengono prima del check-in sono lunghissime e spesso estenuanti, ma lo scalo è considerato il più sicuro al mondo. E così, in tempi di aerei che misteriosamente esplodono nei cieli e minacce terroristiche in ogni dove, l’aeroporto internazionale di Tel Aviv è da più parti evocato come il modello a cui tendere per mettere in totale sicurezza i passeggeri e gli aeroporti. Senza tener conto se qualcuno porta o no a bordo una bottiglietta d’acqua.

Ovunque ci sono agenti in borghese, tutto è intercettato, le telecamere sono dappertutto in questo bellissimo aeroporto che sembra un grande centro commerciale, con tanto di fontana al centro di una piazza da cui partono i corridoi dei gate di imbarco. Ma non è sempre stato così: Israele è diventato un’eccellenza nel campo della sicurezza aeroportuale dopo che il 30 maggio 1972 l’Armata rossa giapponese al Ben Gurion mise a segno un attentato per conto del Fronte popolare di liberazione della Palestina uccidendo 24 persone.

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La procedura. Ma cosa succede a chi si trova a transitare per Tel Aviv? È bene premettere che dato l’alto flusso turistico che, fatti salvo gli ultimi tre anni, ha interessato Israele, sono molti i pullman di turisti e pellegrini di ritorno da un soggiorno in Terra Santa. Si stima che dal Ben Gurion transitino circa 16 milioni di viaggiatori l’anno. E i gruppi sono coloro che avvertono meno la pressione dei controlli di sicurezza poiché i loro dati e i loro spostamenti sono stati monitorati per il tempo della loro permanenza nel Paese. A questi gruppi è riservato un controllo collettivo, durante il quale viene chiesto al capogruppo l’itinerario effettuato, i luoghi e le persone incontrate ecc. Solo dopo questa formalità alcuni addetti alla sicurezza passano tra gli appartenenti al gruppo mostrando un foglio con alcune domande di routine, come ad esempio: chi ha preparato il bagaglio? Avete con voi armi? Esplosivi? Coltelli? Qualcuno vi ha consegnato pacchetti da recapitare a qualcun altro nel vostro Paese? Solo al termine viene apposto sul passaporto un adesivo con un codice a barre, il cui primo numero indica il grado di perizia di controllo a cui si viene sottoposti. Il numero 1 è il grado più basso e il 6 quello più alto. Con i gruppi, soprattutto i pellegrini italiani cristiani, generalmente non si va mai più su del 3, controllo medio. Più in generale l’1, il 2 e il 3 indicano cittadini israeliani o stranieri di religione ebraica. Assegnato il codice, si passa al check in e poi all’imbarco, in corsie diverse in base al numerino.

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I viaggi individuali. Diversa cosa accade a chi viaggia da solo. Il peggio tocca a chi si ferma per una lunga permanenza nel Paese. Il numero 5 o il numero 6 sono quasi assicurati (e generalmente sono gli stessi numeri che vengono messi sui passaporti degli israeliani di etnia araba o dei pochissimi palestinesi che hanno il permesso di partire da Tel Aviv). E poco importa se in Israele si è lì per lavorare o per studiare. Quello che preoccupa agli addetti alla sicurezza è il timore che questi passeggeri possano aver frequentato persone sospette o che vengano in qualche modo utilizzate come corrieri di armi ed esplosivi, anche inconsapevolmente.

Chi viaggia da solo viene sottoposto a un interrogatorio per valutare il grado di pericolosità del soggetto. Perché si trovava in Israele? Dove è stato? Dove ha dormito? Conosce qualcuno? Come si è spostato (auto, taxi, mezzi pubblici)? Inutile mentire nella speranza di evitare un controllo serrato, le sofisticate tecniche militari apprese e affinate da quanti fanno domande – la Israel aeroports authority – sono in grado di smascherare anche il più esperto dei bugiardi. Con la conseguenza che le domande si fanno più insistenti e il passaporto rimane nelle loro mani. Con un numero 6 sul passaporto si finisce in una stanzetta dove si viene fatti spogliare e si viene perquisiti. Dopo che tutto viene analizzato nei minimi dettagli, un addetto alla sicurezza accompagna il passeggero fino quasi al gate di imbarco, e nei casi più seri fino a bordo dell’aereo. Un trattamento che spesso viene riservato anche a cooperanti, operatori turistici che si fermano per tempi medio lunghi, e a qualche giornalista.

 

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E i bagagli? Per i bagagli il discorso il discorso è un po’ diverso. Fino a un paio di anni fa venivano controllati sul momento, di fronte al legittimo proprietario, inserendoli in uno scanner che rivelava le varie sostanze di cui erano fatti gli oggetti contenuti. Adesso vengono presi in consegna dopo il check in e controllati in stanze apposite. Quel che è sicuro è che anche se i bagagli vengono aperti, svuotati e controllati senza che il proprietario sia presente, all’arrivo non manca niente: si può solo trovare la sorpresa di veder inserita in valigia una cartolina della security che avverte di aver eseguito un controllo. È molto importante che i bagagli non siano chiusi da lucchetti, non siano incartati (non esistono i punti di imballaggio così frequenti da noi) e che possano venire aperti con facilità in qualsiasi momento. Perché Israele assicura ai passeggeri che partono dal Ben Gurion la sicurezza fino a destinazione.

E non è raro che all’interno dell’aeroporto vengano messe in atto esercitazioni antiterrorismo, con tanto di finte esplosioni e rumori sospetti. Quando questo avviene i passeggeri sono puntualmente informati da volantini distribuiti al check point che dista 7 chilometri dallo scalo e da cui nessuno scappa. Una sorta di casello autostradale piantonato da militari armati che controllano i passaporti di chiunque sia diretto in aeroporto, chiedendo a tassisti, autisti di pullman e automobilisti quale sia il motivo per cui ci si sta recando al Ben Gurion. Da lì comincia il lungo iter che porta a prendere un aereo. In tutta sicurezza.

 

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