Il grande progetto di Pechino

L'Italia percorre la Via della Seta Ma Europa e Usa ci danno l'altolà

L'Italia percorre la Via della Seta Ma Europa e Usa ci danno l'altolà
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Il prossimo 21 marzo il presidente cinese Xi Jinping arriverà in Italia per una visita che non sarà affatto rituale. Infatti sul tavolo c’è la proposta di adesione a uno dei più grandi progetti di diplomazia economica dai tempi del Piano Marshall. Il nome è altamente suggestivo: Via della Seta. Ma dietro l’apparenza si nascondono strategie destinate a segnare il futuro del pianeta. L’Italia è un anello importante di questa strategia cinese in quanto la Via della Seta ha due direttrici principali da Est a Ovest, entrambe arrivano in Europa.

Quella terrestre che passa attraverso l’Asia centrale e interessa soprattutto i Paesi dell’Europa orientale, già ampiamente sollecitati dai lobbisti di Pechino. L’altra direttrice è marittima e attraversa l’Oceano Indiano fino all’Africa, per poi piegare verso Nord. L’Italia sarebbe un approdo naturale di questa rotta: i cinesi infatti hanno nel mirino il porto di Trieste, sul quale sono pronti a fare grandi investimenti. La Via della Seta infatti prevede massicci interventi per potenziare le infrastrutture dei Paesi che vi aderiscono.

 

 

La scelta dell’Italia però ha implicazioni della massima delicatezza. Non è un caso che il Financial Times, un quotidiano molto sensibile agli interessi del grande capitalismo occidentale, giovedì 7 marzo abbia dedicato un’apertura al rischio che l’Italia ceda alle lusinghe cinesi. E anche Donald Trump ha lanciato il suo avvertimento a non permettere che il porto di Trieste diventi un avamposto degli interessi cinesi.

In realtà il nostro Paese si è già molto esposto con Pechino. L’ex premier Paolo Gentiloni era stato l’unico leader europeo a presenziare nella capitale cinese al lancio della Via della Seta. E oggi, nel nuovo governo, il testimone è stato preso da Luigi Di Maio, che nei suoi viaggi in Cina ha dato la sua parola rispetto alla volontà dell’Italia di aderire alla proposta di Pechino. Tra i Cinque Stelle c’è anche un amico della Cina, che non a caso occupa la casella di sottosegretario agli Esteri. Si tratta di Michele Geraci, che per dieci anni ha insegnato in Estremo Oriente, parla fluentemente mandarino, e che ha dalla sua anche numerose comparsate sulla tv di Pechino. È stato lui a scortare Di Mao nei due viaggi in Cina del vicepremier e a spingerlo a fare promesse.

 

 

A oggi sono sessantasette i Paesi che hanno aderito alla Belt and Road Iniziative (questo il nome ufficiale della nuova Via della Seta). Alcuni, come il Pakistan, stanno registrando già benefici nei termini di massicci investimenti infrastrutturali. Per quanto riguarda il Vecchio Continente, solo alcuni Paesi di frontiera hanno dato la loro adesione (Portogallo, Grecia e Ungheria). Invece l’Europa che conta ha chiuso le porte all’ipotesi cinese e guarda con preoccupazione alle scelte italiane. Del resto, il nostro Paese è l’unico tra i grandi che per ora non ha sbarrato la strada al colosso della telefonia cinese, Huawei, rispetto alle sue ambizioni sul 5G italiano (il cosiddetto Internet delle cose). Ma anche su questo dossier la Lega ha un pensiero molto diverso dai Cinque Stelle e il sottosegretario Giorgetti ha già annunciato che userà la golden share contro le ambizioni di Huawei sul 5G nazionale.

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