«Identificazione all'ingresso? Inaccettabile»

Moschea, siamo punto e a capo

Moschea, siamo punto e a capo
Pubblicato:
Aggiornato:

Pochi giorni e saremo punto e a capo. Una settimana per la precisione. A fine agosto, infatti, scade la disponibilità della palestra dell’istituto Petteni, a Redona, in vista della prossima riapertura delle scuole e così il Comitato musulmani che da circa un mese si ritrova lì a pregare dovrà andarsene. Già, ma dove? Il problema, del resto, è sempre quello. Le porte del Centro culturale di via Cenisio, fino a inizio 2016 luogo di culto della comunità islamica bergamasca, restano chiuse, a maggior ragione dopo i brutti fatti del 22 luglio, quando un gruppo di fedeli (una quarantina) fecero irruzione nell'edificio, occupandolo per più ore e uscendo soltanto quando, al suo interno, divampò un incendio. Lì, per ora, tornare è impensabile. E dunque?

 

via cenisio

 

«Un altro luogo di culto, o pregheremo per strada». E dunque ci si ritrova punto e a capo, per l'appunto. Il Comune, dopo gli sforzi di un mese fa, si vedrà costretto a trovare un nuovo luogo dove far pregare i membri del Comitato musulmani. Non una cosa semplice. In realtà uno spazio ci sarebbe: la sala comunale a Loreto dove attualmente pregano i membri del Centro culturale guidati da Mohamed Saleh. Ma la scissione interna alla comunità esclude la possibilità che i due gruppi si ritrovino a pregare nello stesso luogo, almeno per ora. Youssef Ait Abbou, portavoce del Comitato, parlando al Corriere della Sera Bergamo ha mandato un messaggio chiaro a Palazzo Frizzoni: «Abbiamo chiesto al Comune di trovarci un altro posto, per non dover pregare di nuovo per strada in via Cenisio». In sostanza il succo è: o ci date un posto adatto, ampio e dotato di parcheggio, oppure in via Cenisio torneranno ad esserci i disagi. E il rischio scontri. Un'eventualità che il Comune vuole evitare a ogni costo. Ma il problema resta, visto che al momento un luogo di questo tipo si fatica a trovarlo. Senza contare che, qualsiasi sarà la scelta di Palazzo Frizzoni, sempre di soluzione temporanea si tratterà visto che il Comitato musulmani ha intenzione di tornare a pregare nella moschea di via Cenisio appena sarà possibile.

 

fiamme via cenisio eco di bergamo

 

Una moschea per due fazioni. Qui sorge il secondo problema: sia il gruppo di fedeli guidato da Saleh che quello dei "ribelli", ovvero il Comitato che si oppone con forza alla presidenza del Centro culturale da parte di Saleh, desiderano tornare alla moschea, ma immaginare una loro convivenza pacifica è quasi utopia al momento. Il Comune, in particolare l'assessore Giacomo Angeloni, sperava di poter risolvere il problema affidando al Comitato un altro luogo di preghiera (ancora da individuare), ma Ait Abbou ha nettamente escluso questa opzione: «Quando la moschea verrà riaperta - ha dichiarato sempre al Corriere -, avremo anche noi diritto di entrarci. Spero però che non riapra fino a quando ci sarà un accordo tra noi e il Centro islamico. Altrimenti si riaccenderebbe la miccia». Già, un accordo. Sembra semplice, ma in realtà... Si sperava che il Ramadan passato diviso avesse raffreddato gli animi più caldi, ma a luglio la situazione è tornata a farsi bollente tanto quanto prima; anzi, forse ancor di più visto l'epilogo dello "scontro" del 22 luglio, con le fiamme all'interno del Centro culturale. Ma del resto, se entrambi i gruppi desiderano poter pregare in via Cenisio, quella diplomatica è l'unica strada percorribile, sebbene per ora non abbia mai portato ad alcun risultato.

 

mohamed saleh centro culturale islamico di via cenisio bergamo

[Mohamed Saleh]

 

Il problema del regolamento. Problema centrale è il regolamento della moschea che a inizio anno Saleh ha redatto e che proprio non è andato giù ai membri del Comitato musulmani. Il Comune ha poi chiesto al presidente del Centro culturale di rimetterci mano. La bozza è passata sulla scrivania del questore, prima di arrivare ad Ait Abbou. Il 16 agosto il Comitato ha rispedito la bozza a questore, Comune e prefetto con alcune osservazioni. Una su tutte: il no secco alla volontà di Saleh di identificare con un apposito badge tutti i frequentatori della moschea. Ait Abbou spiega: «Per noi è inaccettabile l’ingresso con il documento. La bozza dice poi che chi entra nel Centro è un ospite, ma noi non siamo ospiti di nessuno. È casa nostra». Ma non solo: non piace il fatto che Saleh voglia scegliere direttamente l'imam onde evitare spiacevoli inconvenienti in tempi delicati come quelli attuali, mentre il Comitato pretende che l'imam sia lo stesso che predicava nella moschea prima della sua chiusura.

Il portavoce spiega che il Comitato è disponibile a sedersi attorno a un tavolo insieme alle istituzioni e al Centro culturale, così da tentare di trovare condizioni condivise. Senza però dimenticare che, a suo parere, i membri del Comitato sono stati vittime di pesanti ingiustizie negli ultimi mesi, tali da spingerli a raccontare quanto avvenuto «al ministro degli Affari religiosi del Marocco e al console». Una mossa che, francamente, sembra molto mediatica e poco utile alla soluzione del problema. Perché sebbene alcune richieste del Comitato possano essere comprensibili, è anche vero che le regole scritte nel nuovo regolamento da Saleh appaiono come necessarie e quantomai giuste in tempi in cui i rapporti tra comunità islamica e Occidente sono complicati e tesi: «I disordini alla fine di luglio hanno dimostrato che la selezione all’ingresso è necessaria. Ora più di prima» ha dichiarato Saleh, che poi ha rimarcato con forza come sia «impossibile sedersi a un tavolo con il Comitato: il Centro ha già un direttivo che decide le regole. Il Comitato è un’altra cosa rispetto al Centro islamico. Chiunque rispetti le nostre regole è il benvenuto. Chi però ha creato caos nei mesi scorsi non potrà più mettere piede in moschea». Punto e a capo.

Seguici sui nostri canali