Il consenso è calato a picco

Obama, tutti gli uomini che non stanno più col Presidente

Obama, tutti gli uomini che non stanno più col Presidente
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Pessima gestione della crisi mediorientale e della guerra all’Isis, deterioramento costante dei rapporti con la Russia, incapacità a far fronte alla diffusione dell’ebola negli Usa: sono questi i motivi principali per cui i cittadini e i rappresentanti americani stanno sempre più perdendo fiducia nel Presidente Obama. E a destare ancor più sorpresa e preoccupazione negli ambienti democratici è il fatto che le critiche più aspre non provengono dall’opposizione repubblicana, come fisiologicamente dovrebbe accadere, ma dagli stessi compagni di partito dell’inquilino della Casa Bianca. E questi nuovi e paradossali dissidi interni assumono ancor più rilevanza in vista delle elezioni di metà mandato del 4 novembre.

Le elezioni di mid term. Come di consueto infatti, nel mezzo del quadriennale periodo di carica del Presidente degli Stati Uniti, hanno luogo le elezioni di “mid term”, che prevedono la riassegnazione di tutti i 435 seggi della Camera dei Rappresentanti, di 33 seggi del Senato, di 35 poltrone da Governatore e di varie posizioni all’interno delle amministrazioni locali. È un momento sempre particolarmente delicato, poiché rappresenta il principale indice di gradimento da parte dei cittadini nei confronti del Presidente e del suo operato. E a quanto pare, per Obama si prospetta un crollo vertiginoso dei consensi.

Tanti i dissidenti democratici. È così palpabile il disappunto dei cittadini nei confronti della vigente amministrazione e tanto pronosticato il flop democratico alle elezioni di mid term, che gli stessi candidati del partito di Obama hanno deciso di prendere nettamente le distanze dall’attuale Presidente, in un disperato tentativo di risollevare sorti elettorali che appaiono ormai irrimediabilmente compromesse. Sembra appartenere ad un passato remoto il volto sorridente del primo Presidente di colore della storia degli Usa, che ostentava sicurezza e fiducia di fronte ad una nazione entusiasta per quella che allora pareva una svolta epocale. Oggi invece, quelli che fino a pochi anni fa erano i primi sostenitori di Obama, sono proprio i suoi più acerrimi critici.

A cominciare da Leon Panetta, uomo di fiducia di Bill Clinton durante la sua presidenza, poi capo della Cia e Segretario alla Difesa sotto l’amministrazione Obama: sangue democratico dei più puri, che, forse proprio nell’intento di salvare le sorti dei suoi colori in vista del mid term, ha recentemente effettuato un duro affondo a proposito della gestione della politica estera, con particolare riferimento al ritiro dall’Iraq e all’indecisione sulla questione siriana, da parte del Presidente. Non solo, l’ex fedelissimo di Barack ha anche descritto quest’ultimo come un uomo lamentoso, indeciso e senza intensità. Chissà che, visto il particolare legame di Panetta con la famiglia Clinton, non sia stato un premeditato sfogo per offrire alla ormai certa futura candidata democratica alla presidenza, Hillary, la possibilità di presentarsi alla nazione come la nuova immagine, credibile e decisa, del partito.

Anche la signora Clinton, una volta abbandonato il ruolo di Segretario di Stato, non si è certo esentata dal criticare l’attuale amministrazione, in particolare in riferimento alle scelte adottate in politica estera. Senza possibilità di appello, bocciatura di Obama anche da parte dell’ex Presidente Jimmy Carter, oggi uno dei più fini e preziosi mediatori internazionali di cui gli Stati Uniti dispongano. Carter ha fortemente criticato l’indecisione e la scarsa lungimiranza del Presidente in relazione all’Isis, affibbiandogli la responsabilità dell’attuale incontrollabile situazione.

Persino gli stessi candidati democratici per il mid term, per non compromettere la loro immagine agli occhi degli elettori, stanno prendendo decise posizioni di rottura nei confronti di Obama: da Alison Lundergan Grimes, candidata al Senato per il Kentucky, a Mark Pryor, per l’Arkansas, fino a Mary Landrieu, Lousiana, tutti si presentano come alternative a ciò che, teoricamente, loro stessi dovrebbero rappresentare. Abbandonato, criticato, se non addirittura biasimato da (ex) fedelissimi e adepti: la reputazione di Barack Obama ha ormai raggiunto i minimi storici.

Esultano i repubblicani. Chi naturalmente si sfrega con vigore le mani di fronte a questa incredibile situazione è naturalmente il partito repubblicano. La possibilità di sconvolgere gli equilibri parlamentari, facendo venir meno la maggioranza alla Camera con le elezioni di mid term è una prospettiva che ingolosisce parecchio, specie a fronte degli ultimi sondaggi che danno il 32 percento degli elettori democratici intenzionati a manifestare, con un voto contrario, il loro disappunto nei confronti dell’attuale amministrazione. Dal canto suo, il Presidente ha voluto coraggiosamente ribadire come l’esito del mid term dipenda dalla sua gestione e dalle sue scelte politiche di questi anni, e che un eventuale (e probabile) fallimento sarà un chiaro giudizio dell’elettorato sul suo mandato.

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