Si poteva evitare?

Perché è crollato il ponte a Genova

Perché è crollato il ponte a Genova
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La mancata manutenzione ha causato il crollo del ponte di Genova? È la domanda che ora tutti gli italiani si fanno e che inevitabilmente rimbalza e mette punti interrogativi su tutte le grandi infrastrutture figlie di quell’ormai lontana stagione italiana. Un ponte in cemento armato non è eterno. Tanto meno un ponte ardito come il viadotto del Polcevera, una delle meraviglie ingegneristiche dell’Italia del boom. Non è un caso che negli ultimi anni gli episodi come questi, seppure di ben minore gravità, si stiano infittendo. Colpa di tanti fattori che sono stati sottovalutati. E la sottovalutazione ha in molti casi giustificato la non adeguata manutenzione.

 

 

Chi tutela i ponti. In Italia ci sono 30mila ponti sotto tutela delle provincie, che nel frattempo sono state se non smantellate messe in un limbo; altri 14mila sono di gestione Anas. A tutti questi vanno aggiunti i ponti autostradali che sono sotto “tutela” delle società che hanno in concessione i vari tratti. Il grande viadotto sul Polcevera era sul percorso dell’A10 gestita da Autostrade per l’Italia. La società oggi dice di non aver avuto nessun segnale sullo stato di decadimento del viadotto e ha fatto sapere che comunque «sulla struttura erano in corso lavori di consolidamento della soletta del viadotto e che, come da progetto, era stato installato un carro-ponte per consentire lo svolgimento delle attività di manutenzione».

Dal 2011, situazione di rischio. In realtà la società aveva evidenziato già nel maggio 2011 una situazione di rischio. Nella relazione sull’adeguamento del sistema A7-A10-A12 si diceva che il tratto autostradale A10 a Genova e l’innesto sull’autostrada per Serravalle producono «quotidianamente, nelle ore di punta, code di autoveicoli ed il volume raggiunto dal traffico provoca un intenso degrado della struttura del viadotto Morandi, in quanto sottoposta ad ingenti sollecitazioni. Il viadotto è quindi da anni oggetto di una manutenzione continua». Nei mesi scorsi Autostrade per l’Italia aveva indetto un bando di gara per “interventi di retrofitting strutturale del viadotto Polcevera”. La gara si doveva concludere a fine settembre. Tra gli interventi di adeguamento del viadotto, definito «un’opera strategica» prevedevano «il rinforzo degli stralli di pila numero 9 e 10 poiché quelli di pila 11 sono stati oggetto di rinforzo già negli Anni Novanta». Il crollo di oggi ha coinvolto anche la pila numero 9.

 

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Traffico e carichi pesanti. Uno dei fattori che mettono a rischio grandi manufatti come quello crollato a Genova è certamente l’aumento del traffico e in particolare del traffico pesante. Sul Polcevera attualmente sono calcolati 25,5 milioni di transiti l’anno, con un quadruplicamento del traffico negli ultimi 30 anni; numeri destinati a crescere, anche in assenza di intervento, di un ulteriore 30 per cento nei prossimi 30 anni. Per quanto riguarda il traffico pesante, oltre all’aumento del numero di camion, va considerato anche l’aumento dei carichi.

«Da anni si caricano di più i camion per fare meno viaggi e tagliare sui costi. I viadotti però sono sempre quelli degli anni Settanta, ma nessuno ha provveduto a rinforzarli, perché non esiste un monitoraggio sulle ricadute delle leggi e fenomeni di mercato», ha scritto Milena Gabanelli poche settimane fa in una delle sue inchieste Dataroom. Una preoccupazione condivisa anche da esperti del settore. Come ha evidenziato recentemente un sito specialistico «i carichi eccezionali generalmente sono di entità notevolmente superiore a quelli previsti dalle Norme vigenti, e sono anche di natura diversa in quanto gravano su un numero di assi notevolmente superiore rispetto a quello previsto dalle Normative».

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