Tra ricorsi e sospensioni

Perché si parla tanto di moschee ma non si arriva mai al dunque

Perché si parla tanto di moschee ma non si arriva mai al dunque
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Perché in Italia le moschee riempiono le pagine dei giornali, ma poi alla prova dei fatti non diventano quasi mai realtà? Il caso di Bergamo non è diverso da quello di tante altre città italiane, a cominciare dalla vicina Milano, dove nonostante i suoi buoni propositi il sindaco Pisapia sta concludendo il suo mandato senza aver risolto la questione. È stato emanato il bando dopo un lungo lavoro preparatorio, ma per ora la questione è ancora in alto mare. «Cominceremo a pregare in strada, se è l'unico modo per svegliare il Comune sulla nuova moschea», si è sfogato qualche giorno fa Asfa Mahmoud, volto moderato dell'Islam milanese, presidente della Casa della cultura musulmana di via Padova. Un leader che ebbe addirittura l'Ambrogino d'Oro dalla giunta Moratti per il suo atteggiamento super dialogante con le istituzioni.

 

Termina oggi la festività islamica del Ramadan, fedeli in preghiera alla Moschea di Roma

 

Oggi Asfa Mahmoud raduna la sua comunità in una sorta di grande garage e in occasione dell’inizio dell’anno l’afflusso è stato tale che per consentire a tutti di inginocchiarsi a recitare il Corano, sono stati fatti cinque turni e una lunga coda si è formata nel cortile del garage usato come moschea, una coda che usciva anche lungo la strada. Asfa Mahmoud con la sua comunità aveva vinto il bando comunale che però è bloccato da una guerra di ricorsi al Tar fra diverse sigle islamiche che concorrevano per l’area di via Esterle (una delle tre che il Comune avrebbe destinato a luoghi di culto islamici). La graduatoria che vedeva Asfa Mahmoud in pole position è stata sospesa dal Tar della Lombardia su richiesta di un’associazione culturale del Bangladesh, composta da tre giovani (due architetti e un ingegnere) che avevano presentato un loro progetto; progetto che il Comune aveva escluso dalla graduatoria provvisoria per l'assegnazione degli ex bagni pubblici di via Esterle. Sulla Lombardia oltretutto pende la legge regionale “anti moschee”, sulla quale è attesa la sentenza della Consulta.

 

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Il caso di Bergamo è diverso, in quanto il percorso del Comune è più indietro rispetto a Milano. Ma la “voce grossa” dei soldi messi sul piatto dalla Qatar Charity Foundation ha fatto esplodere la questione: i fondi sono arrivati all’associazione fondata dal medico giordano Imad El Joulani, sede dell’unica moschea al momento riconosciuta in città. E a questo punto è emersa una questione che è uno dei fattori che paralizza tutti i progetti più significativi per la costruzione di luoghi di culto per i musulmani: è la questione della divisione delle comunità e della mancanza di un organismo rappresentativo super partes. L’Islam non ha una sua “chiesa”, così accade che le varie comunità aggregate attorno alle figure di singoli Imam entrino in conflitto. A Bergamo è stato il vice di El Joulani, Mohamed Saleh, insieme ai vertici dell’Ucoii a denunciare il medico giordano di appropriazione indebita, bloccando così i lavori e ottenendo il sequestro del cantiere.

Infine c’è un ultimo problema, che il caso di Bergamo ha reso evidente: a volte l’eccesso di risorse (in questo caso ben 5 milioni di euro) portano a immaginare progetti faraonici, con la tentazione di fare delle moschee che diventino punti di riferimento nazionale. La cosa ovviamente non può non inquietare le comunità locali. Tanto più se i finanziatori sono i miliardari del Qatar, Paese nel mirino per il sostegno ai gruppi jihadisti.

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