Il toto-successore

Chi verrà quando Napolitano avrà lasciato il Quirinale

Chi verrà quando Napolitano avrà lasciato il Quirinale
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È la notizia che da due giorni ha scosso la politica italiana: il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sarebbe in procinto, fra dicembre e gennaio secondo i più, di dimettersi dalla sua carica istituzionale. Un rumor che da un lato non sorprende: fin dalla sua seconda elezione a massima carica dello Stato dell’aprile 2013, Napolitano aveva ben messo in chiaro che non avrebbe portato a termine il settennale periodo di carica, ma si sarebbe limitato a rimanere nuovamente al Quirinale giusto il tempo per stabilizzare una situazione parlamentare e di governo incerta e in crisi; da un altro lato, si tratta di una decisione che, se effettiva, aprirebbe scenari politici rispetto ai quali è difficile fare previsioni, sia riguardo al nome del successore che alle alleanze che ne verrebbero fuori, e che potrebbero cambiare radicalmente l’attuale panorama.

La notizia. L’8 novembre, il giornalista di Repubblica Stefano Folli, apprezzato quirinalista nonché soggetto molto vicino agli ambienti circostanti Napolitano, ha avanzato l’ipotesi, particolarmente fondata a suo dire, che l’incarico del Presidente della Repubblica sia ormai giunto al suo capolinea: secondo Folli, Napolitano avrebbe confidato ad alcuni amici parlamentari di aver esaurito le forze che un impegno del genere richiede (il prossimo giugno, le candeline per lui saranno 90) e, ritenendosi parzialmente soddisfatto di quanto avvenuto nell’ultimo anno e mezzo, si sarebbe deciso a fare un definitivo passo indietro.

Parzialmente soddisfatto, però: perché se da un lato Napolitano vede in Renzi l’uomo giusto, per dinamismo, carisma e intraprendenza, per portare finalmente a termine il processo di riforme di cui l’Italia ha tanto bisogno, da un altro punto di vista egli avrebbe desiderato lasciare il Quirinale con due grandi cambiamenti portati a termine, ovvero riforme costituzionali e legge elettorale, così da lasciare un Paese finalmente moderno da un punto di vista delle istituzioni e con regole che ne garantiscano una sicura governabilità per chi nel corso del tempo si sarebbe trovato ad occupare Palazzo Chigi.

Anche il momento in cui le dimissioni avranno luogo sarebbe stato individuato: fra dicembre 2014 e gennaio 2015, in concomitanza con la chiusura del semestre italiano di guida dell’Unione Europea. Sia chiaro, sono tutte ipotesi da prendere con le pinze, ma la nota stampa ufficiale di oggi del Quirinale, in cui in merito a queste voci si è optato per un sibillino «non c’è né conferma né smentita» (precisamente: «La Presidenza della Repubblica non ha pertanto né da smentire né da confermare nessuna libera trattazione dell'argomento sulla stampa»), corrobora ancor di più l’eventualità delle imminenti dimissioni. E infatti il Premier Renzi, nelle scorse settimane, avrebbe compiuto un ultimo tentativo per convincere Napolitano a posticipare la sua dipartita politica, almeno fino all’inaugurazione dell’Expo; ma il Presidente della Repubblica pare che non abbia la minima intenzione di tornare sui propri passi, convinto di non essere più in grado di assolvere al compito affidatogli per ben due volte e assolto con la dovuta adeguatezza.

QUIRINALE: SESTA VOTAZIONE ELEZIONE CAPO STATO
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Anna Finocchiaro

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Dario Franceschini

++ UE: BONINO, BENE POSIZIONE HOLLANDE SU EUROPA POLITICA ++
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Emma Bonino

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Giuliano Amato

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Graziano Del Rio

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Romano Prodi

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Roberta Pinotti

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Walter Veltroni

Il toto-successore. Come logica conseguenza di questa notizia, è cominciata la bagarre politica e mediatica circa il possibile successore di Napolitano. Altrettanto logico è il fatto che la principale voce in capitolo, anche solo per una questione numerica, sarà quella del Partito democratico: il Presidente della Repubblica è infatti eletto dall’intero Parlamento riunito in seduta plenaria (sia Camera che Senato quindi) insieme a tre delegati per ciascuna Regione; ed essendo il Pd il partito di maggioranza in Parlamento, nonché il detentore della maggior parte dei troni regionali, si capisce come sia nella posizione di poter essere, quantomeno, l’arbitro della partita.

Il primo punto su cui occorre riflettere riguarda con chi il Pd deciderà di sedersi al tavolo per individuare il candidato migliore: la storia politica degli ultimi mesi indica Forza Italia come principale interlocutore per Renzi e affini, ma i famosi «scricchiolii» del patto del Nazareno delle ultime settimane possono indurre a pensare che l’alleanza fra l’attuale Premier e Silvio Berlusconi non sia tanto salda da poter ritenere con certezza che sarà l’asse cardine per l’elezione del prossimo inquilino del Quirinale. E la nomina di un membro del Csm ottenuta con il consenso del M5S, l’approvazione in commissione Giustizia al Senato di un emendamento sulla responsabilità civile ottenuta con i voti dei Cinque stelle, e l’apertura sul dopo Napolitano mostrata dal vicepresidente della Camera, il pentastellato Luigi Di Maio, in un’intervista al Corriere, dimostra che, chissà, il Pd potrebbe anche appoggiarsi ai grillini nella scelta.

Per quanto riguarda i nomi, occorre essere ancora più cauti nelle previsioni che rispetto alle alleanze, poiché, la storia lo insegna, nella corsa al Quirinale chi entra Papa molto spesso esce cardinale. Si vocifera di una possibile candidatura di Romano Prodi, rispetto alla quale però Forza Italia porrebbe sicuramente il veto: il futuro del patto del Nazareno avrà un ruolo decisivo circa la possibilità del Professore di competere per la più alta carica dello Stato. Circolano vari nomi legati però all’ultimo ventennio politico, periodo che l’Italia non vede l’ora di dimenticare, come Walter Veltroni, Anna Finocchiaro, Dario Franceschini. Di Emma Bonino si parla già da tempo, mentre è spuntata in queste ore la candidatura di Roberta Pinotti, Ministro della Difesa. Interessanti i nomi di Giuliano Amato, favoritissimo di Napolitano, e di Graziano Delrio, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e legatissimo a Renzi. Più difficile che un candidato arrivi dal mondo della magistratura, con i giudici della Corte Costituzionale Marta Cartabia e Sabino Cassese, entrambi eletti e molto stimati da Napolitano, ma probabilmente destinati ad uscire in tempi brevi dalla competizione.

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