Tutte le fasi della fabbricazione

Perché il vino sa di tappo (ma adesso c'è un rimedio)

Perché il vino sa di tappo (ma adesso c'è un rimedio)
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L’azienda trentina Brentapack del gruppo vicentino Labrenta, insieme al dipartimento di Fisica dell’università di Trento, ha brevettato un procedimento di sanificazione dei tappi di sughero che riduce notevolmente la possibilità che si sviluppi il temuto sentore di tappo. Il progetto, avviato nel 2013, ha dato i primi frutti, ma l’obiettivo per il futuro è quello di eliminare il rischio in senso assoluto.

Perché il vino sa di tappo (e quanto rischio c’è). Sembra che sia stato Dom Pérignon, l’inventore dello champagne, il primo ad utilizzare il sughero per chiudere le bottiglie che contenevano il prezioso vino. Nonostante negli ultimi anni siano introdotti nuovi materiali e tecnologie come i tappi sintetici e quelli a vite (questi molto utilizzati nel Nuovo Mondo) la poesia del classico tappo in sughero è difficile da abbandonare.

Tra le sue fibre però, nonostante i trattamenti a cui è sottoposto, ogni tanto qualcosa va storto. L’Armillaria Mellea è un fungo parassita che si sviluppa nella corteccia della quercia da sughero dalla quale appunto si ricavano i tappi. Quando questo fungo non viene totalmente eliminato, prolifera e, crescendo, sviluppa dei comporti chimici che conferiscono quello sgradevole odore di cloro e cartone bagnato.

 

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La chimica ha isolato il nome della molecola responsabile: il tricloroanisolo (TCA), un composto che a sua volta deriva dall’anisolo, molecola che invece ci regala un gradevole profumo di anice. Ma forse non è tutta colta dell’ Armillaria Mellea: dagli ultimi studi sembra infatti che esistono altri funghi in grado di produrre il tricoloroanisolo, comunemente presenti nelle nostre cantine: Aspergillus, Penicillium, Cladosporium e Mucor, solo per citarne alcuni.

Si stima che nel mondo un percentuale di bottiglie compresa tra l’1 e il 15 percento sia destinata a sviluppare questo difetto, che la rende imbevibile. La APCOR (associazione Portoghese del Sughero) ridimensiona di molto la stima, tra lo 0,4 e 1,7. Quando però di tratta di bottiglie importanti, anche in termini di costi, non sempre si è disposti a correre il rischio. Ma le tradizioni sono dure a morire.

Come si fabbrica un tappo di sughero, per immagini (con le didascalie).

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La decorticazione è la prima fase, una delle più delicate. Si asporta solo il fellogeno, lasciando intatti gli strati successivi per non compromettere la ricrescita. L’operazione si svolge rigorosamente a mano e a colpi di accetta.

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Ecco come appaiono le cortecce appena tagliate. In genere le aziende più grandi stivano subito il sughero in ambiente protetto per evitare contaminazioni sgradite.

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Ecco come appaiono le cortecce appena tagliate. In genere le aziende più grandi stivano subito il sughero in ambiente protetto per evitare contaminazioni sgradite.

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Le cortecce, dopo la bollitura, vengono pressate, stese e sottoposte a una prima selezione. Successivamente vengono rifilate: gli scarti di produzione serviranno per i cosiddetti tappi tecnici, composti da trucioli di segatura pressati e incollati.

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È il momento del carotaggio, la fase cruciale: ci sono da scegliere le parti migliori del sughero per “estrarre” i tappi.

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La prima selezione viene effettuata con un lettore ottico. Un getto d’aria dividerà i tappi secondo qualità e misura.

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Produzione e mercato dei tappi di sughero. Questo materiale si ottiene dalla corteccia della quercia da sughero, originaria del bacino del Mediterraneo è diffusa in Italia soprattutto in Sardegna e nella regione meridionale. Attualmente la superficie della sughereta mediterranea è di 36mila chilometri quadrati, dalla quale ogni anno vengono estratte 300mila tonnellate di sughero, 15mila in Italia. Dopo nove anni un nuovo strato si è riformato. Questa quercia, che può vivere fino a trecento anni, ha una grande capacità di rigenerarsi. La sua corteccia infatti, una volta tolta, si riforma in nove anni. Nell’arco del suo ciclo vitale ogni pianta può essere decorticata fino a 15-16 volte.

Il Portogallo e la Sardegna sono le aree maggiormente specializzate nella lavorazione di questo prodotto impiegato soprattutto nella fabbricazione di tappi. Il Portogallo vanta il 70 percento della produzione mondiale (dai 15 ai 20 miliardi di tappi l’anno), seguito a ruota da Spagna e Italia: spiccioli arrivano dal Marocco, Algeria e Tunisia.

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