Modalità e progetti da finanziare

Che cosa ha proposto Junker per svegliare l'Europa dalla crisi

Che cosa ha proposto Junker per svegliare l'Europa dalla crisi
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Trecentoquindici miliardi di euro: a tanto ammonta, complessivamente, il piano pensato da Jean-Claude Juncker, Presidente della Commissione Europea, per dare una svolta definitiva alla crescita economica e al settore del lavoro nel Vecchio Continente. Verranno toccati tantissimi ambiti: tra gli altri, trasporti, energia, ricerca, formazione, fornendo un supporto finanziario ai singoli Stati che altrimenti, da soli, non avrebbero le necessarie risorse per smuovere la stagnazione economica diffusa oppure, per quei Paesi già in fase di crescita, per incrementare ulteriormente i numeri della ripresa.

Quanto si stanzierà e come. Primo doveroso chiarimento: l’UE non stanzierà certo da sé questi 315 miliardi, anzi, all’inizio saranno solamente 21 quelli prelevati dalle casse di Bruxelles (che andranno a formare il Fondo Europeo per gli investimenti strategici), di cui 5 forniti dalla Banca Europea degli Investimenti e 16 dai fondi del bilancio UE. Questo denaro verrà utilizzato per attività di mercato, consistenti fondamentalmente nell’emissioni di obbligazioni e raccolta di ulteriori risorse, per arrivare ad una quota stimata sui 60 miliardi di euro, i quali verranno nuovamente investiti questa volta nei vari progetti dei Paesi membri, in misura non superiore al 20 percento delle spese complessive; tutto questo dovrebbe portare, con il tempo, ad una mobilitazione complessiva di 315 miliardi, stando alle previsioni di Juncker.

Quali progetti verranno finanziati. Il passaggio fondamentale riguarderà la scelta dei progetti dei vari Paesi dell’UE che si deciderà di finanziare. Il procedimento funziona a proposta dei singoli Stati, che hanno già fatto pervenire a Bruxelles 1.800 richieste per interventi in vari settori, per un costo complessivo di 1.100 miliardi. Entro metà 2015 verranno selezionati, dalla Commissione Europea, i progetti migliori, senza alcun tipo di quota nazionale: questo significa che i vari Governi hanno un’importante responsabilità nel formulare richieste credibili e realmente strutturate, pena il non ricevere nemmeno un euro. Anzi, la Commissione ha fatto sapere che verranno particolarmente apprezzati progetti dalle interessanti prospettive, per quanto i bilanci statali non ne consentano l’effettiva realizzazione: la fiducia nelle istituzioni economiche europee e il coraggio di investimenti rischiosi ma con buone possibilità di successo sono elementi che verranno tenuti in grande considerazione da Bruxelles.

Altre modalità previste dal Piano. Strettamente connesso con questo aspetto è il fatto che, secondo quanto dichiarato da Juncker, non verranno considerati i contributi previsti per l’Europa nelle singole leggi di stabilità dei Paesi; tradotto: anche se mi dai poco, io comunque sarò generoso. Un altro elemento che risulterà decisivo nell’assegnazione dei fondi riguarda quanto europeo sia il respiro che il singolo progetto assume: più le idee saranno tese ad un sempre maggior europeizzazione delle imprese e degli apparati, più aumenteranno le possibilità di finanziamento. Si tratterà, insomma, di una sorta di bando di gara di dimensioni continentali. Il Fondo, inoltre, ha già annunciato che si manterrà comunque in ultima posizione rispetto ai numerosi creditori che ogni Paese ha, favorendo quindi ulteriormente gli Stati richiedenti. L’Europa tende quindi un golosissimo cioccolatino ai suoi figlioli, che però devono dimostrare di saperselo meritare.

La partita, perlomeno quella istituzionale, per adesso però si gioca tutta in Europa: Juncker infatti dovrà da un lato convincere gli investitori (a cui saranno dirette le obbligazioni rilasciate e a cui verrà chiesto il finanziamento, come accennato all’inizio) che questo Fondo Europeo per gli investimenti strategici possa essere, in futuro, redditizio e quindi conveniente per il presente, e da un altro lato ottenere il permesso dal Parlamento Europeo per modificare alcune regole comunitarie che, al momento, impediscono di utilizzare soldi del bilancio UE a garanzia del nuovo Fondo.

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