Il problema è l'impunità

Quelli che mangiano a sbafo Purtroppo è diventata una moda

Quelli che mangiano a sbafo Purtroppo è diventata una moda
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«Ci porta il conto per favore?». Certo, subito. Ma subito è già troppo tardi: neppure il tempo di dirigersi verso la cassa che i furbacchioni del tal tavolo sono spariti. Volatilizzati, così come il pagamento dovuto. Roba da film, si pensava. A rendere famosa la figura dello scroccone da ristorante era stato Leonardo Pieraccioni, con il suo primo successo, I Laureati, dove un gruppo di amici, con la scusa di una gara di corsa per decidere chi paga per tutti, spariscono lasciandosi alle spalle un conto salato, un cameriere abbattuto e un ristoratore infuriato. Poi è stato Luciano Ligabue, nel suo Da Zero a Dieci, a riproporre la scena con quattro amici che, al bar, piuttosto che pagare preferiscono darsi alla fuga. Una goliardata insomma.

 

 

Altro che goliardia. A quanto pare, però, questa goliardata è sempre meno tale e sempre più una moda, almeno nel nostro Paese. Lo racconta Davide Lessi su La Stampa, sottolineando come, dalle Alpi alla Sicilia, ci siano ogni giorno migliaia di persone che se ne inventano una pur di mangiare senza pagare. Chiaramente questi furbacchioni non sono tutti uguali. Lessi spiega che se Cesare Lombroso, fondatore dell’antropologia criminale, fosse ancora in vita, potrebbe individuare tre tipologie di scrocconi: i seriali, gli stagionali e quelli della “zingarata” di gruppo. L’elemento comune è l’invidiabile capacità di saper cogliere l’attimo: scappare quando devono pagare il conto, abbandonando il ristorante o il bar dove hanno consumato. A pagarne le conseguenze però, purtroppo, sono sempre gli stessi: i titolari dei locali. Che adesso iniziano a stancarsi, ma hanno le mani legate, come spiega Marcello Fiore, direttore della Federazione italiana pubblici esercizi (Fipe): «Non possiamo farci niente, abbiamo strumenti limitati per intervenire».

Gli scrocconi stagionali… Questo particolare tipo di reato aumenta esponenzialmente, in termini numerici, nel periodo estivo e in quello natalizio. Per intenderci, nei periodi in cui il turismo è più attivo. Il fatto di essere sicuri di non poter essere riconosciuti, infatti, infonde coraggio a coloro che pensano bene di mangiare e poi scappare senza pagare. Tanto poi chi li può individuare? È quello che è successo recentemente a Salerno, in una nota pizzeria cittadina: quattro persone, due coppie, hanno fatto piazza pulita di quanto ordinato e poi si sono volatilizzati, certi di rimanere impuniti. «Eran turisti, altrimenti li avrei riconosciuti» spiega il titolare, che ha preferito non denunciare perché «non ho tempo da perdere». Questo è un tipico esempio di scrocconi stagionali dipinto dal giornalista de La Stampa.

 

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… quelli di gruppo e quelli seriali. Oltre che la certezza di non essere riconosciuti, anche essere in un folto gruppo di persone infonde coraggio e sicurezza. E così anche la “zingarata” di gruppo è all’ordine del giorno. Succede spesso che una comitiva di 50, 60 persone, al momento di pagare il conto, sparisca nel nulla. È capitato nei mesi scorsi a Moiacco, Udine, così come a Perugia più recentemente. E i conti, in questi casi, erano a tre zeri. I più pericolosi, però, sono gli scrocconi seriali, i quali proprio non ce la fanno a non far impazzire ristoratori e baristi. C’è il distinto signore veneziano, che finge di voler pagare più pasti in un'unica trance e dopo il primo non si fa più vedere, ma anche la giovane ragazza che, lungo i Navigli di Milano, “ruba” i cocktail degli altri clienti per poi volatilizzarsi. Senza contare inoltre gli scrocconi fumatori, che rappresentano il 40 percento di tutti i casi in analisi, i quali con la scusa di una sigaretta fuori dal locale colgono l’occasione per non farsi più vedere.

Il problema? L’impunità. Ma com’è possibile che questa moda sia dilagata in tutta l’Italia? La risposta, ahinoi, è molto semplice e si può riassumere in una sola parola: impunità. Chi compie questo reato (perché di reato stiamo parlando, precisamente di insolvenza fraudolenta) sa bene che, a meno che in rarissimi casi, non gli succederà nulla e anzi, non verrà nemmeno beccato. La Fipe spiega infatti che i gestori non possono far nulla: se trattenessero il cliente reo di non aver pagato potrebbero incorrere nell’accusa di sequestro di persona e non hanno nemmeno il permesso di domandare un documento d’identità ai clienti, poiché è un atto che spetta solamente al pubblico ufficiale. L’unica cosa che si può fare è chiamare la Polizia e sperare. Cosa non si sa bene, visto che anche una denuncia nel 99 percento dei casi cade nel vuoto e rappresenta più una seccatura burocratica, per gestori e per forze dell’ordine, piuttosto che una soluzione.

Alla fine, quindi, la Fipe sembra essere più scoraggiata che arrabbiata. L’unica cosa che possono fare è affidarsi alla propria esperienza, magari sfruttando l’aiuto delle nuove tecnologie (tavoli computerizzati e sistemi di videosorveglianza). Ma è comunque poca roba. La cosa che succede più spesso è che un gestore calcoli già che, ogni settimana, una percentuale compresa tra il 3 e il 5 percento delle entrate complessive dell’attività è perso, come spiega Matteo Musacci, 28enne e rappresentante dei pubblici esercizi della Fipe giovani a livello nazionale. Se una volta, quindi, la trasgressione era scappare senza pagare, oggi offrire una cena agli amici pare essere veramente trasgressivo. Cosa che, in più, farebbe felici i ristoratori.

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