Nella cattedrale di Firenze

Scrivetelo sui muri: 10-11-2015 Il discorso storico di Francesco

Scrivetelo sui muri: 10-11-2015 Il discorso storico di Francesco
Pubblicato:
Aggiornato:

Scrivetelo sui muri, appendetelo ai pennoni delle bandiere. Inchiodatelo in alto sugli ingressi dei ranch. Alzate l’architrave, carpentieri, e incidetevi sopra la data: 10 novembre 2015.

Era appena terminato il discorso di papa Francesco in Santa Maria del Fiore, la cattedrale di Firenze, che Bergamo Post aveva già il rimando a un pezzo di Repubblica.it che mi ha fatto venire in mente il titolo di un libro meraviglioso di Emil Cioran, Esercizi di ammirazione. Ho ammirato, dal profondo del cuore Laura Montanari e Gerardo Adinolfi per essere riusciti a scrivere e mandare alla loro redazione un testo perfetto in un tempo brevissimo. Li ho ammirati perché invece io mi aggiravo come avessi ricevuto un colpo in testa, coi pianetini che giravano come nei fumetti. E immagino che anche loro si trovassero nella medesima situazione, ma erano riusciti a tenersi in pugno, da veri, seri professionisti.

 

 

Io, invece, no. Fin dall’inizio del discorso, certamente, quando parlava della cupola che continuava a chiamare coppola. Ma soprattutto quando ho sentito dire: «La dottrina cristiana non è un sistema chiuso incapace di generare domande, dubbi, interrogativi, ma è viva, sa inquietare, sa animare. Ha volto non rigido, ha corpo che si muove e si sviluppa, ha carne tenera: la dottrina cristiana si chiama Gesù Cristo». Da quando ho sentito dire: «La dottrina cristiana si chiama Gesù Cristo» ha preso a girarmi la testa. Al lettore non interesseranno assolutamente niente i miei capogiri, però mi servono per dire che ritengo che da oggi, 10 novembre 2015 il mondo - il mondo intero, il cielo e la terra, il presente e il futuro - non saranno più quel che sono stati fino ad oggi.

Giovanni Paolo II, san Giovanni Paolo II, aveva aperto ai movimenti ecclesiali forse perché da essi si attendeva quel rinnovamento della Chiesa che disperava potesse prodursi nelle istituzioni centrali. Benedetto XVI, ingravescente aetate, ovvero a causa degli anni, aveva deciso di passare la mano. Oggi si è capito che è come se Francesco d’Assisi stesso (il capo di un movimento che intendeva rinnovare la Chiesa), invece di chiedere la benedizione del Papa, fosse divenuto lui Papa. Che la Chiesa tutta è un movimento. E che il Papa ci crede.

 

 

Non è molto professionale quel che provo a dire, ma mentre il nostro amico parlava, ogni tanto l’obiettivo di TV2000 inquadrava il vescovo di Firenze, Betori, il cardinal Bagnasco e altri prelati. Li ho guardati sperando che i miei occhi riuscissero a ingrandire l’immagine televisiva perché avevo l’impressione che qualcuno di loro stesse trattenendo le lacrime. Il discorso è lì: chiunque può leggerselo. Ed è un’altra delle meraviglie del giorno, un altro oggetto di ammirazione. Perché, viene da pensare, non l’avrà scritto tutto il Papa di suo pugno. Con tutto quel che ha da fare e da pensare, non si metterà certo a scrivere anche i discorsi. Dirà a qualcuno cosa intende dire, e questo qualcuno cercherà di mettere in pulito quelle idee. Bene: chi ha scritto il discorso di oggi, il Signore lo benedica.

Quando studiavamo al liceo, ci venivano proposti i discorsi di Demostene, le orazioni contro Catilina, il Discorso di Stradella di De Pretis e quello del Re, su cui hanno fatto anche un film. Poi avevo pensato che un discorso più bello di quello fatto in Bolivia ai Movimenti Popolari non si sarebbe potuto fare. Ma quello di oggi li supera certamente tutti e di diverse lunghezze. È un discorso che abbraccia ogni cosa: dalla Cupola sotto la quale è stato tenuto ai poveri del mondo, dal modo di fare teologia a quel che devono fare i vescovi - cioè i pastori. Dalla storia recente della Chiesa italiana alle prospettive di azione politica su qualsiasi scala, piccola o grande che sia. Leggetelo con attenzione: leggetelo in profondità. Individuate i legami con l’oggi e con la storia, col qui ed ora e l’universo intero.

 

 

L’altro giorno è morta la Pasionaria, la figlia di Giovannino Guareschi. Quando Francesco ha citato don Camillo abbiamo immaginato che fosse stata lei a guidare la mano di chi ha scritto questo intervento e a illuminare la mente e il cuore del papa: Guareschi non avrebbe mai immaginato, nemmeno nei momenti di maggior fervore della sua fantasia, di entrare a far parte di un momento di questa portata. Che il suo nome sarebbe stato scolpito a lettere capitali nella storia della Chiesa. Né avrebbe mai immaginato, quel vescovo che in metropolitana veniva sorretto dalla calca, perché aveva perso il contatto con l’apposito sostegno, di diventare metafora e indicazione per tutti i vescovi, invitati dal Papa a farsi sostenere dai loro fedeli più che dai loro progetti. Ma stamani è andata così. E dunque possiamo sperare che anche a noi sarà dato più di quel che possiamo sperare.

 

 

Al termine del momento in cattedrale, il papa ha percorso via de’ Servi (i Servi di Maria, l’Ordine fondato dai primi santi santificati per la loro amicizia) per recarsi alla Santissima Annunziata (il santuario eretto a suo tempo dalla famiglia Pucci). E la telecronaca ha annunciato che oggi Francesco avrebbe mangiato coi poveri alla mensa della Caritas. Di rigore i piatti e le posate in plastica.

Sono cresciuto in una famiglia che conservava i calici di cristallo in cui aveva bevuto il cardinal Mastai Ferretti, futuro Pio IX. Non ho mai amato come oggi la plastica e i piatti che non si separano facilmente e bisogna inserire l’unghia per non buttarne via di puliti. Mai come oggi mi sono riconosciuto figlio della sola e immensa famiglia per cui siamo nati. Adesso vado a sentire l’omelia della messa al Franchi. Mi aspetto di tutto.

Seguici sui nostri canali