Tra il dicembre '43 e l'ottobre '44

Le famiglie deportate da Bergamo

Le famiglie deportate da Bergamo
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Furono 44 gli ebrei deportati della Bergamasca nei campi di concentramento nazista. I loro nomi e i loro profili li si possono scorrere nel database della Shoah italiana. A leggere l'elenco si resta stupiti di come gran parte dei nomi evidenzino origini non italiane. Si trattava infatti di confinati o di sfollati arrivati da vari paesi europei per cercare un luogo più sicuro. Al contrario di quanto accadeva per i residenti da lunga data, essi potevano contare meno sulla rete di conoscenze e approfittare con minor successo delle informazioni e della solidarietà che molti concittadini seppero esprimere. Così gran parte di loro finirono nei campi di sterminio. La caccia agli ebrei a Bergamo era iniziata nell'ottobre del 1943, soprattutto ad opera della Guardia nazionale repubblicana, più che dei tedeschi. Gli ebrei catturati a Bergamo e provincia furono, come detto, in totale 44. Di questi 21 femmine e 23 maschi. Dei 44 deportati 25 erano nati in Italia, 19 all’estero. Cinque le persone con meno di 18 anni di età, fra loro due bambini di 3 e 7 anni.

 

KZ Auschwitz, Ankunft ungarischer Juden

 

Auschwitz fu la meta principale dei deportati: in 17 qui persero la vita. Furono otto i convogli che partendo dalla stazione di Bergamo portarono i prigionieri nei vari campi: il primo partì il 3 dicembre 1943, l’ultimo il 24 ottobre del 1944. Tra le vicende delle famiglie ebree bergamasche la più famosa è quella che toccò la famiglia Sonnino, una storia che è stata raccontata in un bel libro (Questo è stato. Una famiglia italiana nei lager) da una delle eredi, Piera Sonnino. Protetta dalla solidarietà e dall’umanità della gente comune, la famiglia scelse di rimanere unita invece di smembrarsi in cerca di salvezza oltre il confine svizzero. Con l’arrivo ad Auschwitz i protagonisti di questo dramma sprofondarono in «un mare di fango. Una pazzia gelida, buia, fangosa». E lì si consumò la tragedia. Piera fu l’unica a tornare. Morirono invece Bella Marianna Ortona in Sonnino, nata nel 1875, il figlio Pilade nato nel 1900, la figlia Ilda Sonnino nata nel 1904. Vennero arrestati a Nossa il 17 agosto 1944. Così la nipote Argia ha testimoniato quel giorno l’arresto di Pilade: «Vennero in due per portarlo in questura. Mamma pretese di seguirlo, anche se quelli assicuravano che si trattava di una formalità. Lei tornò il giorno dopo, papà non tornò più. Lo trasferirono a Sant'Agata. Fu lì che lo vidi per l’ultima volta. I parenti da una parte e i prigionieri dall’altra. Nel vociare generale capimmo che voleva qualcosa da mangiare. Ci raccomandò di stare tranquilli ma, nello stesso tempo, di aver cura di nonno Amleto. Aveva capito tutto».

Bella Marianria Ortona fu deportata ad Auschwitz e qui uccisa all’arrivo, il 10 aprile 1944; Ilda Sonnino, deportata ad Auschwitz, è deceduta a Bergen Belsen dopo il febbraio 1945. Per quanto riguarda Pilade Sonnino la verità sarà certificata il 15 maggio 1955 dall'apposita Commissione interministeriale: morì infatti a Mauthausen il 29 aprile 1945 in seguito ad esaurimento e a sevizie ed è stato cremato.

 

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Atra famiglia decimata dall’Olocausto fu la famiglia Muggia. Giuseppe, il padre, era direttore dell’ex ospedale psichiatrico: insieme alla moglie Maria Ester Anna Levi e alla figlia Franca Muggia vennero arrestati il 5 dicembre del 1943. Deportati a Auschwitz i genitori vennero uccisi all’arrivo, il 26 febbraio del 1944. Anche la figlia subì lo stesso destino in data e luogo ignoti.

Veniva invece da Ambivere la famiglia Levi: il padre era titolare della farmacia del paese, la farmacia Fumagalli. Era un personaggio molto popolare in paese, schierato con il regime, al punto che aveva sostenuto la campagna “oro per la patria”. Tutto questo non gli bastò per evitare alla sua famiglia l’atroce destino della deportazione. Lui morì di malattia l’8 ottobre 1943. Poche settimane dopo, il primo dicembre, il maresciallo dei carabinieri di Ponte San Pietro si presentò ad arrestare le sette donne della famiglia Levi: la moglie, le tre figlie, le due sorelle del farmacista e la sorella della moglie. Solo Laura, la seconda figlia, riuscì a sopravvivere: per una febbre altissima era stata ricoverata in infermeria. Venne liberata e ritornò ad Ambivere continuando la gestione della farmacia e quindi a Bergamo. Morì il 10 gennaio 1984, a 61 anni.

 

 

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[Due sorelle Levi di Ambivere]

 

Numerose furono le storie di solidarietà nei confronti degli ebrei ricercati. Una delle più famose è quella che riguarda l’istituto don Luigi Palazzolo di Torre Boldone delle suore Poverelle. Nell’orfanotrofio diretto da don Tranquillo Dalla Vecchia e nella clinica di suor Anastasia Barcella vennero nascosti partigiani e perseguitati. Dal 20 giugno 1943 al 30 maggio 1944 le Poverelle ospitarono nove ebrei che il 30 maggio 1944 vennero però denunciati da un ricoverato. Gli ebrei finiranno tutti deportati: erano i tre fratelli Nacamulli, Mario, Guido e Vittorio; Giuseppe Weinstein, che don Tranquillo era riuscito a far fuggire ma che si era ripresentato quando scoprì che il prete era stato preso in ostaggio al suo posto; Corrado Coen Pirani e Oscar Tolentini. Don Tranquillo venne arrestato nuovamente il 26 agosto 1944. A San Vittore fu pestato più volte, ma non parlò mai.

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