Studiano la loro lingua madre

Alle Grazie c’è l’oratorio dei cinesi

Alle Grazie c’è l’oratorio dei cinesi
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Chi ti riempie l’oratorio ora che i ragazzi bergamaschi preferiscono altri luoghi? Lo riempiono i cinesi. Passate dalle Grazie e facilmente vi imbatterete in alcuni (o tanti) di loro. Sono i figli delle famiglie cinesi in Bergamasca, bambini e ragazzi che dopo aver frequentato le nostre scuole al mattino, si ritrovano nelle aule di viale Papa Giovanni per imparare a leggere e a scrivere la lingua dei loro genitori. Un intenso doposcuola, organizzato dall’associazione culturale “Yong En” (che vuol dire "Cantiamo la grazia di Dio"), con professori chiamati direttamente dalla Cina. Dal doposcuola al Cre il passo è breve, ed ecco che, dalla fine delle lezioni fino al 31 luglio, duecento ragazzi hanno animato un Cre, trasformando le Grazie in una sorta di “oratorio dei cinesi”. Oratorio per modo di dire, perché di catechismo, in senso tradizionale, non se ne fa: alla base di tutto c’è la scuola di cinese.

 

 

I bambini e i ragazzi arrivano da tutta la provincia e parlano bene l’italiano (qualcuno anche il bergamasco), ma i loro genitori vogliono che altrettanto bene conoscano la lingua e la cultura del loro paese d’origine. L’associazione Young En ha affittato le aule e l’avventura è cominciata, non senza qualche riserva dei bergamaschi, preoccupati che l’oratorio di questo passo diventi una “cosa loro”. Qualcosa però si muove. «Il primo anno ci guardavamo a distanza», racconta don Vinicio Corti, viceparroco. «Loro di là, sempre cordiali e gentilissimi, noi di qua, un po’ meno cordiali. Il secondo anno pure. Recentemente però ci hanno invitato al saggio di fine anno che han fatto al Teatro Gavazzeni di Seriate. Uno spettacolo bellissimo con danze e coreografie stupende. I bambini si lasciavano guidare con un dito. Hanno cominciato con l’inno nazionale cinese, e subito dopo hanno cantato l’inno italiano. A un certo punto mi hanno fatto salire sul palco e insieme abbiamo intonato quella canzone, Se sei felice, in italiano e in cinese e io li ho accompagnati con la fisarmonica. Erano tutti contenti». Un altro segnale di “disgelo” è che fra alcuni ragazzi bergamaschi e i cinesi si è cominciato a parlare la lingua universale del pallone, con sfide a tutte le ore.

Monsignor Valentino Ottolini, parroco delle Grazie, ricorda come ha avuto origine questa insolita coabitazione nel centro della città. «Quando sono arrivato, nel 2007, c’erano già dei cinesi. Avevano a disposizione una sala per 30-40 persone che usavano come luogo di culto domenicale. A indirizzarli qui era stato l’Ufficio Migranti della Curia. Pian piano però i cinesi si sono espansi, ed è sorto qualche problema. Così, quando mi hanno chiesto altri spazi per organizzare un doposcuola, li ho invitati a trovarsi un’altra sede per il culto e mi risulta che abbiano affittato un capannone a Borgo Palazzo. Qui è rimasto il doposcuola, che progressivamente si è popolato». Anche il parroco ricorda che nei primi tempi i cinesi tendevano a mantenere una distanza, e questo aveva creato malumori nella comunità bergamasca dell’oratorio: «Avevamo incaricato una catechista di contattare i bambini, ma le mamme, quando la vedevano avvicinarsi, li portavano via». Poi, col crescere delle classi, i contatti con le maestre sono diventati più frequenti e la convivenza è migliorata. «Adesso i ragazzi salutano, vengono, parlano, si sentono come a casa loro e anche con le maestre c’è un rapporto familiare. Quest’estate - aggiunge don Valentino -, una sera scendo e mi ritrovo qui i ragazzi, senza le insegnanti, a festeggiare il compleanno di uno di loro. Va detto che i cinesi hanno un senso della disciplina e del rispetto sorprendente nei giovani di oggi».

 

 

Ci si intende, insomma. Un po’ meno con i loro genitori, molti dei quali non conoscono o non riescono a imparare la nostra lingua. «Quando ci troviamo a fare un discorso - dice il parroco -, devo chiamare i bambini a fare da interpreti». Don Valentino sorride quando gli si fa notare che il suo è diventato l’oratorio del Dragone e lui stesso il parroco dei cinesi. «Effettivamente oggi loro rappresentano il maggior numero dei ragazzi dell’oratorio», risponde. «I nostri vengono per il catechismo il mercoledì e la domenica, ma la cosa bella è che i ragazzi attirano i ragazzi. Ed è più facile che vedendo un oratorio pieno anche “i nostri” si fermino. Quanto a me, devo confessare che in un primo tempo ero molto titubante. Loro erano diffidenti ma noi eravamo sorveglianti, anche perché chi fossero veramente non lo sapevamo: mi riempivano ogni luogo di Bibbie in cinese... Adesso so che fanno riferimento ai cristiani evangelisti di estrazione inglese. Il marito di una maestra è il loro pastore. Fanno fatica a capire le differenze fra i cristiani. Io ero guardingo, ma adesso un po’ ci spero. Mi hanno invitato a cena, mi chiedono consigli sui muratori bergamaschi perché devono sistemare la casa, sono cose piccole che però si inseriscono in un bel clima. "Dobbiamo parlare di Gesù", mi ha detto il pastore».

Due settimane fa, il Papa ha siglato un accordo storico con la Cina. Vuoi vedere che alle Grazie si erano già portati avanti?

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