Una storia a lieto fine

Clandestino salva bimbo dall’auto Premiato col permesso di soggiorno

Clandestino salva bimbo dall’auto Premiato col permesso di soggiorno
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Un gesto istintivo, di grande generosità e amore. Senza curarsi delle conseguenze che avrebbe potuto incontrare, visto che sul suolo italiano viveva nello stato di clandestino. È così che le «sliding doors» della vita per Niang Mousse Diarra, per tutti semplicemente Bur - speranza - sono voltate proprio verso il significato del suo soprannome. Speranza, appunto, di vivere con un permesso di soggiorno e di ambire a un futuro migliore nel nostro Paese. È una storia straordinaria, quella che nasce nel parcheggio di fronte all’edicola dell’ospedale Mandic di Merate all’incirca un anno fa, e che si è conclusa con un lieto fine, sancito dalla «grazia» concessa dal prefetto a questo giovane senegalese. «A fine giugno mi è  arrivata la sorpresa: ho ricevuto il permesso di soggiorno. Ora voglio trovarmi un lavoro per riprendermi quella dignità che cerco dal 2013, dal mio approdo in Italia».

 

 

Il racconto. «Era il 3 luglio dell’anno scorso. Un giorno come tanti, nulla che potesse far pensare a una giornata straordinaria. Il solito via vai di macchine, niente di più. Fino che una donna distrattamente ha chiuso la macchina in fretta e furia e si è recata velocemente verso l’ospedale. Ho sentito un rumore arrivare dall’auto e il pianto di un bambino: sono corso là e ho notato un neonato seduto nel seggiolino.  Non sapevo come agire. Volevo chiamare le forze dell’ordine ma non avevo nessun permesso di soggiorno e avevo paura di finire nei guai e di essere cacciato dall’Italia. La testa non sapeva come comportarsi ma dentro di me avevo già deciso quale fosse la cosa più importante da fare: aiutare quel bambino. Ho preso il telefono e ho chiamato i carabinieri, i cigili del fuoco e l’ambulanza. Nel frattempo ho coperto con la mia maglietta il vetro dell’auto per regalare un po’ d’ombra al piccolo. Tutto è andato per il verso giusto, il piccolo si è salvato e io, per la prima volta da quando sono venuto in Italia, non sono più stato un fantasma, ma qualcuno che aveva compiuto una buona azione».

«Voglio trovare un lavoro». Bur ha 40 anni ma ha il volto di un ragazzo semplice, cortese e molto disponibile. Che sogna ora di conquistarsi la dignità che gli spetta. «Vorrei trovare un lavoro, rendermi disponibile per l’Italia e contribuire come tutti gli altri cittadini. È difficile alzarsi la mattina e sapere che non si può nemmeno cercare lavoro, che ogni giorno bisogna vivere come fantasmi. Devo ringraziare chi in questi anni mi è stato vicino, chi mi ha donato i vestiti e mi ha sempre cercato di aiutare».

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