Storie di tifosi

Il cuore nerazzurro di Emanuele che batte nel cuore del Brasile

Il cuore nerazzurro di Emanuele che batte nel cuore del Brasile
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Dopo qualche tempo, abbiamo deciso di riprendere il filo diretto con i tifosi che stanno lontano. Il rumore della felicità, vivendo a Bergamo e dintorni, lo sentiamo tutti i giorni, ma quando vivi a São Luís, capitale dello stato di Maranhão, l’Atalanta come ti sembra? Lo abbiamo chiesto a Emanuele Bani, professore di geografia di ragazzi tra i 13 e i 18 anni che ha l’Atalanta dentro ma vive in Brasile. Perché con Facebook e i social ormai si abbattono tutte le distanze e sentir parlare di Dea a chi ogni volta è costretto a fare i salti mortali per vedere le partite è un modo significativo di far sentire a tutti la grande forza della passione per il calcio. «Sono di Ghisalba - racconta Emanuele -, ho 42 anni e all’età di 6 anni ho iniziato ad andare a vedere l’Atalanta allo stadio. Mio padre mi portava con lui. Prima andavo in tribuna Giulio Cesare, poi in Curva. Sono partito da Francis per arrivare a Doni, passando per le storiche sfide con il Malines e ancora oggi ricordo con le lacrime quella sera allo stadio». Fino a qui sembra la storia di tanti appassionati atalantini, ma la vita del ragazzo dalla Bassa prende ben presto una piega diversa. «Finita l’Università e dopo la laurea alla Statale di Milano, ho fatto visita a uno zio missionario cappuccino in Brasile. Il viaggio mi ha colpito e ho deciso di trasferirmi ai tropici. Sono sposato, ho un figlio di 7 anni e uno in arrivo. La passione per la Dea però non passa mai e le prime parole che ha imparato mio figlio in italiano sono state “Atalanta” e “papà”. È il destino».

 

[Emanuele Bani con i suoi studenti]

 

Seguire la Dea da lontano, con il fuso orario di mezzo, non è sempre facile, ma anche la scoppiettante vittoria ottenuta contro l’Inter Emanuele l’ha vista in diretta: «Probabilmente è la partita più bella che ho visto giocare dall’Atalanta in televisione. Sono quattro ore di fuso orario. Ho visto Atalanta-Inter alle 8.30 ma mi sono svegliato alle 6.30 perché non ci stavo più dentro. È difficile per noi che viviamo all’estero. Non abbiamo lo sfogo dello stadio. Quando giocano i nerazzurri le possibilità di vedere le partite sono legate a Rai International o a Internet. Delle partite vissute all’impianto di Bergamo, in cui non metto piede purtroppo da otto anni, ne ricordo in particolare una di Coppa Italia contro il Cagliari: la sfida si giocava sotto la neve e in campo c’era Sandro Tovalieri». Da vicino, la Dea sembra davvero tornata quella dei giorni migliori, ma che impressione fa così lontano? «Sono convinto che torneremo in Europa, addirittura nella competizione in cui non siamo mai stati, vale a dire la Champions League. Da zero a dieci quanto sono innamorato? Undici, naturalmente!». E chissà se anche in Brasile si parla di Atalanta... «Il calcio italiano è seguito, anche se meno di prima. Conoscono principalmente il Milan. Riguardo a noi, l’anno scorso, quando giocavamo in Europa League e le partite si potevano vedere su Fox Sport, della Dea ne parlavano un gran bene. Quando dicevo che ero atalantino mi facevano i complimenti per il bel gioco. Qui quando parli di Atalanta ricordano principalmente il grande Evair. La squadra locale milita in Serie C, molti simpatizzano per il Flamengo nonostante sia la squadra di Rio, che dista tre ore e mezza di aereo da qui».

 

[La squadra locale a cui Bani ha regalato le divise dell'Atalanta]

 

Dopo una bella chiacchierata virtuale, l’ultima risposta di Emanuele riporta tutti con la mente alla piccola grande missione del 42enne di Ghisalba in Brasile: «Mi impegno con un’associazione per aiutare i ragazzi più poveri. Abbiamo in mente di fare una piccola scuola calcio per i ragazzi e le ragazze di nome “Atalanta”. Abbiamo anche donato magliette, pantaloncini e calzettoni a una squadra di ragazzi locale che non aveva nulla con cui giocare. Tutto il materiale è stato regalato da Emiliano Mondonico qualche anno fa ad un amico, Luca Baron  Lui me lo ha fatto avere e i ragazzi adesso giocano il campionato locale». I bergamaschi nel mondo sono ovunque ma non si dimenticano mai della Dea.

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