Il progetto e la questione

Milano, il sogno dei navigli riaperti

Milano, il sogno dei navigli riaperti
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Milano ha fatto un sogno. Come Madrid ha liberato e scoperto il corso cittadino del Manzanarre, come Tokyo ha fatto con i suoi canali, Milano sogna di riaprire gli storici Navigli. È un sogno maturato impetuosamente in questi mesi recenti, dopo che l'apertura della Darsena, il piccolo porto-snodo su cui convergono in entrata il Naviglio Grande e in uscita quello Pavese, ha riscosso un successo che ha letteralmente travolto ogni aspettativa. Mercoledì sera, per una modesta performance di un gruppo buddista che aveva annunciato di far galleggiare le lanterne sull'acqua, si sono dati appuntamento in 80mila, facendo impazzire il traffico (e i residenti). Ma un conto è la Darsena e un conto sono i Navigli, che con il loro corso lungo la cerchia comporterebbero una vera rivoluzione nella città. Eppure si sogna, giustamente.

[Once upon a time]
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Come è noto, il sistema di canali venne concepito da Gian Galeazzo Visconti, primo duca di Milano a fine Trecento, per uno scopo molto concreto: bisognava far arrivare a Milano i marmi necessari per costruire il più folle cantiere d'Italia, quello del Duomo. I marmi arrivavano dalle cave dell'Ossola e approdavano alla porta del cantiere, in quella che ancor oggi si chiama via del Laghetto. Poi a metà del secolo scorso, con il trionfo dell'era dell'auto, si decise che l'anello disegnato dai Navigli fosse la perfetta circonvallazione della città e quindi i corsi d'acqua vennero ricoperti senza troppi rimpianti. Qua è là in città affioravano resti un po' malinconici, come le chiuse di San Marco, oggi fortunatamente rimesse a posto.

[La Darsena]
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La Darsena.

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La Darsena.

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La Darsena.

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Ma nell'anno 2015 Milano scopre che di auto si può in prospettiva cominciare a fare a meno. Quattro linee di metro, una quinta importante in cantiere, che non a caso segue in parte proprio il percorso dei Navigli, fanno capire che i movimenti del prossimo futuro saranno sempre meno a quattro ruote. A Milano è poi decollato alla grande il sistema del noleggio bici, che ormai raggiunge anche la periferia e a cui si è aggiunto uno stock di biciclette con la pedalata sostenuta da un motorino, per evitar di arrivar sudati in ufficio. Insomma la città è pronta, e ora tocca solo trarre il dado. E decidere se far la rivoluzione del passato che guarda in realtà al futuro. I Navigli peraltro non sono un discorso solo milanese, perché fanno parte di una rete di canali di 150 chilometri ramificata in tutta la provincia. Non saranno certo vie per traffico commerciale, ma potrebbero esserlo per il trasporto delle persone e per un incremento del turismo che sta riscoprendo Milano.

[Porta Genova]

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Certo, è paradossale che un discorso di questo tipo venga d'attualità quando proprio uno dei (pochi) flop dell'Expo è stato quello delle vie d'acqua, che avrebbero dovuto collegare il sito a nord con il Ticino e a sud appunto con la rete dei Navigli. Non se n'è fatto nulla anche per la resistenza degli abitanti delle zone attraversate, che vedono nei canali possibili ricettacoli di sporco e di topi. Ma intanto uno studio di fattibilità preparato dal Politecnico dai professori Boscacci e Camagni ha stabilito che la riapertura della fossa interna restituirebbe alla città, in termini di redditi, più del doppio del costo delle opere. Forse è proprio il caso di pensarci.

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