Bella tu sei qual sole

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Andando a Messa, domenica scorsa, mia figlia mi ha detto di essere stata, il giorno precedente, impegnata nella raccolta speciale del Banco Alimentare dove aveva avuto come compagne di turno due anziane signore che per tutta la sera – parlando, e parlando, e parlando – avevano cercato di capire come mai non fossero arrivate altre due persone che pure avrebbero dovuto trovarsi lì e ne avevano concluso, guardando in alto il nome del supermercato, che avevano sbagliato strada: erano a Corsico invece che a Buccinasco.

Al momento di lasciarsi, presentandosi mia figlia con nome e cognome, una delle due sbandate si è fermata un attimo per chiederle se era la figlia di quel professore che anni prima aveva fatto una conferenza su Dante che aveva voluto terminare invitando tutti a cantare “Bella tu sei qual sole / Bianca più della luna/…” e, avuta la conferma, le ha raccontato che – tornata a casa quella sera – l’aveva a sua volta canticchiata vicino al letto della madre da anni affetta da Alzheimer e di averla vista distendersi e sorridere, tanto da avergliela poi cantata ogni giorno, fino a quando non è andata a vederla davvero quella bella Signora, perché era la sola cosa che le rendesse sereno il buio della malattia.

Mentre mia figlia mi raccontava queste cose io ero a cavalluccio di mio babbo scendendo – per la via del bosco – dalla chiesa di Montisoni, sopra l’Antella, un’estate di quasi settant’anni fa: dentro risuonava ancora l’eco di quella canzone che non ho più dimenticato per aver provato anche io a cantarla a squarciagola, come faceva mio babbo felice, appena finita la guerra, di avere il suo marmocchio sulle spalle.

Mai avrei pensato che quel momento di sole fra i cipressi avrebbe accompagnato una signora che non conosco a morire felice. Il Signore sì.

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