La Volkswagen e l'uomo in tuta

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Forse non è il caso di raccontare una confidenza che risale a qualche decennio fa, relativa a un furgone di marca straniera che ebbe molto successo nel nostro Paese.

Il proprietario di uno di questi furgoni, fermato dalla Polizia per un controllo, si vide invitato a presentarsi al centro della motorizzazione civile della città in cui abitava, dopo aver fatto pulire gli iniettori perché le emissioni di gas del suo diesel erano superiori al consentito. Pagata la multa, questo amico fece come gli era stato indicato: andò dal meccanico e ritirato il furgone si presentò al centro. Lo aveva acquistato di terza mano e forse era stato l’aspetto stesso del veicolo ad aver indotto la pattuglia all’alt. Controllò dunque anche le luci e i freni e, chiesta una mattina di permesso dal lavoro, si sottopose al controllo. Al termine del quale gli fu notificato che le emissioni erano fuori legge. Facesse rivedere gli iniettori e si presentasse il giorno successivo. Un po’ arrabbiato col suo meccanico, l’amico non si fermò ad ascoltare un tale in tuta che gli si avvicinò nei pressi dell’uscita dal centro. Litigò con chi gli aveva fatto male il lavoro, andò a riprendersi il furgone, chiese un’altra mattina di permesso e si ripresentò il giorno dopo per il controllo. La sentenza fu la stessa: il suo motore inquinava troppo.

Forse perché a questo punto aveva perso ogni speranza, il protagonista della storia questa volta fece attenzione al personaggio in tuta che, sottovoce e in cambio di una contenuta somma in denaro, gli garantì di fargli passare il controllo la mattina stessa. L’amico accettò la transazione. Messo in tasca il denaro la sua controparte estrasse dall’altra un cuneo di metallo che collocò con estrema precauzione al di sotto dell’acceleratore. Dopo di che invitò il cliente a rimettersi in fila, avvisando di lontano il controllore che il caso era stato risolto. In effetti, giunto sulla linea gialla e attaccati i tubi degli strumenti a quello di scappamento, fu nuovamente invitato a dare dei colpi di acceleratore per far uscire il fumo. E questa volta gli strumenti registrarono dei valori perfettamente nella norma.

L’amico era dunque finalmente libero di andarsene. Al momento di restituire il cuneo all’uomo della tuta si sentì comunicare che i furgoni del suo tipo - tutti i furgoni del suo tipo e di quella marca - erano fuori norma. Per questo, di solito, la Polizia non controllava le emissioni. Quando qualche pattuglia si comportava come quella che lo aveva messo nei guai o erano bastardi dentro o erano troppo giovani per sapere come si sta al mondo. Però, aggiunse, basta evitare che l’acceleratore arrivi a fine corsa e la cosa si risolve da sé. Informazione compresa nel prezzo.

Lievemente trasecolato l’amico raccontò la sua avventura ai colleghi d’ufficio. E uno gli rispose che un tale che conosceva, uno tutto d’un pezzo, fissato con le leggi, si era incaponito a voler risolvere la questione del furgone senza ricorrere al trucco del cuneo. E si era beccato un’accusa per tentato omicidio perché la quarta volta che si era trovato davanti ad un verdetto negativo aveva estratto dalla giacca un cacciavite e aveva cercato di piantarlo nel cuore dell’ingegnere che faceva i controlli.

Il guaio della Volkswagen è quello di aver trovato un tedesco, l’indimenticabile Peter Mock, che probabilmente ha scelto di comportarsi come quel suo compaesano della barzelletta che fa notare agli addetti della ghigliottina su cui è steso che una vite sporgente su uno dei montanti avrebbe bloccato la corsa della lama. Fosse stato parente dell’ingegnere dei controlli o dell’uomo della tuta non sarebbe successo niente. Sarà mica stata la fabbrica di Wolfsburg ad inventarsi il fuorigas? Adesso ci comunicano che la UE conosceva dal 2013 i problemi della VW, ma che non toccava a quel certo ufficio occuparsi dei motori. Alla prossima marca che trovano fuorilegge ci sarà detto che di quella, invece, sapevano dal 2011. Chiedessero all’uomo in tuta e ne saprebbero ancora di più antiche.

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