Se nulla di autentico resta a Natale

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È Natale. Sarebbe Natale. Potrebbe essere Natale. Ma lo è davvero? Ho qualche serio dubbio. Anni fa un famoso spot pubblicitario di Renato Pozzetto aveva cominciato a insinuare il tarlo in testa: il Natale quando arriva, arriva. Faceva sorridere quell'iperbole buttata lì all'alba del nuovo millennio, appariva una sapida boutade del comico meneghino, una battuta come tante che sarebbe rimasta rannicchiata per sempre nelle ristrette dimensioni della scatola catodica o al massimo ripetuta per celia da qualche alunno delle elementari. E invece quel messaggio era stato ispirato da una specie di arcangelo Gabriele così foriero di presagi futuri che mai neppure avremmo immaginato.

Se ci fate caso, la macchina natalizia si mette in moto ormai sempre più precocemente fino a quasi lambire l'estate appena finita. Addobbi, regali, panettoni e luci di sbrilluccicante cinesità seguono di un soffio le vacanze appena terminate, mentre, volato via dall'Africa, imperversa ancora lo scirocco appiccicoso con tutta la sua caraibica volubilità. È l'imperativo del marketing, il potere del business a ogni costo che soffia sul collo ostinato e in modo predatorio divora tutto quello che trova. Niente di meglio della cosiddetta tradizione, che nella sua pseudo-rievocazione rappresenta il bacino migliore di ogni affare contemporaneo. Il giorno della mamma,  degli innamorati, dei bimbi, dei vecchi, con una sfilza di altre amenità simili, rappresentano golosità irrinunciabili per i pescecani del mercato, pronti a buttarsi a capofitto sulle festività più celebrate per crearne di nuove e strampalate.

L'importante è vendere, far desiderare l'inutile, col rischio che gente già in difficoltà economica si indebiti ulteriormente. Le grandi tattiche commerciali, con la loro forza di persuasione subliminale (altro che Wanna Marchi...), incidono ogni istante sulle categorie meno attrezzate culturalmente, usando strategie del desiderio che, com'è noto, su quella fascia sociale fanno più immediata breccia. Proprio in periodi come questo si fanno brillare davanti agli occhi 'affari strabilianti' e 'acquisti imperdibili', facilmente pagabili 'in comode rate': il risultato è rimanere per anni 'impiccati', mettendo a dura prova redditi già molto afflitti.

Un fatto resta assodato: di autentico, a Natale, cosa che vale per ogni altra festa, è rimasto ben poco. E non alludo soltanto alla implicita connotazione mistica della ricorrenza, che comunque conserva un valore anche per il non credente: nell'antichità era il momento devozionale dedicato alla glorificazione del Sol Invictus del solstizio. È il vuoto esistenziale che rende tutto banale, anche se un residuo pallido di memoria antica porta a ripetere stancamente la ritualità del passato. Tutto è improntato all'assenza di sé, inghiottiti senza speranza dal gorgo idiota di uno smartphone cui regaliamo forse ogni istante della nostra vita. E questo è ben noto agli scaltri burattinai del sistema, impegnati a raddoppiare gli specchietti delle illusioni pur di attirare tutte le possibili allodole.

Credo proprio in una via di non ritorno, anche perché le tradizioni, smarrite da un pezzo e bandite dalla memoria, sono ormai completamente gestite dai padroni del vapore: come dire 'lacucinadellanonna.com'. È vero, restano i complessi evocati 'cucina' e 'nonna', ma sono ridotti a  un videogioco, a un cartone animato giapponese, e per i più vecchi al ricordo sfocato che è bene cancellare come le rughe che avanzano e impudicamente mettono a nudo l'età. Ogni tanto sento esclamare per strada «Buon Natale!»: curioso, mi soffermo intenzionalmente a osservare la scena: mi piacerebbe vedere una luce negli occhi che un tempo era frequente scorgere e sorprendere il calore di un abbraccio. Ripeto, sono un romantico. E invece mi chiudo in me, giocando con  i bottoni del giaccone, mentre, distanti e freddi, si allontanano a capo chino sui loro aggeggi infernali, inseguendo chissà quali virtuali chimere.

E io, da povero illuso, continuo a sognare un paese dove «Buongiorno» significa davvero buongiorno e «Buon Natale» veramente Buon Natale.

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