La rinascita di un calciatore

La rinascita di Del Grosso «Grazie a tutti, torno in campo»

La rinascita di Del Grosso  «Grazie a tutti, torno in campo»
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Cristiano Del Grosso è tornato, a tutti gli effetti, un calciatore. Del terzino sinistro in forza al Bari di proprietà dell’Atalanta si era parlato alla fine dello scorso anno per una vicenda che con il calcio non c’entra nulla. Un incidente all’alba del 14 dicembre a Bergamo, vicino allo stadio, gli causò la frattura delle ossa facciali e qualche botta di troppo. Le indagini, ancora in corso, chiariranno la dinamica e le cause dell’incidente, ma la notizia è che pochi giorni fa, il 28 aprile, il terzino di Giulianova ha finito un lungo periodo di riabilitazione ed è tornato ad allenarsi con il Bari. Completamente ristabilito, è pronto per tornare a fare quello che più gli piace: giocare a calcio.

Cristiano, come sta?

«Veramente molto bene. Ho passato un momento duro, difficile. L’incidente è stato abbastanza incredibile, ho dovuto stare in ospedale per molto tempo e  successivamente mi sono rimesso al lavoro per tornare a fare il calciatore. Adesso che il percorso è finito posso nuovamente allenarmi con il Bari e spero di poter dare una mano ai miei compagni. Sono fuori lista, ma chissà che non ci possa rientrare per l’ultima fase di questa annata. Ci sono i play-off e adesso penso solo a lavorare e punto a rientrare in gruppo. Ho un certificato di abilità che mi permette di continuare e completare il mio percorso in Puglia. Sono nuovamente un calciatore e mi sento felice».

Ma che è successo quella notte?

«È stato un incidente, una disattenzione. Mi sono abbassato per raccogliere il cellulare che mi era caduto, ho sbandato e sono andato a sbattere contro lo spartitraffico in Viale Giulio Cesare. Ci sono tante cose da chiarire e le indagini sono in corso, preferisco non dire altro perché sono fatti di cui si occuperà l’avvocato, ma sicuramente non ero né ubriaco fradicio né incosciente. Ho passato un brutto momento ma ora voglio guardare avanti, sono già proiettato alla prossima stagione: se il Bari verrà promosso in serie A, il mio contratto si rinnoverà automaticamente per 2 anni, in caso contrario rientrerò all’Atalanta con cui ho un contratto fino al giugno del 2017».

 

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La degenza come è andata?

«L’incidente è avvenuto la mattina del 14 dicembre, mi hanno portato al Papa Giovanni e lì sono stato operato al volto. Il ricovero è durato più o meno un mese, prima al Papa Giovanni e poi alla Clinica San Francesco. Dal 14 al 28 di gennaio ho lavorato a casa a Bergamo con del personale specializzato e dopo gli ultimi esami sono partito alla volta di Bologna dove ho lavorato per oltre 80 giorni all’istituto Isokinetic. Dal 4 di febbraio al 28 aprile ho pensato solo a recuperare al meglio la mia condizione di calciatore professionista: non ho avuto problemi alle gambe, ma solo qualche contraccolpo alla schiena che ho superato completamente».

Un recupero durissimo...

«Devo ringraziare tutti, sia il personale che mi ha aiutato a Bergamo sia il dottor Nanni dell’istituto di Bologna. Ho lavorato per 6 ore ogni giorno, 3 al mattino e 3 al pomeriggio, sia in palestra che all’aperto che in piscina. Abbiamo ricostruito i muscoli e poi si è lavorato anche sul campo con altri professionisti reduci da infortuni: allunghi, partitine 4 contro 4 e molto altro, tecnica e scontri di gioco compresi. È stato un percorso difficile ma il supporto di tanti professionisti è stato fondamentale: una specie di lungo ritiro. All’Isokinetic si lavora su tutta la parte funzionale di un professionista, i parametri e gli allenamenti che vengono impostati sono riferiti a quelli del Bologna Calcio, quindi parliamo di serie A. Adesso sono in buona condizione, posso ancora migliorare, ma tutti i test effettuati sono positivi. Forza, condizione organica, potenza, velocità e molto altro: il certificato che mi hanno rilasciato è il risultato di un grande sforzo».

Il momento più difficile quale è stato?

«All’inizio, appena ho dovuto rendermi conto, sotto tutti i punti di vista, della mia condizione. Ho passato parecchi giorni a letto, senza possibilità di muovermi. Ho dovuto accettare l’attesa del recupero, lavorare su piccoli passi e mentalmente non è stato facile. Mia moglie Flavia e mio figlio Vasco mi sono sempre stati vicini, abbiamo parlato subito di quel che è successo e siamo stati d’accordo: sono cose che possono capitare, si chiamano appunto incidenti. Per quasi 25 giorni ho seguito piccoli passi di miglioramento quotidiano. Vedevo costanti miglioramenti e mi dicevo: arriverò presto a recuperare del tutto. Serve tempo, ci vuole pazienza, ma recupererò del tutto. Avessi fatto un altro mestiere, in 15 giorni era magari tutto finito. Essendo uno sportivo, è servita grande pazienza. Ho imparato molto, ho sofferto e adesso sono felice».

Cosa ti ha lasciato questa disavventura?

«Questa storia mi ha fatto crescere molto, soprattutto pensando a come uno va in macchina. Bisogna stare molto attenti, il piede e il cervello devono sempre essere collegati e adesso quando mi capita di incrociare in autostrada un automobilista che parla al telefonino penso subito: “posalo, stai attento”. Prima magari non ci facevo caso. Dalle esperienze bisogna cercare di trarre sempre insegnamenti e crescere, è qualcosa che mi porterà dentro ma adesso voglio solo pensare al futuro».

C’è qualche grazie che vuoi dire?

«Tantissimi. Quando ero in ospedale a Bergamo sono passati in tanti a salutarmi e voglio ringraziare di cuore la famiglia Percassi. Mi sono stati tutti molto vicini, l’Atalanta nel suo complesso e i miei compagni sono stati grandiosi. Ogni giorno avevo amici che passavano a trovarmi, è stato importantissimo e mi è successo anche di vedere ex compagni con cui avevo giocato negli anni scorsi. Mi ha fatto piacere, a tutti ho detto che sarei tornato presto e adesso ci sono. Pronto a fare di nuovo il calciatore, ciò che per me conta veramente più di tutto».

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