Mercoledì il ricordo

Marcinelle, partiti e mai più tornati Il sacrificio degli emigrati italiani

Marcinelle, partiti e mai più tornati Il sacrificio degli emigrati italiani
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Manoppello è un nome che dice poco alla memoria collettiva degli Italiani. È un comune in provincia di Pescara (circa 7mila abitanti) che da una quindicina d’anni ha ottenuto il titolo di Città. Custodisce il Volto Santo nell’omonima Basilica, un velo su cui è impressa un’immagine che richiama il Cristo, visibile allo stesso modo da entrambi i lati. Manoppello è però, purtroppo, salita alla ribalta delle cronache l’8 agosto del 1956, quando ventitré minatori originari del borgo abruzzese (addirittura sessanta se si considerano gli altri centri abruzzesi di Lettomanoppello, Farindola e Turrivalignani) morirono nella miniera di carbone del Bois du Cazier a Marcinelle, sobborgo operaio di Charleroi in Belgio.

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La tragedia e il ricordo. L’incendio di olio ad alta pressione vicino al condotto principale dell'aria (forse per l’errato carico di un vagone in un ascensore) trasformò il pozzo minerario in una camera a gas. A 1035 metri di profondità morirono 262 lavoratori, di cui 136 erano italiani. Vi furono negligenze, ritardi e sufficienza nei soccorsi. Fu una tragedia immane, divenuta simbolo del “Sacrificio del Lavoro Italiano nel Mondo” attraverso una Giornata Nazionale che ricorre l’8 agosto di ogni anno, istituita ufficialmente nel 2001, grazie al caparbio impegno dell’allora ministro bergamasco Mirko Tremaglia. Fra le vittime di Marcinelle vi era anche il bergamasco Assunto Benzoni di Cerete, la cui secondogenita nacque pochi giorni dopo la tragedia. A Benzoni e a tutte le vittime di Marcinelle, il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi conferì la medaglia d’oro al valor civile, «luminosa testimonianza del lavoro e del sacrificio degli italiani all’estero, meritevoli del ricordo e dell’unanime riconoscenza della Nazione tutta».

Le tragedie dell'emigrazione italiana. Quelli che i belgi chiamavano “musi neri” erano emigranti partiti con veri e propri reclutamenti per dar man forte (sostituendo di fatto la manodopera locale trasferitasi progressivamente in fabbrica) alle miniere di carbone, utili a garantire energie al boom industriale post bellico. Le tragedie legate all’emigrazione italiana sono innumerevoli, specie considerando gli incidenti singoli, purtroppo all’ordine del giorno per le precarie condizioni di sicurezza. All’inzio del secolo scorso, quando il bisogno portava al di là dell’oceano, furono gli Stati Uniti ad essere teatro di spaventose tragedie. Il 6 dicembre 1907 fu la miniera di Monongah in Virginia a provocare un numero di vittime a oggi imprecisato, forse vicino alle 1000 unità, con oltre 170 italiani. Sei anni dopo, nel Nuovo Messico, fu la miniera di carbone di Dawson ad esplodere, provocando la morte di 250 minatori, fra cui 146 italiani. Una seconda esplosione si verificò nel 1923, con la morte di una ventina di connazionali.

 

 

Il disastro di Marcinelle, segna invece l’emigrazione in Europa, all’indomani della grande guerra. Anche la Svizzera fu luogo di morte per tanti lavoratori. Il 30 agosto 1965 fu una valanga a travolgere il cantiere della diga di Mattmark, nel Canton Vallese. ottantotto le vittime, di cui 56 italiani, mentre nel febbraio del 1966 (a meno di dieci anni dalla tragedia di Marcinelle) vi fu un’altra tragedia nel cuore del Monte Basondino, nel Canton Ticino. Le esalazioni di gas all’interno di un tunnel idroelettrico in fase di perforazione uccisero 19 persone: due tecnici svizzeri e diciassette operai italiani. Cinque di loro erano bergamaschi: il capocantiere Remo Romualdo Falconi, 32 anni originario di Foresto Sparso, Pietro Bonetti, 31 anni di Sovere, Giovanni Pasinetti, 28 anni di Bratto, Giovanni Pietro Domenghini, 25 anni di Riva di Solto e Luigi Ranza, 40 anni di Onore.

Tristi pagine di storia e di lavoro troppo spesso dimenticate, che restano di estrema attualità. Meno di un anno fa, il 2 ottobre 2017, ad Oberwald in Svizzera morì un minatore bergamasco di 58 anni, Severo Riccardi di Gromo, con moglie e due figli.

In Bergamasca un ricordo particolare agli emigranti morti sul lavoro viene dedicato dall’associazione «Nembresi nel mondo», guidata da Lino Rota e Mariuccia Abondio. Alle 11 dell'8 agosto, nel Santuario dello Zuccarello viene celebrata la Messa dell’emigrante, seguita dal pranzo conviviale a Ranica. Nembro ospita fra l’altro il Museo della Miniera, con attrezzi d’epoca e raccolta di documenti. Per non dimenticare.

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