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La sfida di Xiaomi alla Apple parte dallo store di Oriocenter
«Un singolo chicco di riso di un buddista è grande come una montagna». No, non stiamo delirando: sono le parole con cui Lei Jun, amministratore delegato di Xiaomi, ha spiegato il significato del nome della sua azienda. “Xiaomi” è la parola che in cinese indica il miglio, formata dagli ideogrammi che stanno per “piccolo” (xiao) e “riso” (mi). Il succo è che, secondo quanto dichiarato da Lei Jun in passato, la filosofia dell’azienda impone un attento lavoro a partire dalle piccole cose. Un esempio concreto? Più volte Xiaomi ha costruito la sua progettazione e la sua distribuzione basandosi su lotti limitati: produzioni costruite attorno alle richieste dei consumatori.
Il taglio del nastro del Mi-Store Xiaomi a Oriocenter. Da sinistra a destra: Francesco Zhou; Ruggero Pizzagalli; Parker Qian; Massimo Gao; Alessandro Cheung
Insomma, di chicco in chicco l’azienda è diventata un colosso della tecnologia, con un fatturato in costante crescita che ha toccato i ventuno miliardi (di dollari, non di chicchi di riso...) nel 2018. E che proprio sul finire dell’anno ha aperto i battenti del suo terzo store ufficiale in Italia proprio nella galleria di Oriocenter, nell’area storica, tra Chicco e Foppapedretti. Si tratta di un negozio di 350 metri quadrati che, per ora, impiega dodici dipendenti (ma l’azienda dichiara di voler presto raggiungere i venti lavoratori). Oriocenter è stato tra i primi “contenitori” scelti da Xiaomi per progettare la sua espansione in Italia: settimana prossima aprirà a Venezia il quarto Mi-Store (format dei loro negozi) italiano, ma nel 2019 il programma dell’azienda prevede venti nuove aperture in tutta Italia. Non intimoriti dalla concorrenza importante (su tutti, ovviamente, l’Apple Store), la delegazione italo-cinese che...
