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L'Italia fuori da questi Mondiali? Almeno 4 cose per cui è un bene

L'Italia fuori da questi Mondiali? Almeno 4 cose per cui è un bene
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I Mondiali senza la nostra nazionale, è scontato dirlo, non sanno di niente. La poesia delle compagnie riunite davanti a uno schermo, le strade vuote, l’attesa, l’estate, il tifo, bambini vestiti con le divise della nazionale sono delle speranze che dobbiamo riporre nel futuro, perché, per questa volta, dobbiamo stare a guardare.
Ed è una cosa molto triste. Nessun intervento potrà modificare questa realtà ed è giusto che il Paese sia malinconico, nostalgico. Ma, siamo onesti: esiste una piccola parte di noi che più oggettivamente può apprezzare i benefici di questa pausa coatta dalle competizioni internazionali. Piccole privazioni del normale clima da mondiale che, inaspettatamente, possono apportare un piccolo miglioramento della qualità della vita.

Siamo salvi dalle conversazioni monotematiche. In primo luogo, notiamo un impatto positivo sul confronto tra esseri umani. Come tutto il resto dell’anno si può parlare di ogni cosa. L’argomento partita diventa opzionale – diversamente dal solito – quando ogni giorno del mondiale è lunedì mattina, col corredo classico del bar: caffè, brioche, Gazzetta. Certo, prende forma la possibilità che, per riempire il vuoto lasciato dal calcio – riempitivo che l’italiano maneggia con disinvoltura – l’interlocutore ci chieda un commento sul nuovo governo, argomento che non è leggero né edificante e, diversamente dalla nazionale, divide, non unisce. Al primo commento inaspettato su no-vax, migranti e Saviano potrebbero saltare delle amicizie. Ma se siete tra quelli che sono stati educati a non parlare di politica, soldi e amore con del cibo davanti e commensali ai lati del tavolo, potrete notare una generale predisposizione all’approfondimento a 360 gradi. Basta col mono tema azzurri.

 

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Meno problemi sul lavoro. Durante i mondiali, l’ufficio medio: boss che, in piena urgenza e sotto scadenza, non risponde al telefono perché gioca l’Italia, colleghi che lavorano col portatile in bilico sui fascicoli che trasmette la partita in streaming, colleghi che fuggono a casa per vedere la partita, maxi schermo in sala riunioni, partner dello studio normalmente impeccabile che, al primo gol, si abbandona a un’esultanza inconsulta e perde istantaneamente la stima delle colleghe e viene eletto nuovo idolo amico per la pelle dai colleghi, improvvisa e immotivata inimicizia col collega straniero, sguardo terrorizzato dei presenti al telefono che squilla durante la partita perché se chiami mentre c’è la nazionale o sei in fin di vita o sei impazzito. Quest’estate si litiga normalmente per l’aria condizionata.

I francesi e la tifosa pazza. Breve pausa, per quest’anno, anche dai luoghi comuni sui francesi. Non sono previste richieste corali di restituzione della Gioconda a breve. Ci verrà anche risparmiata la piaga del mondiale per eccellenza, la creatura più fastidiosa di qualsiasi competizione FIFA: la tifosa pazza. Ragazza che storicamente se ne frega del calcio, che ha devastato l’anima del fidanzato per ogni santa partita di calcetto mercoledì, partite viste per intero, nessuna, competenza in materia calcistica, zero. Costei, per un mese, magicamente, si trasforma. Trucco tricolore, magliette tricolori, capelli pitturati, trombette, vuvuzela. Nei casi migliori, era quella, sì, proprio lei, che metteva a disposizione il salotto, la tv, le patatine, la cocacola e la birra. Ma non sono tanto né l’addobbo né l’allestimento a rendere questo personaggio il gradito assente dell’estate 2018, bensì il contegno durante la partita: commenti causali, ripetute richieste di informazioni, esultanze estemporanee, eccessive e imbarazzanti, col palese intento di essere socialmente accettata dal gruppo.

 

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Ammettere che la nazionale non è il primo pensiero è considerato un tabù, si imita il comportamento del branco per essere accettati, col risultato di risultare eccentrici. È sicuro che avremmo preferito rinunciare a queste piccole consolazioni e poter sognare un’estate italiana come sempre. Volentieri avremmo trasformato tutto il Paese in un unico stadio, in testa solo il gioco. Chi non ha sentito, almeno per un attimo, la mancanza di quelle atmosfere, forse un po’ mente. Rimane da chiedersi cosa faranno, in questa estate 2018, le tifose pazze.

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