Vogliam parlare delle Stelle di Natale?

Pensieri segreti di una commessa Detesto i banchetti di solidarietà

Pensieri segreti di una commessa Detesto i banchetti di solidarietà
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Il periodo natalizio è inesorabilmente arrivato anche quest’anno. Ho cercato di ignorarlo finora, ma quando ho visto comparire una palla luminosa di dimensione epiche nella rotonda che precede la mia via, non ho più potuto mentirmi. Con il Natale scatta anche il bisogno primordiale di regali e di oggetti inutili, possibilmente luminosi e intermittenti. E siccome a Natale siamo tutti più buoni (non si sa perché visto che si spendono un sacco di soldi e siamo costretti a interagire con parenti antipatici), ecco spuntare i banchetti della beneficenza.

 

 

I banchetti in questione di solito si collocano all’ingresso del centro commerciale o fuori dalla casse del supermercato, in modo che tutti i clienti ci debbano inciampare per forza. I volontari di solito sono due, uno seduto che compila fogli e uno in piedi che regge in mano volantini o adesivi. Entrambi sono imbottiti come per sopravvivere al polo, giacché sono posti proprio sotto la bocchetta dell’aria calda ma le porte scorrevoli li inondano ogni trenta secondi di un piacevole vento gelido. Il ricambio di volontari è frequente per sopraggiunta polmonite, ma riescono ad accalappiare molta gente. Cosa offre per Natale un banchetto di beneficenza? Cosa può ingolosire la nostra massaia in cerca di idee per i regali di Natale? Innanzitutto biglietti d’auguri. Biglietti disegnati da ciechi o auguri di Natale scritti da bambini analfabeti in Paesi dove la religione principale è l’animismo, o ancora biglietti in copertone riciclato dalle favelas di Rio. Il volontario in questione, oltre a cercare di buttarsi sotto il vostro carrello, approccia di solito con frasi come: «Vuole aiutarci a costruire una scuola in Africa?». «Per Natale può regalare un sorriso?». «Vuole donare un euro ai bambini del Tibet?».

Se siete il tipo di persona che compra biglietti d’auguri a scopo benefico, so bene che vi lascerete sedurre dal marketing missionario. Ma se come me siete commesse ciniche e un po’ allergiche al Natale, so che avreste la tentazione, per aiutarli a costruire una scuola in Africa, di andare a comprare una vanga e lasciargliela lì sopra al banchetto. Oltre ai biglietti d’auguri, non possono mancare le stelle di Natale, pianta che nostro Signore ha sicuramente creato per indurci a fare la carità. Nessuno sa il nome vero delle stelle di Natale né se abbiano altra funzione oltre quella di costare un sacco di soldi e poi di morire non appena passa il 6 gennaio. Se qualcuno di voi ha mai posseduto uno di questi fiori che ha superato il mese di vita, vi prego me lo faccia sapere e soprattutto rivelatemi il segreto sulla durata del fiore. Non lo volete poi un panettone che serve per salvare i bambini nati senza mamma e le madri senza figli? O i nonni senza rughe? E chi non vorrebbe contribuire con un pandoro alla ricerca sulle malattie rare di cui nessuno ha mai sentito parlare prima e nemmeno si informerà poi, ma che certamente se è dentro la galleria del centro commerciale è degna di nota? Tra le altre cose, siete persino contenti di sborsare almeno venti euro per un panettone di dubbia provenienza, mentre invece quando venite a comprarlo dentro l’ipermercato state in agguato sull’offerta come nemmeno Scrooge e mi fate notare ogni singolo centesimo che non vi viene scontato dal volantino.

 

 

Le mie preferite comunque sono le bancarelle benefiche che non hanno nemmeno la voglia di provare a vendere un oggetto qualsiasi, ma si limitano a esporre fotografie di repertorio di bambini tristi o di paesaggi distrutti, cambiando solo il titolo. «Dona anche tu per la pace in...», o anche «Aiutaci a portare il sorriso ai bambini del...». Il luogo potrebbe essere tanto l’India così come l’America Latina o il Polo Nord, l’importante è che evochi in voi povertà e malattia e vi spinga a sganciare monete dentro quella cassettina di plastica trasparente sempre piena per metà. La cosa più incredibile è che in cambio non vi danno nemmeno un adesivo, eppure il cliente medio, soltanto perché è Natale, infila generosamente i suoi spiccioli nel salvadanaio e se ne va in pace col mondo e con se stesso. Entrando in cassa decido che proverò a scattarmi una fotografia alla decima ora di turno di sabato pomeriggio per poi appiccicarla su una scatolina da esporre in cassa. «Aiuta anche tu una commessa a cambiare lavoro».

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