Meglio una mela

Pensieri segreti di una commessa La mania per la frutta tropicale

Pensieri segreti di una commessa La mania per la frutta tropicale
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La globalizzazione ha preso possesso delle nostre vite, ormai lo sappiamo. È grazie ad essa che noi abbiamo adottato il favoloso modello di centro commerciale all’americana aperto 24 ore su 24, nelle feste comandate e le domeniche, anche in caso di uragano o venuta dell’anticristo. Ed è sempre grazie alla globalizzazione che nel nostro supermercato si vedono le stesse merci che le gioiose commesse di New York vendono ai loro clienti. Ma qualche vantaggio ce l’abbiamo.

La banane. Vorrei parlarvi oggi della frutta esotica che riempie i nostri reparti ortofrutta. Se ancora andate a fare la spesa per comprare un chilo di mele, siete assolutamente poco globali. Innanzitutto appena si entra, banane. Normale, direte. Ma non c’è più la classica cesta da cui pescare quelle meno mature. Gli allestimenti si sprecano. Grappoli di banane dal soffitto, baldacchini Chiquita, sacchi juta, appendini singoli, donne africane con vasi sulla testa. Per non parlare poi della varietà. Si fa presto a dire banana. Sono comparse, da un anno a questa parte, varietà di banane che di sicuro non erano contemplate nella creazione. Bananine, banane verdi spigolose, banane che non maturano, banane dritte, banane da frittura, banane Jamaica e delle inquietanti banane nere. Ma alla banana siamo avvezzi, andiamo avanti.

 

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L'avocado, la psicosi del momento. Sempre cercando le nostre banali mele, ci imbattiamo nella psicosi del momento. L’avocado. Donna moderna ha detto che l’avocado fa bene. Non ha detto a cosa, ma fa bene. E quindi ora siamo invasi di avocado, al modico prezzo di 2,50 euro al pezzo. La sciura che ci tiene alla salute ne compra cestelli interi, mal che vada li userà per abbattere i piccioni sul cornicione del palazzo.

Il litchi, come una lumaca. Ho fermato una gentile signora che si stava gettando sopra la bilancia con una borsa di frutti somiglianti a prugne grinzose. «Scusi signora, che cosa sta comprando?». «Pescion fruit», esclama lei con perfetto accento inglese di Gandino (da cui intuisco che la grafia è proprio questa). Poi la signora si avvicina a me con aria complice e mi svela il segreto: «Vuol dire passione» e mi mostra i quattro chili di roba che si sta comprando con l’intento probabilmente di ravvivare il marito. Non voglio svelare alla signora che probabilmente il nome non rispecchia le proprietà del frutto e prendo in mano una specie di chicco d’uva gommoso. Scopro essere un litchi, plurale litchis. Siccome non ho la più vaga idea di cosa sia, mi guardo attorno e con coraggio lo sbuccio un po’ e me lo ficco in bocca. Sembra di ingoiare una lumaca amara. La mia faccia poco convinta attira una signora che si sente in dovere di rendermi edotta che si, in effetti fa schifo, ma è una specie di elisir di lunga vita: antiossidante, antinfiammatorio, anticolesterolo, antiacido, con vitamina B-tutti-i-numeri, antipolvere, antiruggine. È come mangiare del Cif, provate.

 

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Il finger lime e il durian. Nel tentativo di afferrare un chicco d’uva, incappo in qualcosa che inizialmente credevo essere un residuo andato a male di qualche cassetta dei giorni precedenti. Una specie di cetriolo color marrone decomposizione, che mi dicono essere un finger lime. Non so cosa sia, ma lo riposo subito, non si sa mai dove può essere stato un finger lime di questa forma, dopotutto.

Con tutta questa tropicalità attorno, anche un semplice kiwi mi farebbe sentire a casa. E invece due signore stanno disquisendo a voce alta sulle proprietà dimagranti del durian, che scopro essere quella palla spinosa. Donna moderna, fonte attendibile di scienza, dice che a parte il puzzo terribile l’effetto snellente è assicurato. Secondo me l’effetto dimagrante si ottiene “grazie” al puzzo terribile che impedisce di mangiarlo, ma non lo svelerò alle due clienti.

 

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Meglio le mele. Esasperata mi allontano da questo reparto globale e mi avvicino alle casse tradizionali, praticamente deserte. Osservo con nostalgia pere e mele, guardo romanticamente l’uva e i fichi e mi chiedo perché tutte le qualità benefiche siano finite nella frutta degli altri continenti. Cosa ti avevamo fatto per essere così tirchio? Mi fa cambiare idea un signore visibilmente anziano, che con il suo carrellino porta-spesa a quadri sta scegliendo il suo sacco di mele. Se mangia mele lui che di anni ne ha un po’, meglio imitarlo. Abbandono gli esotismi e mi compro un sacco di renette, neutrali, non dimagranti, non anticancro, non omega, ma pur sempre buone.

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