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Pensieri segreti di una commessa I turisti stranieri che fan la spesa

Pensieri segreti di una commessa I turisti stranieri che fan la spesa
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Oggi voglio raccontarvi della mia esperienza di vacanza con deformazione professionale da commessa. Non posso fare a meno di notare i clienti e i loro comportamenti nemmeno quando sono in ferie. Mi fanno sempre molto ridere gli stranieri che vengono a fare la spesa. Il cliché dell'Italia e del suo buon cibo credo che sovrasti qualsiasi altro preconcetto che il mondo ha su di noi. Appena varcato il confine nazionale, il turista straniero si aspetta di trovare gourmet e prodotti di alta qualità ovunque, anche nelle macchinette automatiche della stazione. Non vengono nemmeno lontanamente sfiorati dall'idea che i cibi buoni bisogna saperli cucinare o quantomeno accostare in modo non stridente. Tipo ravioli di pollo col pesto e la salsa rosa, o la carne di maiale da buttare nella minestra. Inoltre si ostinano a comprare frutta e verdura confezionata e non approfittano di quella vera, che per latitudine non esiste lassù.

 

 

Mi trovo in una località di mare e sto facendo la spesa. Mi chino a scegliere un pezzo di formaggio locale, abitudine che mi diverte sempre molto. Gettati nel banco frigo ci sono due stranieri di nazionalità indefinita, ma certamente nordica, che evidentemente non capiscono perché esistano tanti tipi diversi di formaggio. Rammento dai miei passati viaggi la tristezza dei frigoriferi del nord Europa dove si trova al massimo: qualche vaschetta di Ceddar arancione che sembra plastica; un formaggio grattugiato in riccioli che aspira a essere grana ma che sembrano trucioli; un «cheese» non meglio definito che scatena sempre l’ira di mio padre quando si rende conto che non c’è distinzione tra una vaschetta e l’altra. Perciò comprendo benissimo il loro disorientamento. Agguanto la mia formaggella e loro capiscono che sono italiana. Ammetto di provare sempre un discreto orgoglio nazionale, che però si esaurisce in trenta secondi quando capisco che il turista straniero vede in me una specie di masterchef bonario disposto a elargire ricette e casomai anche invitarli a cena. Mi si avvicinano pieni di panico con una mozzarella e uno stracchino: «Pasta?». Vaglio mentalmente ciò che potrebbe significare quella domanda. Mi stanno chiedendo se quella è pasta? Vogliono condire la pasta con stracchino e mozzarella? Forse «pasta» vuole dire invece «basta?».

 

[Come probabilmente immagina un nostro pasto un turista straniero]

 

Il mio smarrimento fa ripetere la parola «pasta» insieme al gesto minato del grattare il formaggio. Mentre mi chiedo come possano pensare di grattugiare due formaggi così molli, cerco nel banco frigo e metto loro in mano un pezzo di pecorino stagionato. Sembrano essere molto ammirati e felici e io mi sento improvvisamente una massaia con il grembiule macchiato di pomodoro. Decidono quindi di affidarsi a me anche per la scelta del vino. Voi già conoscete la mia scarsa dote di sommelier, non ho di certo acquisito competenza improvvisamente, ma vedo che hanno comprato dello spumante da dolce e ne deduco che forse, tutto sommato, ne so ancora di più io. Allora, sentendomi ormai insignita sul campo del titolo di guida enogastronomica nazionale, scuoto la testa e li porto nel reparto vini. Piazzo loro in mano una bottiglia di Chianti, che fa sempre molto Italia, e sono pronta a dare la mia benedizione. Ma i luoghi comuni non sono ancora esauriti, manca il più importante. La pizza. La famiglia vuole andare in pizzeria e mi chiede consiglio su dove andare, come se io fossi del posto. O come se in quanto italiana avessi un sesto senso innato per le pizze buone. Nella mia testa ovviamente la colonna sonora è O sole mio cantata da un tenore in gondola che rema nel Colosseo. Non ho idea di dove poterli spedire e quindi cerco, come tutti i turisti, su TripAdvisor. Studio le fotografie per captare la pizza meno surgelata e alla fine li spedisco senza troppe remore.

Loro mi ringraziano sorridenti e capisco che nella loro testa ho aderito all'immagine che ha come didascalia «Italia». Sorrido perché invece, ahimè, mi capita molto spesso di sentirmi stonata rispetto al Paese, ma di fronte allo straniero in visita il senso patrio cancella tutte le pretese di stravaganza. Non mi resta che allontanarmi a bordo di un’immaginaria Vespa, rigorosamente senza casco.

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