Un viaggio nel tempo

La storia leggendaria del Branzi Formaggio che racconta una terra

La storia leggendaria del Branzi Formaggio che racconta una terra
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Branzi: il nome ci riporta alla Val Brembana, alle montagne e ai paesaggi tipici delle nostre valli. Ma non solo. Tutti, non solo i buongustai, sanno benissimo che dietro queste sei lettere si cela molto di più… Branzi è infatti anche il nome del famoso formaggio che molto spesso imbandisce le tavole dei bergamaschi e accompagna la classica polenta fumante (taragna naturalmente). Questo formaggio, tra i più antichi e tipici delle Orobie, prende il nome dal paese in cui è nato e da una tradizione che lega i casari e il territorio da decine di anni.

 

 

La storia. La tradizione ci porta indietro nel tempo di quasi due secoli, legando il formaggio Branzi al 21 settembre, giorno centrale della centenaria Fiera di San Matteo. Numerosi commercianti, in prevalenza di Bergamo e di Brescia, si recavano nel paese per acquistare il formaggio prodotto durante l'estate sugli alti pascoli dei bacini tra Foppolo e Carona. I malgari infatti si trasferivano con le loro mandrie dalle stalle ai monti, lungo i pascoli dell’alta valle del fiume Brembo. Le particolari essenze vegetali presenti su quelle montagne donavano al formaggio il classico colore paglierino e il sapore dolce a cui oggi ancora siamo abituati. Trasportato poi nelle casere di Branzi, stagionava per 40 o 50 giorni, quel tanto che bastava per essere poi venduto in occasione della festa. Il mercato durava tre giorni, durante i quali, verso la metà del secolo scorso, venivano vendute circa diecimila forme di formaggio. Agli inizi del 1900, la “Cattedra Ambulante di Agricoltura” organizzava, in concomitanza con la fiera, una mostra annuale. Lo scopo era di favorire il miglioramento qualitativo della produzione, individuando le forme migliori e premiando i casari più bravi.

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La Latteria Sociale di Branzi. Tutto questo fino al 1953, anno in cui Giacomo Midali, casaro di Branzi, perseguì l'obiettivo di produrre tutto l'anno un formaggio di alta qualità, garantito dall'impiego delle tecniche tradizionali utilizzate in alpeggio e dal latte prodotto in valle. Nasceva così la Latteria Sociale, a cui aderirono molti piccoli produttori e dalle cui coldere uscirono le prime forme di quel particolare formaggio. Da oltre cinquant'anni, il latte della Val Brembana e delle aree limitrofe, con la sua tipicità legata alla qualità del foraggio e dei pascoli, viene raccolto quotidianamente e fatto confluire alla Latteria Sociale, dove è trasformato dopo meticolosi controlli. Per la sua produzione è necessaria la coagulazione del latte alla temperatura di 35-37 °C, per una durata di circa mezz’ora. Il coagulo ottenuto deve poi essere rotto, ottenendo grumi di piccole dimensioni. Una volta che il coagulo si è depositato sul fondo, si passa all'estrazione della cagliata, da depositare successivamente negli appositi contenitori di legno. Per ultimare la lavorazione, si passa alla pressatura e alla salatura del prodotto ultimato.

 

 

Il Branzi oggi. Ancora oggi vengono adottati metodi di lavorazione tradizionali, seppur con l’ausilio di strumenti diversi, proporzionati alla grande quantità di latte che ogni giorno viene lavorato e trasformato. Le grandi vasche in acciaio hanno sostituito le coldere a forma di campana, la cagliata non viene più rotta dalla spada ma da grandi attrezzi roteanti, la temperatura e la cottura sono regolate dai termostati. Resta comunque l’arte dei maestri casari, unici in grado di decidere quando il coagulo è pronto per la rottura e quando la cagliata è cotta al punto giusto per essere liberata dal siero. Un’arte tramandata di generazione in generazione. «Il Branzi nasce da un’esperienza casaria orobica che affonda le radici nei secoli - racconta Francesco Maroni, nipote di Giacomo Midali e tra i gestori della Latteria Sociale di Branzi -. Alla Fiera di San Matteo, già in epoca napoleonica, venivano battute all’asta migliaia di forme di questo formaggio. Se si pensa che la produzione era legata ai soli tre mesi all’anno di alpeggio, ci si può rendere conto del lavoro che veniva fatto nel 1700. Il nonno, negli anni ’50, quando la fiera ha iniziato a perdere parte dell’interesse, ha pensato di dare continuità al lavoro delle piccole aziende agricole presenti sul territorio, iniziando a raccogliere il latte prodotto durante tutto l’anno nella Latteria Sociale di Branzi. Nei primi anni erano associate 230 aziende agricole, non poche, ma bisogna pensare che allora molte famiglie avevano mucche al pascolo. Le aziende agricole di montagna, dove noi acquistiamo il latte che dà vita al Branzi che ben conosciamo oggi sono diventate 70. Tutte sopra i 600 metri di quota, con una media per stalla di 14 animali, quindi un’attenta selezione del prodotto di origine che viene poi lavorato. Comunque tantissime, sopratutto se pensiamo al lavoro di raccolta che si svolge esclusivamente sulle pendici delle montagne della Val Brembana e della Valle Imagna. Le aziende agricole, strutturate in questo modo, ci permettono di creare un prodotto di qualità eccezionale, oggi come centinaia di anni fa. Questo territorio difficile fa la forza e la differenza del nostro formaggio, dimostrando che l’agricoltura di montagna è un modello di agricoltura sostenibile. Anche virtuoso, perché significa mantenere la tradizione mettendo al centro la qualità del prodotto, riuscendo a distinguersi con le piccole realtà dei nostri associati. Il risultato è che oggi lavoriamo all’incirca 35 mila forme di Branzi all’anno».

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