Con le foto storiche

Dalmine compie 90 anni e ricorda Che nostalgia le ferie sul Brembo...

Dalmine compie 90 anni e ricorda Che nostalgia le ferie sul Brembo...
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La città di Dalmine si è trasformata in uno scrigno pieno di segreti, in occasione della visita guidata organizzata per i 90 anni del Comune. Un appuntamento che si è tenuto un paio di sabati fa e che si è sviluppato sul filo rosso del progetto e libro «Città Paesaggio», curato dall’architetto Davide Pagliarini. Ed è stato proprio lui, insieme al naturalista e botanico Gianluca Agazzi, a guidare il gruppo di presenti attraverso i più significativi angoli e luoghi dalminesi per «andare alla scoperta di quel potenziale che la città conserva, spesso senza che nemmeno i suoi abitanti lo sappiamo», come ha sottolineato Carolina Lussana, direttrice dell’archivio storico della Fondazione Dalmine.

 

 

La visita, che invitava dunque a indossare occhi nuovi per osservare ciò che si conosce da sempre, è cominciata in via Vittorio Veneto: «Dalmine rientra in un assetto urbanistico e territoriale molto preciso», ha spiegato Pagliarini a una ventina di persone. «Così lo aveva concepito il suo architetto Giovanni Greppi. Le prime costruzioni sono state disegnate a partire dal 1925, ma la sua opera è proseguita fino al 1944. Un lasso di tempo molto fertile, durante il quale l’industria Dalmine ha commissionato a un singolo progettista il disegno di un’intera città». Elementi di straordinaria peculiarità che compongono le basi fondamentali su cui l’eredità del Comune si regge e che lo rendono ancora oggi fonte di attrazione per studiosi e appassionati: «È un esempio di città industriale molto interessante, e sono tantissime le persone che accorrono a visitarla. Rappresenta come un mondo sospeso nel tempo, che in qualche modo è riuscito a preservarsi incorrotto. Ha mantenuto uno stile italico, declinato in un suo linguaggio specifico che difficilmente si trova altrove». Caratteristiche che gli ospiti della visita guidata hanno potuto riscontrare pescando nella propria memoria, certo, ma anche osservando alcune delle immagini storiche esibite per l’occasione, messe a disposizione dall’archivio.

 

 

Dopo una prima fase dedicata agli accenni del passato dalminese, la comitiva turistica ha dato il via al vero e proprio viaggio; grazie all’autobus messo a disposizione, sono stati raggiunti i punti dove è rappresentata nel modo più visibile la geologia del territorio dalminese: «Qui ci troviamo nell’alta pianura asciutta, costituita da depositi alluvionali, ossia ghiaie e sabbie», ha sottolineato il naturalista Agazzi, che ha raccolto la platea in viale Marconi, a ridosso della stazione per veicoli elettrici. «La cosa interessante è che si possono osservare rocce calcaree e rocce silicee. È un insieme di formazione geologica eterogenea e molto caratteristica».

E, a proposito della necessità e del fascino di scavare così a fondo nella storia di un paese, la prima cittadina di Dalmine Lorella Alessio, presente alla visita, riflette sul fatto che «benché io sia nata e cresciuta qui, è bello vedere come non si smetta mai di scoprire qualcosa di nuovo. Quest ’iniziativa ha molto valore, insegna a non dar per scontato nulla, perché racconta aspetti sconosciuti sui luoghi che viviamo da sempre, che sono capaci di far emergere ricordi che si credeva di aver dimenticato». Luoghi a cui Alessio si sente fortemente legata, pur con qualche preferenza: «Ogni angolo potrebbe avere e ha una sua magia. Di certo il lungo Brembo resta per me uno dei posti più emozionanti e suggestivi. Forse perché mi ricorda la mia infanzia, quando non si poteva andare in ferie e allora aspettavo il sabato e la domenica per andare con i miei genitori a fare il bagno nel fiume».

 

 

È proprio il lungo Brembo l’ultima tappa prevista dal programma della visita guidata. Immersi in mezzo ai campi, con l’acqua che scorre in sottofondo, anche i ricordi degli altri abitanti dalminesi risalgono in superficie, confondendosi e completandosi vicendevolmente: «Durante la bella stagione il lungo fiume si trasformava in una vera e propria spiaggia. Occorreva venir giù la domenica mattina presto se si voleva sperare di trovare almeno un angolino dove mettersi». A corredare gli antichi ricordi, anche qualche nozione culturale messa a disposizione da Pagliarini: «Ci sono alcune immagini provenienti dall’archivio che mostrano le famiglie operaie che passavano qui il tempo, ma non erano sole. Il lungo Brembo era anche un fondamentale punto di riferimento per pittori, suonatori, artisti di ogni genere. Questo è dovuto al fatto che la nascita di Dalmine si è intrecciata fin da subito alla pittura e alla fotografia, perché è cresciuta molto in fretta. Ha una storia talmente recente che gli abitanti sono stati stimolati fin dagli albori a rappresentarla, a immortalarla attraverso varie forme di arte».

Ma l’acqua fluviale non era l’unica fonte di intrattenimento. Qualcuno dei presenti ricorda con piacere anche l’importanza di un altro passatempo: «Io sono nato a Osio Sotto, ma tutte le mie amicizie erano di Dalmine. Da ragazzini abbiamo passato un sacco di pomeriggi alle Piscine. Facevamo una nuotata e poi andavamo da mia zia, che abitava vicino al velodromo e per merenda ci dava sempre pane e mortadella». Il liquido mosaico di ricordi e suggestioni che ognuno dei presenti ha contribuito a creare era l’obiettivo chiave di questo salto spazio- temporale nel cuore, insieme mutevole e imperituro, di Dalmine: «Ho avuto l’impressione che i partecipanti abbiano riscritto un pezzetto della propria storia. Ognuno ha cercato la sua personale interpretazione, sfruttando i frammenti che noi abbiamo presentato», conclude Pagliarini. «Città Paesaggio è un libro aperto. Durante la visita ciascuno di loro ha recuperato frammenti della sua memoria personale».

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