Tra tradizione e innovazione

Il ristorante Villa Patrizia a Petosino Un connubio perfetto di cose belle

Il ristorante Villa Patrizia a Petosino Un connubio perfetto di cose belle
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Lasciatisi il traffico della città alle spalle, appena qualche chilometro fuori da Bergamo, e precisamente a Petosino di Sorisole, su una verde collina della Maresana si adagia, placida, Villa Patrizia. La grande struttura, immersa nella tranquillità dello sconfinato parco che la circonda, ospita, oltre a matrimoni ed eventi, anche un ristorante gestito con passione e dedizione dalla famiglia Lecchi: Antonio, Floriana (sua moglie) e Patrizia (la sorella).

Chi conosce Antonio Lecchi lo sa bene che è qualcosa di più di un cuoco o di un sommelier o di un maître, e che persino il ruolo di ristoratore gli sta un po’ stretto. Perché Antonio è uno che ti coinvolge su tutti i fronti. E lo si vede anche da quello che ha messo dentro il suo ristorante e dall’affetto con cui inevitabilmente ne parla. L’affetto, del resto, di chi ha dedicato una vita a questo mestiere, fin da giovanissimo: era un ragazzino quando andava a “fare le stagioni” nelle cucine dei grandi alberghi. Memorabili le primissime passate a Laigueglia. Ma era un ragazzo anche quando, con il coraggio di un ventenne, ha aperto il Baby Bar (molti se lo ricorderanno) in via Ghislanzi, in pieno centro. È stato uno dei primi a proporre, oltre ai panini imbottiti (come si deve!), anche le ricche insalatone che ormai sono un must nei locali. E mezza Bergamo era lì a mangiare. Erano gli anni Ottanta e, come dice lui, «altri tempi». Poi un giorno gli si è presenttaa l’occasione di Villa Patrizia, dove ha deciso di creare il suo regno. Era il 1988.

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Da chef. Oggi Antonio Lecchi ci mette lo stesso entusiasmo di allora e vuole un luogo dove si possa trovare un po’ di cucina tipica e un po’ di innovazione, un po’ di mare e un po’ di terra. E che tradizione e innovazione siano i due binari che corrono paralleli nella filosofia di Villa Patrizia è evidente già dal mix ben riuscito di lampade di Catellani&Smith, pareti di pietra, sedie di design Pedrali, travi di legno a vista, tovaglie bianche. Ogni cosa si fonde piacevolmente. E lo stesso di può dire della grande cucina (sei cuochi in tutto), che offre diverse scelte, tutte notevoli. Anche se passa molto tempo in sala, Antonio rimane il vero chef del ristorante: controlla personalmente tutte le preparazioni e porta al suo staff idee sempre nuove. Dopotutto, è nato dietro ai fornelli.

Da maître. Consiglia sempre la cosa giusta, con garbo, e se non ti basta te la racconta, te la spiega, spesso e volentieri con un divertente aneddoto annesso. Il servizio, attento, non lascia mai nulla al caso e prevede sempre, come si dovrebbe fare, quello di cui il cliente ha bisogno, prima ancora che lui stesso se ne accorga. Molto curiosa l’impostazione della carta, che non mostra prezzi, perché tutte le portate hanno lo stesso costo. In buona sostanza si sceglie cosa mangiare e quanto mangiare e si sa che, indipendentemente dalla selezione, si spenderà la cifra indicata all’inizio del menù. Una portata 20 euro, due portate più il dessert 38 euro. Chi non avesse voglia di scegliere può lasciar fare ad Antonio e ai due menù degustazione, uno di mare e uno di terra.

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Da sommelier. Antonio dedica la stessa passione anche alla selezione e alla carta dei vini. E qui si apre un altro capitolo della sua storia personale e professionale. Il consiglio è sempre quello giusto e, se siete disposti a farvi guidare, Antonio vi racconterà tutto quello che c’è da sapere sul vino, sul territorio, sulle annate. La carta, che raccoglie circa 700 etichette, è strutturata con saggezza e ben leggibile. Bianchi, rossi e spumanti sono ottimamente rappresentati ma, anche - e non è facile trovarlo - anche i Paesi esteri che non siano la classica Francia. Se poi volete provare il vino della casa non c’è che da chiedere: Antonio vi farà assaggiare tutti i vini che produce nella sua Azienda Casa Virginia, in un racconto-confronto sempre interessante. Bianchi e rossi che rappresentano davvero la terra dove sono nati, e a ricordarvelo sono le leggende in dialetto che accompagnano ciascuna etichetta e che danno il nome al vino. Vera espressione della tradizione.

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