A Comonte

La cascina Quattro Venti a Seriate Piccolo amarcord bergamasco

La cascina Quattro Venti a Seriate Piccolo amarcord bergamasco
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Chiamateli un po’ nostalgici, oppure un po’ all'antica, ma i comontesi nutrono un profondo atavico affetto nei confronti delle loro cascine. Ormai sono poche quelle che ancora restano uguali a un tempo: dobbiamo tornare a più di un secolo fa, quando Comonte pullulava di cascinali. Allora la zona era totalmente agricola, abitata da contadini mezzadri o da piccoli proprietari terrieri, ma non era solo il luogo del lavoro: era infatti il simbolo della famiglia, tanto che spesso il cognome della famiglia che la occupava diventava il nome della cascina stessa. Oggi a Comonte restano la Cadè, la Cà di Lucche, la Tironi, la Angeloni, la Colleoni, la cascina del Lupo e così via, ma la più famosa è diventata la cascina Quattro Venti, al centro dei dibattiti da un paio d’anni. Il supermercato Iper Alle Valli ha infatti acquistato l’area comprendente la struttura e il nuovo progetto prevede la demolizione di una parte dell’attuale cascinale, mentre quella più antica verrà ristrutturata e adibita a residenza.

 

 

Da Tassis a Quattro Venti. Non si sa bene quando sia sorta la cascina, ma presumibilmente risale ai primi dell’Ottocento: l’insediamento era già presente nelle mappe Napoleoniche dell’archivio storico di Bergamo del 1804, in cui viene identificato come Cassina Tassis attestata lungo la strada comunale per Brusaporto. I terreni su cui sorge la cascina appartenevano infatti alla contessa Maria Teresa Tassis, che poi sposò Gaetano Busecchi, successivamente marito della santa Elisabetta Cerioli dopo esser rimasto vedovo. Il nuovo nome, attestato negli ultimi decenni, probabilmente richiama la posizione molto esposta e per nulla riparata dell’edificio, circondato solo da campi, nonostante l’urbanizzazione degli ultimi cinquant’anni, destinata quindi a essere battuta dai venti che soffiano dai quattro punti cardinali. Gli storici abitanti di questa cascina sono stati i membri della famiglia Vezzoli: sapere con esattezza quando iniziarono a vivere qui è difficile, sicuramente prima del 1885 e altrettanto con certezza sono stati proprio loro gli ultimi ad abitarla.

 

 

La cascina dei Vezzoli. «I nonni sostenevano che noi Vezzoli arrivassimo dalla zona di Brescia – racconta Mario Vezzoli, che ha passato tutta la sua vita in cascina Quattro Venti –. Effettivamente in quella zona molti portano questo cognome, ma non sappiamo chi, perché o quando fossero giunti fin qui. Sicuramente la nostra famiglia ha abitato in questa cascina attorno al 1880: nel 1885 nasceva proprio qui mio zio Francesco». Ai tempi i bambini nascevano in casa, a volte con la levatrice, a volte solo con l’aiuto dell’esperienza delle donne di casa. «Nel 1889 nacque mio padre ed erano tanti fratelli, anche se non tutti sono sopravvissuti: ai tempi molti bambini morivano e non si sa neppure bene perché. Qualcuno moriva soffocato (allora infatti lo svezzamento non veniva effettuato in maniera attenta e graduale come invece succede oggigiorno, ndr), qualcun altro di freddo, altri per malattie o altre cause. Diciamo che era abbastanza normale purtroppo». I Vezzoli non erano però l’unica famiglia nel cascinale: com’era usanza di allora, più nuclei famigliari si ritrovavano nella stessa struttura. «C’era la famiglia dei Federici, che però se ne andò quasi subito, e poi ci fu quella dei Rota, che rimase ancora un po’ di tempo».

La parte più antica della cascina è formata da un ampio portico: «Avevamo la cucina dove ci dovevamo stare tutti. Qui c’era anche il forno dove, una volta al mese facevamo il pane. La casa di allora era composta da cinque stanze al piano terra e da cinque sopra: la cucina non aveva collegamenti con il piano di sopra mentre le altre quattro camere avevano una scala interna che conduceva al corridoio del primo piano. Successivamente, dopo la guerra, ne è stata creata una esterna, fatta di legno, a pioli, quindi molto pericolosa. Solo molto tempo dopo fu sostituita da una più sicura». Guardando la cascina di fronte, si nota una parte abitativa più rialzata sulla destra: «Quella fu costruita dallo zio Berto nel 1947. Inoltre costruimmo un porticato, adiacente alla casa originaria per il deposito della paglia e per un magazzino degli attrezzi».

 

 

In cascina stretti stretti. Per quanto infatti un cascinale possa essere grande, non lo era mai abbastanza per le famiglie numerose di quegli anni: «I miei fratelli si sposarono tutti dopo esser tornati dalla guerra: Bepo nel ’46, Ernesto nel ’47, poi Paolo nel ’50 e Giacomo nel ’53 (a quei tempi io ero via soldato e mi feci fare un permesso speciale per tornare). All’inizio erano tutti a casa, perché con fatica si trovavano delle stanze: Ernesto si è trasferito in una casa cadente, andando ad abitare in quella che era la stanza per le galline, imbiancandola e mettendola un po’ a posto. Pian piano, andando a lavorare, sono tutti riusciti a costruirsi qualcosa. Quando anche i figli dello zio si stavano sposando, eravamo in 22 in cascina». I nonni invece non c’erano già più: «Io sono del 1931 e i nonni sono morti presto, già non c’erano più: la nonna morì nel 1932, ma ricordo bene la morte del nonno. Portava sempre un gilè nero ed era sempre seduto contrito su una panchetta; al mattino mia mamma gli portava una tazzina di caffè con la grappa per colazione. Lui la aspettava nella stalla e, una volta andata, io arrivavo e lui mi dava, imboccandomi, un pochino di caffè corretto! Un giorno la mamma ci beccò e ne presi davvero tante! Eppure il nonno non smise mai di condividere con me la sua colazione, finché una mattina non lo trovai: allora mia mamma mi portò in camera e il nonno giaceva morto su quei lettoni alti tipici di allora».

Il signor Vezzoli, la moglie e la famiglia lasciarono la casa il 6 luglio 2002: «Io ho sempre fatto il contadino, e così i miei discendenti. Avevamo prima la cascina e i terreni a mezzadria, ma negli ultimi anni in affitto: eravamo anche intenzionati a comprare il cascinale, ma alla fine lo acquistò l’Iper. A malincuore abbiamo lasciato la Quattro Venti».

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