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La musica indie made in Bergamo

La musica indie made in Bergamo
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In copertina, gli Hobos in Dust.

 

Su un solo punto sono tutti d'accordo: i musicisti a Bergamo sono musicisti veri, genuini, che sanno il fatto loro e che danno del filo da torcere a quelli di altre città più popolose e più generose. «In una sera sola ho assistito a due concerti strepitosi (Vanarin e Precipice), sia a livello di musica, sia a livello di spettacolo. In quale altra città c'è un'offerta del genere? E loro sono solo due. Lo penso quasi ogni volta che vado a un concerto». Queste le parole di Daniele Colombo, tastierista dei Lonesome George. C'è orgoglio nel parlare di “scena”, una scena piccola, forse disomogenea per tipo di proposta musicale, ma a cui tutti i nostri giovani musicisti sentono con orgoglio di appartenere.

 

Gli Everyone Else.

 

Il problema dei concerti. Ma ai concerti ci vanno poche persone. Qual è il problema? «La gente vuole ballare, e il rock non lo balla più nessuno», dice Giorgio Pesenti, degli Hobos In Dust, così come Stefano Nusperli dei Beriedir che ci fa notare che «i concerti con più gente sono quelli inseriti nel palinsesto più ampio di eventi di massa, come le feste delle scuole, dove la gente va in prevalenza per altri motivi». Non si può negare che, per pigrizia (molti locali che propongono musica dal vivo sono difficilmente raggiungibili, spesso confinati a zone industriali) o per disinteresse, la curiosità dei bergamaschi verso i musicisti non ha nulla a che vedere con quello che succede all'estero, come ci hanno raccontato le scorse settimane i Sonars e i Rich Apes.

 

Gli Hinkypunk.

 

La musica e internet. Dice Lorenzo Boffelli, producer e fonico dello studio di registrazione “Home Project”: «È cambiato il modo di ascoltare la musica, e la musica dal vivo non è più necessaria come una volta per conoscere una band, e una città piccola come Bergamo ne risente maggiormente: più che trovare un colpevole bisogna riflettere su questo». È d'accordo anche Cristiano Moro, ex Edge Of Memories, ora impegnato in un progetto solista: «In un periodo storico come questo, anche noi musicisti dobbiamo reinventarci, sfruttando Internet per ritagliarci quello spazio che sui palchi abbiamo sempre di meno. Non dico che non sia frustrante, ma purtroppo ho paura che sia l'unica strada che ci rimane, specie se vogliamo farne un lavoro e non un semplice hobby». Conclude Samuele Togni degli Apocrypha: «Il concetto mondiale di musica di massa non aiuta di certo le band emergenti».

 

I Precipice.

 

I locali e le tribute band. C'è però anche chi punta il dito contro i locali: «È giusto che si preoccupino del successo della serata, ma il problema sorge quando si pensa che l'unico modo per far funzionare una serata sia chiamare una tribute band», dice Dario Pasqualini dei Precipice ; Davide Giovanzana dei Rag anzi, senza giri di parole, sbotta: «Si dà troppo spazio alle Tribute Band!». È un problema molto sentito dalla maggior parte dei giovani musicisti. Ci sono locali che meritano l’encomio speciale dei musicisti per la capacità di conciliare gli incassi con l'attenzione verso la musica originale: Edonè, Polaresco, Pacì Paciana, Joe Koala, Bivio, In DispArte e anche il Druso (che alterna con successo nomi nazionali e internazionali a realtà locali anche piccole). Altri, come il Keller, pur avendo un grande potenziale (ottima strumentazione e affluenza notevole a prescindere dal tipo di serata), offrono una programmazione quasi esclusivamente riservata alle cover band.

I giovani musicisti delle band non ce l’hanno con le cover band, gente che suona bene, studia, ci mette impegno e risponde alla domanda di quel pubblico, che «ai concerti vuole cantare e ascoltare canzoni che conosce», come dice ancora Stefano Nusperli. Tuttavia la “politica aziendale” adottata da molti locali che vanno solo nella direzione della “cover ” è «comprensibile, ma molto fastidiosa», come conclude Francesco Tribbia Azzola dei Lonesome George.

 

I Lonesome George.

 

La Giornata della Musica. C'è frustrazione insomma. Le giovani band sono disposte a tutto per salire su un palco, che si tratti di suonare gratis o quasi o di ri-arrangiare ore di repertorio per potersi esibire in acustico laddove il locale non abbia la strumentazione adatta a un concerto “elettrico”. C'è però anche tanta voglia di piegare la schiena e di costruirselo da soli, il palco, quando non c'è: memorabile la Giornata Della Musica del 5 maggio scorso, organizzata in totale autonomia dalla Consulta Studentesca, una giornata in Fara interamente dedicata alla musica dal vivo. Queste le parole di Giacomo Colombo, uno degli organizzatori: «Siamo orgogliosi di aver portato a un così grande pubblico (quasi mille persone, ndr) alcune delle band del nostro territorio. A Bergamo abbiamo musicisti di livello, in ogni genere, dal rap, all'indie-rock al jazz. E quest'anno la Giornata si rifarà».

 

I Beriedir.

 

#scenabergamasca Non manca, infine, un mea culpa: in molti sono d'accordo nel dire che a volte («ma sempre meno spesso») le band si fanno la guerra tra di loro anziché supportarsi a vicenda, e che spesso i primi ad essere pigri sono i gruppi stessi, sia nell'andare a scoprire locali («chi dice che ci sono pochi locali spesso è il primo a non andarci», dice Giorgio Pesenti), sia nel promuovere la propria musica («da quando mi occupo dell'organizzazione di eventi, mi sono reso conto che esistono moltissime band che fanno davvero poco per farsi conoscere », continua Stefano Nusp erli). L'impressione è che mai come ora i musicisti di Bergamo si siano sentiti parte di un qualcosa di più grande. I locali che rispondono “presente” non sono molti, ma ogni anno sempre un pochino di più. Da un paio di mesi esiste una playlist su Spotify, #scenabergamasca, interamente dedicata alla musica prodotta nella nostra città. Insomma, qualcosa sta cambiando. Gli atomi di idrogeno si stanno addensando. Qui si fa la scena o si muore.

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