A Mozzo, in via Garibaldi

Metti un piatto a La Caprese Una pasta nata dal cuore del mare

Metti un piatto a La Caprese Una pasta nata dal cuore del mare
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Il Signor Bruno è il padrone di casa del ristorante La Caprese di Mozzo. È una persona generosa nei modi, nei gesti e nelle parole. È uno di quegli uomini che trasmettono immediatamente e senza mezzi termini il piacere per quello che fanno. Insieme alla moglie ha speso tutta una vita a preparare da mangiare a Bergamo, e il merito è anche suo, se i bergamaschi oggi hanno imparato ad apprezzare il pesce e, meglio ancora, a conoscerne la cultura.

 

 

La tradizione di Capri: ricchezza e povertà. Nato a Capri, come la moglie Giuseppina, altro non ha fatto che riportare sulla nostra tavola una pezzo della tradizione culinaria isolana. Povera e allo stesso tempo così ricca. Ricchezza e povertà sono in effetti due categorie che spiegano perfettamente questo tipo di cucina. Da una parte appunto, la mancanza di cibo facilmente reperibile, la ristrettezza geografica delle isole minori, la scarsità di allevamenti e la difficoltà dei mezzi di trasposto. Dall’altra, l’abbondanza e la generosità del mare, la fame e l’intelligenza di chi ogni giorno doveva comunque mettere qualcosa in tavola. Su questi due aspetti si è creato nel tempo questo tipo di tradizione (non solo) gastronomica, di cui fa parte anche uno dei piatti più apprezzati della cucina de La Caprese: i Lumaconi al ragù di Mare.

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Un piatto dal cuore del mare. Bruno ci avverte subito che è un piatto antico che oggi non si fa quasi più tra le famiglie dell’Isola, e per questo è anche più buono quando lo prepara, perché si ostina a ricordare qualcosa che altrimenti finirebbe per essere dimenticato. Tutto nasce dal mare, il bene più prezioso per l’Isola, persino la pasta ne è legata. L’impasto fresco infatti era fatto asciugare, da tradizione, sui gusci delle lumache di mare, da cui prende il nome e soprattutto la forma, tanto importante per raccogliere e portarsi dietro il prezioso condimento. Il ragù era preparato con quello che offrivano quotidianamente i pescatori al ritorno con le barche, non si sapeva cosa sarebbe stato issato a bordo nelle reti e la ricetta variava ogni volta al variare del pescato. Si usavano però sempre pesci piccoli e dalle carni bianche, sfilettati, tagliati a dadini e cotti a fuoco lento.

Bruno segue questa ricetta scrupolosamente. Il fondo del sugo si prepara con l’osso di un pesce grosso (per esempio spada, ricciola o lampuga), cipolla, olio extravergine e pomodorini a grappolo, e quando infine è tutto ben stufato si riempiono i lumaconi di pasta, lessati e pronti a raccogliere il gustoso sugo. Il tocco finale è un pizzico di origano, che, come ci insegna Bruno con una curiosa espressione, faceva la parte del formaggio delle Isole.

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Le chicche in menu. Ma questa non è che una delle proposte. Il piatto di crudità di pesce per aprire la cena è praticamente d’obbligo da queste parti, anche perché si dice sia tra i migliori che si possono trovare giro; dell’insalata di mare tiepida probabilmente vi innamorerete; mentre, se volete solo togliervi uno sfizio, la scelta è semplice: prima uno spaghetto alle vongole e poi il fritto misto. Un’ultima suggestione: la pasta e fagiolini marinara, di tradizione napoletana, preparata con pasta mista, cozze, fagioli, gamberi e cotiche.

Bruno, il padrone di casa. Bruno si divide tra la sala e la cucina, tra le sue due passioni: la cucina del ricordo, fatta d’amore e di testa, e il vino. Difficilmente lo si coglierà impreparato nel consigliare il giusto calice o la giusta bottiglia, anche quando vorrete assaggiare qualcosa di diverso dalla solita etichetta. E il piacere sarà ancora più grande se deciderete di scambiare qualche parola con lui, che da buon cultore della materia, saprà dispensare consigli e indicazioni preziose. Non a caso il mitico Veronelli era un affezionato frequentatore di questi tavoli nonché grande amico del padrone di casa, con il quale condivideva la passione per la territorialità e la fama di grande cantastorie.

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