Una bella comunità

Don Leone, 20 anni a Torre Boldone «È un paese di arrivi e partenze»

Don Leone, 20 anni a Torre Boldone «È un paese di arrivi e partenze»
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«Da quanti anni sono qui? Non so se siano troppi, tanti o giusti» così don Leone Lussana risponde alla prima domanda di questa intervista. Quel che è certo è che sono già passati vent’anni dal suo arrivo a Torre Boldone, dove è ormai un’istituzione. Don Leone è nato a Schilpario nel settembre del 1944. Scalvino di nascita e di carattere, ha studiato nel seminario di Bergamo e a Roma. Ha preso messa nel 1969 e per quindici anni è stato direttore dell’oratorio di Borgo Palazzo, sede dell’Olimpia. Nel 1984 è stato inviato a Bratto dove è stato parroco fino al 1997, anno in cui ha raggiunto Torre Boldone. Vent’anni fa.

Don Leone, com’era Torre Boldone al suo arrivo?
«Il grande cambiamento era già avvenuto negli anni Sessanta. Le giovani coppie di Bergamo, appena sposate, iniziavano in quegli anni a cercare casa fuori dalla città, sia per ragioni di spazio, sia per ragioni economiche, e si fermavano qui, nella prima periferia, vicino ai colli. Così quella che all’inizio del secolo era una zona agricola è diventata in breve tempo residenziale e la popolazione è cresciuta da due a novemila abitanti».

E in questi ultimi vent’anni ci sono stati altri cambiamenti?
«Oggi Torre Boldone non è più una meta, ma un punto di partenza per i giovani. Che se ne vanno: si spostano nella seconda nella cosiddetta seconda e terza periferia ormai, anche perché la nostra zona è bella e quindi ha anche un certo costo. Tutte queste partenze sono solo in parte bilanciate dagli arrivi di quelli che sono attratti invece dalla comodità della posizione, il risultato è un massiccio invecchiamento della popolazione. Oltre a questo bisogna considerare che qui iniziano a vivere persone di tante nazionalità diverse e questa è certo un’opportunità, anche se le difficoltà della convivenza non mancano».

 

La chiesa parrocchiale di Torre Boldone

 

Il paese soffre questa situazione?
«Non proprio. Devo dire che nonostante tutto questo viavai si è creata una realtà di paese piuttosto strutturata, che ha un suo volto caratteristico. Insomma anche se i “nativi” sono pochi, mi sembra che ci sia un generale senso di appartenenza».

E la parrocchia in tutto ciò che ruolo ha?
«Si evolve ovviamente con il paese. Se Torre Boldone è diventata un luogo di arrivi e partenze, la sua parrocchia deve sforzarsi di ricreare un senso comunitario, di accogliere coloro che provengono da altre zone. Bisogna trovare un equilibrio tra la valorizzazione della tradizione e la creazione di nuove opportunità: in questo, l’oratorio rappresenta un ruolo di fondamentale importanza, come luogo di accoglienza, formazione e incontro. Perché la partecipazione alla vita della comunità sia sempre maggiore, la parrocchia non deve occuparsi solo della Messa, ma anche deve creare gli stimoli di cui i nuovi arrivati hanno bisogno. Il nostro auditorium è al centro di un progetto di animazione culturale, con cicli di film di alta qualità e conferenze, fra le altre cose. Comunque non ci dimentichiamo la missione religiosa, questo è certo».

E a proposito di questa missione: cosa ci dice della fede religiosa a Torre Boldone?
«La nostra parrocchia respira l’aria che c’è in giro: viviamo in un tempo di trasformazione, devo dire però che c’è anche chi dà molta importanza alla formazione spirituale e c’è ancora partecipazione ai momenti della liturgia. Tante persone si sentono corresponsabili nella comunità e operano in buon stile evangelico, tanto che, nonostante la presenza del parroco sia indispensabile, mi arrischio a dire che se io mi assentassi probabilmente la parrocchia verrebbe portata avanti senza problemi, almeno per un po’ di tempo».

 

Il comune di Torre Boldone

 

E i giovani di Torre Boldone, figli di quello che lei definisce “tempo di trasformazione”, come si comportano?
«Abbiamo continuamente bisogno di nuove energie per portare avanti tutte le attività della parrocchia. Anche in questo caso devo dire che i ragazzi offrono testimonianze molto positive. Infatti, proprio perché sono cresciuti in questo tempo, che offre molte strade e tanti contatti con realtà diverse, quando fanno una scelta di cammino spirituale la fanno consapevolmente. In passato era diverso: esisteva una sola strada, non se ne potevano percorrere altre. Questo tempo è anche schiavo di una cultura dell’effimero, vuol dire che quando qualcuno si allontana lo fa raramente per scelta, ma piuttosto per comodità, perché si lascia prendere da altre cose. Facili. A navigare in questo contesto fanno fatica, più degli adolescenti, i giovani adulti».

E i rapporti con il sindaco Sessa?
«Rappresentiamo due realtà diverse e importanti. I rapporti sono corretti, come è doveroso tra i rappresentanti delle istituzioni nel paese».

Una realtà così dinamica e complessa la metterà alla prova. Si sente stanco?
«Ringrazio il Signore che mi conserva in buona salute, così vivo ancora in questa comunità con serenità e fiducia. Ma, è importante sottolinearlo, sempre con la grazia del Padre Eterno».

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