Locali storici

Pepè e Bianca, che a Torre Boldone hanno portato i sapori di Calabria

Pepè e Bianca, che a Torre Boldone hanno portato i sapori di Calabria
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Quando Pepè Caravona, nel 1974, si è lasciato alle spalle il comune cosentino di Santa Sofia d’Epiro per seguire la scia migratoria degli anni Settanta, a Torre Boldone, di pizzerie non ce n’erano. Pepè aveva 24 anni, arrivò in paese, e adocchiò un bar dotato di sala da biliardo, un punto di ritrovo per chiunque volesse svagarsi un po'. Lo racconta Bianca, moglie di Pepè Caravona, proprio all’interno del locale. Ma quando Pepè aprì la sua pizzeria, Bianca, ancora non faceva parte della sua vita.

Il sorriso di Bianca. «Sono venuta a mangiare qui per caso, con alcune amiche, era il ’75. All’epoca lavoravo da tutt’altra parte, come impiegata. Un lavoro che inizialmente ho continuato a tenere, finché la situazione non è cambiata». Bianca e Pepè si sono sposati poco dopo, è nato un sodalizio bergamasco e calabrese dal quale sono nati prima Enzo, 36 anni, e poi Daniele, 29 anni. In quei primi anni il fratello di Pepè, Franco, decise di lasciare la gestione del locale: «Mio marito ha avuto bisogno di una mano con il ristorante, io non sentivo l’esigenza di tornare in ufficio e così ho cominciato ad affiancarlo. Finché non sono subentrata definitivamente nella gestione della sala, e oggi, come vedi, sono ancora qui», aggiunge Bianca, mostrando un sorriso solare e trasparente. Lo stesso che rivolge da quarant’anni ai clienti che varcano la porta di un locale che sa di intimità e di famiglia.

 

 

La sua personalità ha finito così per entrare a far parte degli ingredienti che circolano tra le fondamenta di questo ristorante, che si trova a pochi passi dalla chiesa di Torre Boldone. «A me stare in mezzo alla gente è sempre piaciuto. Soprattutto quando dimostrano di apprezzare gli sforzi che questo lavoro richiede, e soprattutto quando sono gentili ed educati. Anche se purtroppo non è sempre così, e lo sa bene chi è del settore. Perché non è vero che il cliente ha sempre ragione».

Una questione di famiglia. I figli della coppia sono col tempo entrati a tutti gli effetti a fare parte della squadra che da decenni popola i portici di via Bugattone, un team che amalgama con naturalezza nord e sud d’Italia, sullo sfondo di un’atmosfera sempre fresca e genuina. «La gestione familiare è dura, perché si è costantemente insieme. E si rischia di portare i problemi che ci sono sul luogo di lavoro anche a casa» racconta Daniele, che si occupa di gestire la cucina. «Diciamo però che avere come colleghi la propria famiglia è un’ottima palestra per cercare in ogni situazione di andare d’accordo, di trovare un compromesso che possa appianare le incomprensioni».

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8Senza contare che nella cucina di Pepè, il giovane ha carta bianca su ogni singolo aspetto. Daniele, 07che confessa di avere una predilezione per la preparazione di dolci e primi piatti, conosce infatti bene quanto sia preziosa la libertà. «Durante gli anni della scuola ho avuto modo di fare esperienza di uno stage a Campione d‘Italia. Lì ho capito che non riuscirei a lavorare come dipendente. Essere il gestore è dura, è vero, perché ogni responsabilità è sulle tue spalle. Ma poter fare di testa propria, senza dare giustificazioni, è comunque fondamentale per me».

Contro ogni tempo. Pepè rappresenta oggi una bolla temporale, che si riaggancia con tenacia alla ristorazione lenta e appassionata di decenni ormai andati. Competizione spietata e una modernità dilagante hanno assalito anche una realtà temprata come la loro, anche se il ristorante Pepè resiste, sventolando davanti agli occhi di un mondo perennemente in folle corsa, il vanto della propria lenta e salda tradizione. «Siamo un locale storico e, sia quel che sia, ora puntiamo dritto al raggiungimento del mezzo secolo».

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