Per tornare nel mondo

La casa Il Mantello a Torre Boldone ultima spiaggia delle donne invisibili

La casa Il Mantello a Torre Boldone ultima spiaggia delle donne invisibili
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Capita di incontrare persone che non si vorrebbero vedere e che a volte fingiamo di non vedere. Diventano persone invisibili. Uomini e donne che vagano tutto il giorno per la stazione, quelli che ci disturbano chiedendo l’elemosina in centro durante lo shopping, quelle che ci fermano per strada e si mettono a parlare di quanto abbiano bisogno del nostro aiuto economico snocciolando aneddoti strazianti. Quante donne (ma anche uomini) di questo tipo abbiamo finto di non vedere, quante volte abbiamo bruscamente attraversato la strada per non incrociarle? Sembrerà strano, ma per queste donne ancora oggi non c’è nessuna accoglienza, nessun posto in cui possano rifugiarsi. O quasi.

Un posto per le donne. Il Mantello di Torre Boldone è una casa d’accoglienza per sole donne, in cui (non senza fatica) si può smettere di essere invisibili. Si trova in via Donizetti, in quella stessa casa in cui Don Luigi Palazzolo passava le vacanze nella sua giovinezza. D’altra parte, per una simile iniziativa non potrebbe esserci posto migliore della casa di chi disse: «Più sono ammalati e abbandonati, tanto più volentieri io li accolgo». Era il 2005 e suor Daniela prestava servizio nel dormitorio della Caritas. Il fatto che gli ospiti dovessero essere mandati via rigorosamente alle otto del mattino la turbava non poco, tanto che spesso riceveva dei rimproveri per avere sgarrato. Ma suor Daniela si poneva un’altra domanda: è possibile che a Bergamo non esista nulla che si occupi dell’accoglienza delle donne? Così è nata l’idea del Mantello, che ha preso vita a tutti gli effetti nell’agosto del 2006. Nel giro di pochi mesi la casa d’accoglienza si è riempita e con l’aumentare del numero di ospiti sono aumentati anche i problemi. Poche di queste donne sono straniere.

 

 

Tante possibilità diverse di residenza. «Il problema delle italiane - spiega Suor Daniela - è che prima di arrivare qui hanno spesso bruciato molte altre possibilità, è la loro ultima spiaggia». Ciascuna delle donne ospitate ha un passato diverso e difficoltà differenti da superare: c’è chi è rimasta sola, chi ha delle dipendenze, chi è malata. Per questo motivo, dopo un primo mese di conoscenza, ognuna segue un progetto che viene rivisto e rinnovato ogni tre mesi, con l’aiuto anche di enti esterni (Sert, Cps, servizi sociali, forze dell’ordine). Ma, sempre a seconda delle esigenze, ci sono anche diverse modalità di accoglienza: la residenza a tutti gli effetti, il soggiorno solo diurno, il servizio docce due volte a settimana. Quest’ultima opzione è una possibilità per la casa d’accoglienza di farsi conoscere: chi viene una volta ne parla poi alle sue compagne di strada, è quella che suor Daniela chiama “Radio strada”. Esistono poi degli appartamenti di housing sociale esterni: abitazioni controllate da volontari ed educatori, che sono un passo successivo alla casa d’accoglienza, nonostante si tratti comunque di un luogo “protetto”.

Aiuto economico personalizzato. Certo, il mondo esterno, quello non protetto, non smette di esistere: fuori ci sono famiglie deluse, figli che vogliono dimenticare, crisi d’astinenza e poi, ovviamente, ci sono anche i soldi. Anche la questione economica è studiata ad personam: c’è infatti chi può uscire per i turni di lavoro e chi non è ancora abbastanza indipendente per farlo, in questo secondo caso Il Mantello si occupa anche del sostegno economico. Suor Daniela fa notare che la gestione del denaro è essa stessa una tappa per la ripresa di contatto con il mondo esterno: «Pochi giorni fa ho discusso con una ragazza che mi ha chiesto l’accendino dopo aver comprato delle sigarette piuttosto costose: le ho fatto notare che se avesse preso quelle più economiche le sarebbe avanzato il necessario per comprare anche un accendino».

 

 

Il tempo e il lavoro. Sono cose piccole che però aiutano a rientrare nella prospettiva di regole, abitudini e ritmi di vita normali, completamente diversi dalle leggi della strada. Anche la divisione dei tempi gioca un ruolo importante in questo cammino di ripresa: chi vive qui alterna i “laboratori” ai pasti e ai momenti di pulizia e vita comune. All’interno della casa si svolgono infatti anche lavori di assemblaggio commissionati da ditte esterne: un modo utile di riempire il tempo, ma anche fonte di sostentamento per la casa e, soprattutto, un luogo di osservazione in cui si riesce a capire chi ha una buona manualità, chi è responsabile e puntuale, chi, insomma, è pronto per avere un lavoro all’esterno. Il Mantello gestisce a questo proposito dei negozi dell’usato e collabora con enti esterni affinché coloro che si sono dimostrate capaci possano affrontare un tirocinio lavorativo, che le renda un po’ più indipendenti economicamente.

Tornare nel mondo. Ci sono però anche momenti di riflessione: a destra dell’ingresso c’è una stanza in cui si può stare sole a scrivere i propri pensieri («Più o meno religiosi», dice suor Daniela). Prima o poi chi vive a Il Mantello deve riuscire a tornare nel mondo vero. Circa la metà delle donne che hanno vissuto in questa famiglia si riscattano. Anche se nessuno viene adottato fisicamente, qui «si entra come ospiti e si esce come amici». Perciò non è raro che coloro che sono già uscite tornino a far visita alle compagne e qualcuna decida perfino di diventare volontaria.

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