«Per ora piace»

La nuova birra artigianale orobica è Golasecca, made in Osio Sotto

La nuova birra artigianale orobica è Golasecca, made in Osio Sotto
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C’è una piccola perla del colore della birra, custodita in quel di Osio Sotto. Ma sarebbe più corretto parlare di una perla che appartiene sì a Osio Sotto, ma anche all’Isola d’Elba. Una perla che vive nel presente, che si distende in proiezione verso un roseo futuro, ma che abbraccia anche una fetta del nostro passato. Il suo nome è infatti Birra Golasecca, in onore della civiltà che nell’età del rame e del bronzo popolò la pianura Padana, e a dargli vita è stato l’osiense Ennio Previtali, classe ‘86.

Com'è nata la Golasecca. «Io ho cominciato quasi per caso, seguendo l’esempio di mio cognato, Valerio Tamagni, che coltiva da tempo una grande passione per le birre artigianali e ha aperto dal 2007 il suo birrificio, Birra dell’Elba. Prima di allora mi piaceva berla, certo, ma non avevo mai sviluppato un vero e proprio interesse per quel mondo». La curiosità aumenta a forza di cultura sull’argomento e di degustazioni, a cui segue la voglia di provare. «Ricordo che la mia prima birra fatta in casa era venuta bene. Ho iniziato con gli estratti di malto, che hanno il privilegio di semplificare tutto il processo». Ed è da quel primo abbozzo di tentativo ben riuscito che Ennio sceglie di proseguire, finché non si arriva al maggio del 2016, momento in cui «ho pensato che fosse giusto buttarsi, e ho reso il brand di Birra Golasecca ufficiale. Mi sono deciso al grande passo dietro consiglio di diversi mastri birrai della Toscana. Loro mi hanno spinto a cominciare a produrre in un’attività già avviata, così oggi utilizzo gli spazi del birrificio di Valerio, all’Isola d’Elba».

 

 

In magazzino, attualmente, il giovane osiense conserva tre diversi tipi di birra. «Non ho ancora scelto i nomi di battesimo, perché voglio che la gente memorizzi prima il marchio di Birra Golasecca piuttosto che le tipologie prodotte. Per adesso, infatti, sono indicate a seconda del loro stile, ossia Kölsh, Double IPA e Belgian Tripple. La mia preferita è quest'ultima, anche se mi accorgo che sta andando per la maggiore la Double Ipa, dal sapore più amaro».

Il mondo delle birre artigianali. Iniziato sul finire degli anni Novanta, quello delle birre artigianali è un mercato in continua espansione, che negli ultimi 5 anni è stato protagonista di un vero e proprio boom economico (Bergamopost gli aveva dedicato un intero tour nella Bergamasca). «La concorrenza, è vero, sta diventando molto agguerrita, soprattutto qui nella bergamasca, dove uno dei birrifici che più stimo è quello di Endorama. Ci sono sempre più ragazzi che si lanciano nell’avventura, magari, come me, sfruttando birrifici già avviati. Però lo spazio per emergere c’è ancora, perché la richiesta è tantissima».

 

 

E per quanto ai profani l’universo delle birre artigianali possa apparire come una moda passeggera, sono tanti i sacrifici e le qualità necessari per farsi notare nel settore: «Per diventare bravi birrai occorre tanta esperienza, darsi da fare con la pratica. La nostra giornata tipo è molto faticosa: si tratta di macinare i grani, di portare l’acqua a una certa temperatura, proseguire con tutti i vari passi che l’ammostamento richiede. C’è poi il filtraggio, la bollitura del mosto, e l’aggiunta del luppolo. È impegnativo, se si calcola che per fare una birra ci vogliono dalle 7 alle 8 ore». Un processo quasi rituale e standardizzato, anche se le birre artigianali, afferma Ennio, presentano 2 grandi vantaggi: non sono microfiltrate e nessuna sarà mai uguale all’altra: «Chi si dedica a questo mestiere sa bene che produrrà una birra unica, diversa da tutte le altre. A differenziarle sono la quantità, il tipo di luppoli e di malti. Ma è soprattutto il tocco di ogni birraio a renderle davvero irripetibili. È affascinante scoprire come lo stesso stile di birra utilizzato da 3, 4, 10 birrai diversi darà sempre un risultato nuovo».

Il sogno di Ennio è quello di poter trasformare questa passione in un vero mestiere. «Adesso è troppo presto, meglio tenere i piedi per terra. Un giorno, chissà. Per ora sto testando l’apprezzamento dei clienti. È bello sentirsi fare i complimenti da chi la assaggia, certo, anche se in faccia è difficile che qualcuno dia il suo giudizio più sincero. La prova del 9 è il fatto che dopo averla bevuta tornano anche 3, 4 volte nell’arco della stessa serata. È lì che scopri che l’hanno apprezzata davvero».

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