«Il Comune fa gli interessi dei privati».

La bega in corso a Palafrizzoni sui funerali a basso prezzo

La bega in corso a Palafrizzoni sui funerali a basso prezzo
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Foto Bergamopost/Devid Rotasperti

 

Il Comune e l’Assessore Giacomo Angeloni sono chiari e perentori: Bergamo Onoranze Funebri (Bof) non si vende e non si venderà a meno che ordini dall’alto (leggasi governo) non lo imporranno. Nell’ordine del giorno del Consiglio Comunale del 3 ottobre scorso si legge infatti: «La soluzione proposta dalla Giunta nella delibera, e tutt’oggi in attuazione, verte sull’affitto d’azienda con vincolo di acquisto se e qualora il Comune ne sarà obbligato da norme di legge superiori».

Un anno fa. Ma facciamo un po' d’ordine. Innanzitutto la questione esplodeva più di un anno fa, quando in seguito alle restrizioni e ai tagli che il decreto Madia imponeva ai Comuni, la Giunta di Bergamo apriva un bando per la cessione in affitto della Bof. Il bando non otteneva risposta, e l’opposizione avanzava già allora i primi dubbi. In sostanza, come ricorda Marcello Zenoni, consigliere del Movimento Cinque Stelle, ci si chiedeva per quale motivo aziende in perdita come ad esempio Bergamo Infrastrutture non venissero coinvolte nei tagli, mentre proprio la Bof, che da sempre è un’azienda in utile oltre che un colosso nel settore (il 40 per cento dei funerali a Bergamo viene organizzato da Bof) venisse messa sul mercato, seppur in affitto. La risposta potrebbe essere che è molto probabile che aziende in utile fossero comunque più appetibili per eventuali investitori privati rispetto ad aziende in perdita, ma siamo nel fumoso universo delle congetture.

 

 

Il bando e una clausola. Il problema più grosso, denunciato in coro nelle ultime settimane da Natalino Cosentin o del Cisl, dagli oppositori pentastellati Zenoni e Gregorelli e dagli stessi dipendenti della Bof (che hanno proclamato lo stato di agitazione) sorge da un nuovo bando aperto nelle ultime settimane (e anche questa volta andato deserto) e sarebbe invece legato a una gestione generale della azienda di fatto finalizzata ad «apparecchiare la vendita futura di Bof a privati», citando Zenoni, nonostante le dichiarazioni della maggioranza Pd che a più riprese garantiscono che la Bof non sarà venduta se non per imposizioni dall’alto. Ci sarebbe secondo Natalino Cosentino un passo preciso del contratto che conterrebbe in nuce il «germe della vendita», e cioè un passo che, in sostanza, impone all’eventuale azienda interessata a avanzare una proposta di affitto per la Bof di dichiarare anticipatamente la cifra che sarebbe disposta ad investire per acquisire definitivamente l’azienda.

 

 

Un'azienda a fine sociale. Angeloni ribatte che la clausola è stata inserita perché necessaria nel tipo di contratto, oltretutto per forza di cose scritto in linguaggio burocratico, specificando che le intenzioni del Comune e della maggioranza sono precisate e chiarite a più riprese già a partire dalla delibera pubblicata il 15 febbraio del 2016: la Bof non è in vendita, ma in affitto, e qualora nessun privato avanzasse offerte il Comune continuerà a garantire gli stessi servizi che la Bof ha portato avanti per dieci anni, vale a dire funerali a prezzi calmierati e tutela dei dipendenti. In ogni caso non si sono ancora presentati acquirenti, forse proprio perché le clausole mirate a garantire e conservare le attuali condizioni verso i clienti e verso i dipendenti non possono far gola a privati: la Bof è un'azienda a fine sociale, i cui conti sono sì in attivo, ma ben lungi dall’essere mossi dalla logica del profitto tipica invece di aziende private. In altre parole, forse lo scarso successo del bando è indice di un desiderio del Comune di mantenere davvero la Bof allo stato attuale anche qualora fosse messa parzialmente o totalmente nelle mani di privati, che proprio per questo non si fanno avanti. Ma, anche qui, si tratta di congetture.

 

 

I rischi di una gestione privata. Questo, del resto, risponderebbe però alle obiezioni degli oppositori, che temono proprio un eventuale invischiamento della Bof tra le maglie appunto della logica del profitto, qualora un privato si facesse realmente avanti. Non a caso è proprio l'incombenza (reale o eventuale) di un’azienda votata all’utile a suscitare i timori dei dipendenti della Bof: Cosentino e Zenoni ricordano a tal proposito che «l’esperienza insegna che il passaggio da una gestione pubblica a una gestione privata provoca sempre una vera e propria diaspora dei dipendenti dell’azienda». Il timore è di battaglie sottili mosse dagli investitori privati. Schematicamente, questo è un potenziale scenario-tipo da cui gli oppositori, in particolare Zenoni, mettono in guardia: un investitore privato già attivo nel settore affitta la Bof; vincolato dalle clausole inserite nel contratto, prova a raggirarle, offrendo ad esempio funerali poco dignitosi da organizzarsi tramite Bof, spingendo così i clienti ad affidarsi ad aziende di pompe funebri private per garantire ai propri cari sepolture dignitose, trasferendo così una fetta di mercato della Bof alle aziende private votate al profitto, ribaltando i rapporti di forza del settore a favore dei privati.

 

 

Per quel che riguarda i dipendenti, Zenoni parla di politiche gestionali, tipiche a suo dire dei privati che entrano in società pubbliche, mirate a logorare i dipendenti con contratto pubblico, ad esempio assegnando loro turni di lavoro «disumani» oppure operando tagli, ad esempio sui ticket: il tutto per rendere spontanea la loro «diaspora», per parlare con Cosentino, e creando all’interno dell’azienda formata da due blocchi (e cioè quello “affittato” comp osto dagli ex dipendenti pubblici della Bof tutelati dalle clausole del contratto di affitto e quello “storico”, composto da dipendenti assunti direttamente dall’azienda con contratti privati) una significativa predominanza del nucleo privatista. Il timore dei lavoratori, di fronte a una prospettiva di questo tipo, sarebbe del tutto fondato.

Una questione irrisolta. Ma esiste davvero questa prospettiva? L'opposizione fa l’opposizione, la maggioranza fa la maggioranza, ed è giusto così: ma è giusto partire dal presupposto che tutta la vicenda Bof sia gestita in malafede da parte di una sorta di lobby di aziende funebri private che vogliono fare i loro interessi e Comune che vuole sbarazzarsi della Bof? Nel caso fossimo davvero di fronte a gestioni “maliziose” da parte del Comune, che senso avrebbe inserire così tante clausole di tutela nei contratti? E perché nessun investitore si è ancora fatto avanti? L'assessore Angeloni a tal proposito dichiara: «Non so cosa dire. Ho l'impressione che i sindacati abbiano cercato di creare allarmismo per sfruttare l’occasione per raccogliere qualche tessera in più». Comunque stiano le cose l’unica certezza è che nell’aria risuona lugubre la solita vecchia e brutta canzone: a non dormire la notte, a soffocare dall’angoscia, a pagare il conto dei “potenti” sono sempre e solo i piccoli lavoratori.

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