Dopo 20 anni di dibattiti

La riforma delle Popolari è legge Che succederà a Ubi e alle altre

La riforma delle Popolari è legge Che succederà a Ubi e alle altre
Pubblicato:
Aggiornato:

Il 24 marzo scorso è diventato legge il decreto che riforma le banche popolari ed introduce la portabilità dei conti bancari. Dopo quasi 20 anni di dibattiti e vari tentativi di cambiare la normativa, con 155 voti favorevoli e 92 contrari (nessun astenuto), il Senato ha votato la fiducia posta dal Governo Renzi, che è così è riuscito “a mettere le mani” sul sistema delle banche popolari. Il decreto legge c.d. “Investment compact” rivoluziona il sistema di governo di tali istituti, eliminando il voto capitario e trasformandoli in società per azioni.

Cosa sono le Banche popolari. Le banche popolari appartengono ad una particolare categoria, regolata dagli articoli 29, 30, 31 e 32 del Testo Unico Bancario (D.lgs. n. 385 del 1993), a norma del quale «sono costituite in forma di società cooperativa per azioni a responsabilità limitata». I soci di questo tipo di banche non possono detenere più dell’1 percento del capitale sociale ed ogni socio ha un solo voto «qualunque sia il numero delle azioni possedute»: è questo il sistema del c.d. “voto capitario” (principio di una “testa un voto”). Questo sistema impedisce (o, meglio, impediva) ad un’altra banca o ad un singolo soggetto di acquisire il controllo della maggioranza dei voti dell’assemblea.

 

 

Cosa cambia. L’articolo 1 del nuovo decreto legge modifica tale disciplina, stabilendo che entro 18 mesi (ovvero entro luglio 2016) le banche popolari con un patrimonio superiore a 8 miliardi di euro dovranno abbandonare il sistema del voto capitario e trasformarsi in società per azioni. In questo modo un unico soggetto o un’unica banca potrebbe arrivare a detenere la maggioranza assoluta dei voti nell’assemblea della Popolare, acquisendone di fatto il controllo. Inoltre, le banche popolari potranno rientrare in processi di fusione o aggregazione (ad esempio nel caso fossero in crisi), esattamente come gli altri istituti di credito. Per evirare il rischio di “scalate”, viene previsto una clausola difensiva: gli istituti bancari che si trasformeranno in Spa potranno introdurre nello statuto un limite massimo del 5 percento all’esercizio del diritto di voto. Questo “scudo” avrà però durata limitata: non potrà essere fatto valere per più di 24 mesi dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto.

Chi riguarda? La riforma riguarda solo le banche popolari con un patrimonio superiore agli 8 miliardi di euro. Sono 10 in tutto: Banco Popolare, Ubi Banca, Banca Popolare dell’Emilia Romagna (Bper), Banca Popolare di Milano (Bpm), Banca Popolare di Vicenza, Vento Banca, Banca popolare di Sondrio, Credito Valtellinese (Creval), Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, Banca Popolare di Bari. La norma non riguarda, invece, le banche cooperative e le banche popolari di piccole dimensioni.

 

 

Opinioni contrastanti. Chi è favorevole alla riforma sostiene che, in questo modo, si ridurrà la frammentazione delle banche popolari e si garantirà agli istituti più competitività, più forza e maggiori profitti. Anche i mercati finanziari internazionali e la Borsa di Milano pare abbiano gradito: è stato registrato un vivace movimento di acquisti di titoli delle Popolari. Fra i contrari c’è il Movimento Cinque Stelle: secondo la senatrice Laura Bottici «il vero intento del decreto legge è mettere alcune nostre banche popolari nelle mani degli speculatori finanziari o salvarne altre». Altra voce della fazione contraria è Leonardo Becchetti, professore di Economia politica all'Università di Tor Vergata, secondo il quale, come riportato da La Repubblica, si aprono «scenari inquietanti di incostituzionalità del provvedimento: una volta a regime, un socio delle Popolari potrebbe decidere di far ricorso alla Corte Costituzionale: lì si aprirebbe una partita difficile. Già importanti giuristi riconoscono che il testo è in conflitto con la Costituzione, che prescrive alla Repubblica di riconoscere "la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità" (art. 45 Cost.)».

Le altre novità del decreto. Tra le altre modifiche contenute nel decreto c’è la portabilità dei conti correnti: il costo di chiusura del conto corrente dovrà essere cioè a carico della banca e dovrà essere fatto in tempi rapidi, al massimo in 12 giorni. Sono previste multe da 5.160 euro a 64.555 euro per chi svolge funzioni di amministrazione o di direzione, nonché dei dipendenti che risultino inadempienti. Il provvedimento contiene, infine, delle misure per le piccole e medie imprese: viene definita una nuova categoria, quella di Pmi “innovativa” e viene previsto che a queste aziende vengano estese le norme sulle start-up innovative.

Seguici sui nostri canali