Ucciso un poliziotto negli scontri

Perché la Tunisia torna in piazza (con le stesse richieste di 5 anni fa)

Perché la Tunisia torna in piazza (con le stesse richieste di 5 anni fa)
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Era il 14 gennaio 2011 quando il presidente Zine El Abidine Ben Ali venne cacciato dalla Tunisia. Da quel giorno il Medio Oriente e il Nordafrica non sono più gli stessi. A cinque anni di distanza il popolo tunisino è tornato in piazza per chiedere le stesse cose che chiedeva allora. Libertà, riforme sociali, dignità, lavoro: questo è quello che invocano i manifestanti che da sabato scorso protestano a Kasserine, e da lì in tutto il Paese.

Cosa ha scatenato le proteste. La miccia, come nel caso della Rivoluzione dei Gelsomini, è stata la morte di un giovane disoccupato di 28 anni, Ridha Yahyaoui. Era salito su un pilone dell’alta tensione per protesta, dato che il suo nome era sparito dalla lista degli ammessi a un posto pubblico. Minacciava di buttarsi, ma è morto fulminato. Immediate le manifestazioni di protesta in segno di solidarietà, che sono degenerate in scontri con la polizia. Un agente è rimasto ucciso, a causa delle pietre che i manifestanti gli hanno tirato mentre era chiuso nella sua auto.

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Tunisia Protest

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Le analogie con la Rivoluzione del Gelsomini. E se oggi la miccia è scattata con la morte di Ridha Yahyaoui, il 17 dicembre 2010 il morto si chiamava Mohammed Bouazizi, era laureato e disoccupato. Si era dato fuoco a Sidi Buzid dopo che la polizia locale gli aveva confiscato il carretto con cui, per campare, vendeva frutta e verdura, senza licenza. Per non farselo sequestrare avrebbe dovuto pagare la tangente ai poliziotti ma lui si rifiutò, denunciò il caso alle istituzioni ma nessuno gli diede udienza. Decise di adottare allora la forma estrema di protesta, e di lì a poche settimane dopo essersi dato fuoco morì. Fu così che vennero innescate le proteste che portarono alla Rivoluzione, che è stata considerata la madre di tutti gli stravolgimenti dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Le analogie con quanto sta succedendo in questi giorni sono molto evidenti, e risultano inquietanti se si considera che proprio pochi giorni prima dello scoppio delle ultime manifestazioni di protesta si erano svolte le celebrazioni per il quinto anniversario della Rivoluzione.

Ancora una volta Kasserine. Fulcro della protesta è ancora una volta Kasserine, che è stata la culla della Rivoluzione dei Gelsomini. Ma Kasserine è molto di più. Oggi infatti, in questa città a 30 chilometri dal confine con l’Algeria, c’è uno dei principali centri di reclutamento di giovani da inviare a combattere tra le fila del Sedicente Stato Islamico, in Siria e in Libia. Secondo i dati diffusi pochi mesi fa dal ministero degli Interni di Tunisi, sono almeno 3mila i tunisini che hanno scelto di unirsi all'Isis, e rappresentano il numero più alto di stranieri che hanno aderito al progetto dell'autoproclamato Califfato. Kasserine, grazie alla sua posizione è il luogo ideale per essere punto di incontro per i jihadisti algerini e tunisini. Essendo poi ai piedi delle montagne Chaambi, rappresenta un luogo ideale per far sorgere i campi di addestramento per i terroristi. La città ha un tasso molto alto di povertà, e il suo quartiere di al Zuhour ospita una strada che i residenti hanno ribattezzato “Via del Jihad”, a causa dell’alto numero di famiglie i cui figli risultano dispersi, uccisi o in cella, per essersi uniti alla Guerra santa.

 

[Si celebra l'anniversario della Rivoluzione dei Gelsomini]
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Tunisia Arab Spring

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Cos’è Kasserine oggi. Oggi in Tunisia Ben Alì non c’è più, e il Paese è stato definito l’unico dell’area che è stato in grado di arrivare alla piena democrazia. Ma la gente non è comunque soddisfatta, perché le riforme sociali tanto invocate non sono mai arrivate a causa di una instabilità politica che permane, e la gente in molte zone rurali vive, più o meno, come viveva prima. Soprattutto nella zona di Kasserine, dove il tasso di disoccupazione è al 27% rispetto al 15,3% nazionale. A poco sono valse le misure varate del consiglio dei ministri per la regione, per favorire l'occupazione e lo sviluppo dell'area, come l'assunzione di 6.400 disoccupati, lo stanziamento di 3 milioni di euro destinati al finanziamento di 500 progetti, la creazione di una commissione di inchiesta su presunti casi di funzionari corrotti, la concessione di terreni demaniali a privati, la creazione nella regione di nove società imprenditoriali con un capitale di 75mila euro.

Cosa è cambiato in cinque anni. Negli ultimi cinque anni in Tunisia ci sono state due tornate elettorali, entrambe libere e democratiche, e la nuova Costituzione è stata giudicata tra le più avanzate del mondo arabo. Alla Tunisia è stato assegnato il Premio Nobel per la Pace nel 2015, per gli sforzi fatti dal Quartetto di Dialogo Nazionale. Inoltre la società civile è arrivata ad avere un ruolo incisivo nelle scelte politiche, cosa che gli è valsa l’attribuzione dell’etichetta di Paese in cui la transizione democratica è stata compiuta.

La minaccia Isis. Per questo si pensa che a trarre giovamento dalle proteste sia lo jihadismo. Il governo lo sa e per questo nei giorni scorsi ha condotto un intenso bombardamento aereo lungo i sentieri utilizzati dai terroristi, affinché non venisse data loro la sponda per approfittare delle manifestazioni sociali per introdursi in città. A causa della minaccia terroristica, poi, in tutto il Paese vige ancora lo stato di emergenza. Del resto non è ancora sfumato il ricordo degli attentati al museo del Bardo, al resort di Sousse e al bus della guardia presidenziale a Tunisi. E ad alimentare questa situazione di incertezza e di minaccia terroristica non va sottovalutato che in Tunisia risiede il “terzo” governo libico, quello uscito dalla mediazione dell’Onu che dovrebbe pacificare la Libia e a cui non è ancora permesso entrare nel Paese.

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