Il Papa le ha ricordate all'Angelus

Le quattro suore uccise in Yemen e la globalizzazione dell’indifferenza

Le quattro suore uccise in Yemen e la globalizzazione dell’indifferenza
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Si chiamavano suor Anselma, suor Marguerite, suor Reginette, suor Judit, venivano dall’India, dal Rwanda, dal Kenya, ed erano missionarie della Carità, l’ordine di Madre Teresa. Operavano ad Aden, la zona dello Yemen più funestata dalla guerra contro i ribelli sciiti Houti. La loro missione si costruiva sull'assistenza ad anziani e disabili. Lo scorso venerdì un commando di uomini armati ha attaccato il loro convento, che ospita anche una casa di riposo. Insieme alle quattro religiose sono morte altre dodici persone. Al momento dell’attacco nello stabile c’erano cinque suore e sessanta pazienti. La superiora del convento, suor Sally, indiana del Kerala, è riuscita a salvarsi, mentre padre Tom Uzhunnalil, salesiano, unico sacerdote in quella parte di Yemen, è scomparso al momento dell’eccidio e di lui non si hanno ancora notizie.

 

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Ignoti gli autori del massacro. C’è chi ha subito incolpato l’Isis della strage, ma l’agenzia Fides ha specificato che è ancora ignoto chi fosse a capo del commando, anche se «è noto che nella città portuale yemenita riconquistata mesi fa dalle forze fedeli al presidente Abdel Rabbo Mansour Hadi, in lotta con ribelli houthi, sono radicati gruppi legati alla rete di al Qaeda». Radio Vaticana ha raggiunto telefonicamente l’assistente del vicario apostolico per l’Arabia meridionale, padre Thomas Sebastian, che ha spiegato come tutti si continuino ad interrogare sul perché di questo massacro: «Forse ci sono nemici dei cristiani che non vogliono la presenza delle suore. Questa è la nostra impressione, perché per il governo non creava nessun problema la presenza dei nostri missionari, suore e sacerdoti. Anche i ribelli che lottano contro il governo non hanno mai avuto problemi con loro. Allora chi ha fatto questo? Forse, oltre ai ribelli ci sono altri gruppi che non vogliono la presenza dei sacerdoti e delle suore. Il sacerdote è stato rapito forse per denaro, non lo so; per avviare dei negoziati, non lo so…».

Il dolore del Papa. Le suore svolgevano la loro missione ad Aden, la città meridionale del Paese più povero di tutto il Medio Oriente, dove la miseria costringe i bambini ad arruolarsi nell’esercito per guadagnare 100 dollari al mese necessari al sostentamento della famiglia. Le suore di Madre Teresa sono state vittime due volte, dei loro assassini e «di questa globalizzazione dell’indifferenza» come ha detto papa Francesco all’Angelus di domenica, esprimendo la sua vicinanza alla congregazione fondata da Madre Teresa, e spiegando che «questi sono i martiri di oggi». Prima di rendere pubblico il suo dolore, Francesco aveva fatto inviare un telegramma dalla segreteria di Stato vaticana, in cui ha espresso vicinanza ai familiari delle vittime, definendo l’omicidio della suore un «atto di violenza insensata diabolica» e auspicando che la loro morte «svegli le coscienze, guidi ad un cambiamento dei cuori ed ispiri tutte le parti a deporre le armi e intraprenda un cammino di dialogo».

 

 

La guerra per procura in Yemen. Perché in Yemen è ormai un anno e mezzo che si susseguono violenze inaudite, in un conflitto per procura tra Arabia Saudita e Iran. Ad Aden, in particolare, le forze fedeli al presidente Abdel Rabbo Mansour Hadi, sostenuto dai sauditi che capeggiano una coalizione militare di dieci Paesi (Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Bahrein, Qatar, Egitto, Giordania, Marocco, Senegal e Sudan), hanno cacciato i ribelli sciiti Houti, appoggiati dall’Iran. In aiuto di Hadi e dietro alla coalizione ci sono le grandi potenze occidentali amiche dei petrodollari sauditi, mentre i ribelli Houti - che da sempre non riconoscono alcuna legittimità al Governo Centrale - sono sostenuti da Teheran. Le autorità yemenite, appartenenti all’islam sunnita, accusano l’Iran sciita di fomentare la rivolta per spingere al potere gli Houti e avere un alleato nel Golfo.

 

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Le suore non mollano. In questo contesto di totale caos, che ha provocato due milioni di sfollati, oltre 6mila vittime e 5mila feriti, si sono fatte strade le milizie dell’Isis e di Al Qaeda, che hanno approfittato della situazione per serpeggiare morte e terrore, soprattutto ai danni dei civili. Le missionarie della carità in Yemen assistono i bisognosi e i più poveri, mettendo in pratica l’insegnamento di Madre Teresa, e nonostante vivano sotto minaccia costante non sono intenzionate ad abbandonare i loro poveri. Quella delle Missionarie della Carità è una presenza amata dal popolo yemenita, che ammira il loro modo di servire gli altri senza guardare all'appartenenza religiosa, ma solo alla scelta di prediligere chi ha più bisogno. E nonostante le minacce e i precedenti – già nel 1998 tre suore di Madre Teresa vennero uccise da un uomo armato mentre uscivano dall'ospedale della città di Hodeida – sia le suore uccise che il sacerdote avevano deciso di restare nel Paese. «Noi vogliamo restare vicino ai poveri e agli ultimi, e restiamo qui. È la nostra vocazione», avevano detto. Oggi un comunicato della congregazione delle Missionarie della Carità ha fatto sapere che «continueranno a servire i poveri e i bisognosi in Yemen. Madre Teresa è sempre stata negli angoli più remoti del mondo, indipendentemente dalla situazione locale».

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