Il marò da 4 anni in India

L'Odissea di Salvatore Girone e la felicità di sua moglie Vania

L'Odissea di Salvatore Girone e la felicità di sua moglie Vania
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Tutto iniziò quel 15 febbraio 2012. Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, due marò del Battaglione san Marco, di stanza sulla nave mercantile Enrica Lexie, con il compito di proteggere beni ed equipaggio dall'assalto dei pirati in quelle acque considerate pericolose, avvistano un peschereccio che li insospettisce. «Avevano un atteggiamento ostile», avrebbero poi detto per spiegare l’accaduto. Per allontanarla sparano dei colpi. Cosa sia realmente accaduto è ancora materia di inchiesta. Quello che è certo è che due delle persone a bordo del peschereccio restarono uccise. Ma le autorità indiane smentiscono subito che l’equipaggio del peschereccio fosse armato. «Non c'erano armi a bordo dell'imbarcazione» dichiara infatti il capo dell'amministrazione del distretto di Kollam, P.G.Thomas. Le forze armate italiane ribattono, con un comunicato, che «la dinamica dei fatti è ancora tutta da verificare».

Fatto sta che i due vengono arrestati e per loro comincia un lungo calvario, anche perché si trovano al centro di quella che prende subito i contorni di una controversia internazionale. L’India sceglie la linea dura e per far capire la serietà delle proprie intenzioni arriva a ventilare l’ipotesi che il reato dei due marò possa essere punito con la pena di morte.

 

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Salvatore Girone e Massimiliano Latorre vengono rinchiusi in carcere. Viene concesso loro un ritorno a casa, dietro pagamento di cauzione per Natale 2012. Al governo c’è Monti e da parte italiana qualcuno propone di non farli ripartire: praticamente sarebbe stato quasi un atto di guerra. Per fortuna prevale la linea del dialogo con l’India, ma il ministro degli Esteri italiano, Terzi di Sant’Agata, contrario a questa linea, rassegna le dimissioni. A febbraio 2013 i due ottengono un altro permesso di quattro settimane in occasione del voto per le Politiche: il loro caso è anzi materia della polemica elettorale, con la destra che fa di loro una bandiera. E non a caso, la sinistra data in grande vantaggio, vince solo per un soffio.

Passa il tempo e la vicenda si fa sempre più intricata. A settembre 2014 Massimiliano Latorre ha un malore, un’ischemia, viene ricoverato in ospedale a New Delhi. Poi su pressione del governo italiano, le autorità indiane lasciano il via libera perché possa curarsi in Italia. E così da quel giorno Salvatore Girone resta solo in India nelle mani della giustizia. Passa il tempo e ad agosto 2015 per Girone arriva un’altra mazzata. Il Tribunale del Mare di Amburgo da una parte decide che non deve essere la giustizia indiana a procedere, ma che l’Italia deve accettare le misure restrittive in atto. In sostanza Girone deve restare in India.

 

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Nel frattempo l’Italia un punto lo mette a segno. Sarà il tribunale internazionale dell’Aja a decidere sul caso. Ed è proprio quel tribunale il 3 maggio a stabilire che il marò Salvatore Girone deve rientrare in Italia, dove resterà sotto l'autorità della Corte suprema indiana per tutta la durata dell'arbitrato internazionale. Ieri la stessa Corte suprema indiana ha accettato di rendere immediatamente esecutiva la decisione dell’Aja. E quindi Girone può finalmente tornare nella sua casa di Torre a Mare dove potrà abbracciare la moglie Vania Ardito e i suoi due figli. Ma la decisione indiana non è senza condizioni: i giudici di New Delhi hanno chiesto ai legali di Girone di depositare una nuova garanzia scritta dell’Italia in cui ci si impegna a far rientrare il marò entro un mese dall'eventuale decisione favorevole all'India sulla giurisdizione da parte del tribunale arbitrale dell'Aja. Ma ci si penserà domani. Oggi è il giorno dei sorrisi. «Felicissima!!!!» scrive la moglie Vania sul suo profilo twitter. «Finalmente insieme».

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