Sarà organizzata in macro aree

Il nuovo piano industriale di Ubi che porterà alla banca unica

Il nuovo piano industriale di Ubi che porterà alla banca unica
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«Un atto di serietà e una dimostrazione di forza»: Victor Massiah ha così definito la scelta di presentare il piano industriale 2019/20 di UBI Banca in questi giorni di forte tensione finanziaria post Brexit. Un piano decisamente importante e aggressivo, che tra le altre cose conferma le voci sulla prossima chiusura di 280 punti vendita e un forte ricambio generazionale, con l’uscita di 2.750 risorse e l’ingresso di circa 1.100 giovani. Un processo di semplificazione e ottimizzazione che ha il suo epicentro nell’approvazione del progetto “Banca Unica”, che prevede il superamento della fase federale e l’integrazione all’interno della capogruppo UBI delle Banche Rete: Banca Popolare di Bergamo, Banco di Brescia San Paolo, Banca Popolare Commercio e Industria, Banca Regionale Europea, Banca Popolare di Ancona, Banca Carime e Banca di Valle Camonica. Se tutto va come deve, si potrà arrivare nel 2019 a ben 730 milioni di utile netto, che dovrebbero salire a 870 l’anno successivo. E tutto ciò nonostante lo scenario non sia idilliaco, con tassi negativi nel prossimo triennio e incertezza nella crescita economica. Inoltre, anche se il 2016 sarà in rosso, l’istituto garantisce dividendi in linea con lo scorso anno.

 

UBIbanca

 

Banca Unica. La fusione per incorporazione delle 7 banche rete in UBI comporta il riacquisto delle quote di minoranza in alcune controllate: in particolare un 24,9 percento di Banca Regionale Europea appartenente alla Cassa di Risparmio di Cuneo e un 16,2 della Banca Popolare Commercio e Industria, ad oggi in mano alla Banca del Monte di Lombardia. Più altre piccole quote di minoranza. L’aumento di capitale arriverà a un massimo di 75,8 milioni di nuove azioni, con una diluizione fino al 7,8 percento, che vedrà però benefici sull’utile più che proporzionali. La nuova Banca Unica verrà poi organizzata in cinque macro-aree: Nord-Ovest (Piemonte, Liguria, nord della Toscana); Milano (Milano, Pavia, Lodi, nord dell’Emilia Romagna); Bergamo (Bergamo, Varese, Como, Lecco, Monza e Brianza); Brescia (Brescia, Valtellina, Triveneto) e il resto dell’Italia. Questa operazione libererà 600 risorse del personale e a fronte di un costo progettuale di 198 milioni (una tantum), comporterà un risparmio annuale di 80 milioni. L’ottimizzazione della copertura territoriale significherà la chiusura di 130 filiali.

 

Victor-Massiah-Ubi

 

Il credito deteriorato. Volendo tracciare uno schema generale del Piano industriale, un primo nucleo importante riguarda la semplificazione; oltre alla Banca Unica, un punto importante sarà l’ottimizzazione nella gestione del credito deteriorato. In un quadro già buono, con un portafoglio crediti che evidenzia una gestione prudente, UBI ha deciso di sfruttare il parziale riassorbimento della shortfall, per un totale di 850 milioni; in questo modo la copertura dei crediti deteriorati lordi passerà dal 43,3 al 49 percento nel 2.020 (oltre 60 per le sofferenze). Questa manovra aumenta le coperture senza consumare capitale, anzi liberandolo.

Approcci nuovi. Un altro punto chiave sarà l’evoluzione dell’approccio commerciale: in questi anni di crisi e post-crisi, UBI ha pensato di rivolgersi ai bisogni delle persone, con coperture pensionistiche e socio-sanitarie. Altro spunto sarà quello delle logiche di filiera nel quadro del segmento aziende. Il cambiamento di approccio riguarderà anche il modello distributivo: rientrano in questa linea di indirizzo le altre 150 filiali destinate alla chiusura. Si potenzierà l’IW Bank e in generale la multicanalità, che nel 2.020 dovrebbe arrivare a coprire il 70 percento dei prodotti venduti. Verranno approntate 500 filiali di nuova concezione, di cui ben 350 cashless, senza banco.

 

sede Ubi Banca

 

Ricambio generazionale. Uno dei punti più delicati riguarda i tagli al personale. Una lettura più approfondita sembra però smussare gli spigoli della questione: circa 800 risorse usciranno per inerzia, 1.300 verranno sostenute dal fondo di solidarietà di 323 milioni, mentre 650 ulteriori uscite sono previste per altre iniziative di piano. Ci saranno al contempo 1.100 nuovi inserimenti, per i quali si punterà ad una più accentuata retribuzione variabile, a una spinta sulla formazione, all’aumento della flessibilità e l’estensione del programma talenti.

Le conseguenze previste. Tutti questi cambiamenti hanno ovviamente come obbiettivo l’aumento degli utili. Le spese verranno ridimensionate del 6 percento, scendendo sotto la soglia dei 2 miliardi grazie al risparmio di 80 milioni di Banca Unica e di 152 della razionalizzazione dei costi. I costi una tantum del Piano verranno spesati nel conto economico al 30 giugno 2016, per un totale di 1 miliardo e 298 milioni. Ma come già detto, l’utile netto nel 2019 arriverà secondo le previsioni alla cifra di 732 milioni, per salire poi a 874 nel 2.020. La creazione di valore nel 2.019 sarà di 118 milioni, di 229 nel 2020. Tutto ciò avrà delle conseguenze per gli azionisti; si prevede un pay out superiore al 40 percento sull’utile di ogni esercizio e un dividendo costantemente in crescita nell’arco di Piano.

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