Con Russia e Teheran

Siria, la Cina si schiera con Assad E si forma così l'alleanza anti Usa

Siria, la Cina si schiera con Assad E si forma così l'alleanza anti Usa
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Nel complicatissimo scenario della guerra di Siria si è affacciato un nuovo attore: la Cina, che si appresta diventare il terzo grande partner dell’alleanza russo-iraniana a sostegno di Assad. È la prima volta che il gigante asiatico muove i suoi passi concretamente in Medio Oriente, mentre fino a ieri sembrava svolgere un ruolo da mediatore, sulla base dei “Cinque principi della coesistenza pacifica”, la formula che guida la politica estera della Repubblica popolare dal 1954, e grazie anche alla sua posizione di principale acquirente del petrolio mediorientale (la China National Petroleum Corporation, CNPC, è in joint venture con la Compagnia nazionale petrolifera della Siria). Inoltre il valore dei contratti di importazione dalla Siria per la Cina supera i 2 miliardi di dollari e le coste siriane rappresentano uno snodo commerciale fondamentale per la Cina in Medio Oriente.

 

 

Appoggio ad Assad. Da seconda potenza economica mondiale e militare quale è, Pechino ha dichiarato di voler consolidare le relazioni militari con l'esercito siriano del presidente Bashar al Assad. La notizia, quasi a sorpresa, è arrivata martedì 16 nel corso di un incontro avvenuto a Damasco tra l’ammiraglio Guan Youfei, direttore dell'Ufficio per la Cooperazione Internazionale Militare della Commissione militare centrale cinese, e il ministro della Difesa siriano Fahad Jassim al-Freij, nonché vicepremier. «Gli eserciti della Siria e della Cina - ha detto Youfei - sono tradizionalmente legati da relazioni amichevoli e l'esercito cinese vuole proseguire a rafforzare lo scambio e la cooperazione con l'esercito siriano». Inoltre Damasco ha sempre appoggiato la Cina sulle questioni di Taiwan, Tibet e diritti umani. E così Pechino ha dichiarato che fornirà le sue competenze nell’addestramento militare del personale dell’esercito governativo e invierà aiuti umanitari.

Il precedente. Già lo scorso anno un articolo apparso su The Times of Israel annunciava che Pechino era pronta a inviare truppe in Siria per fronteggiare la minaccia rappresentata dallo Stato Islamico nel caso il governo di Damasco lo richiedesse, paventando un blocco militare eurasiatico per battere i ribelli siriani. All’epoca, era giugno 2015, Pechino temeva che dopo l’eventuale deposizione di Assad il fondamentalismo islamico si sarebbe esteso verso l’Asia Centrale rappresentando una minaccia alla sicurezza della Russia e della Cina.

 

 

L’incontro con la Russia. Proprio per entrare a pieno titolo dell’asse russo-iraniano sembra non sia un caso che l’ammiraglio cinese in visita a Damasco abbia incontrato il generale di corpo d'armata russo Serghei Charkov, investito da Mosca del ruolo di responsabile del centro russo per la riconciliazioni tra le parti belligeranti.

I jet russi nelle basi iraniane. Nel frattempo, tra Mosca e Teheran i legami bilaterali sono sempre più forti, grazie anche all’accordo firmato nel gennaio scorso in fatto di cooperazione militare, che prevede una più ampia collaborazione nell’addestramento del personale e nelle attività di contrasto al terrorismo. E così nei giorni scorsi l’Iran ha acconsentito al decollo dei jet russi dalle proprie basi militari. Da quando lo scorso anno Mosca ha cominciato a bombardare in Siria per appoggiare Assad, non era mai successo che si servisse di basi militari di un Paese alleato. E sul versante iraniano, era dal 1979, anno della grande rivoluzione, che Teheran non prendeva una decisione del genere. In passato era stato concesso il sorvolo dello spazio aereo ai missili da crociera lanciati da aerei e navi russe sulla Siria, ma le basi mai. Adesso, con il decollo dalla base di Hamadan, 700 chilometri di distanza dalla Siria anziché 2mila, i bombardieri russi a lungo raggio Tu-22M3 e i caccia Su-34 impiegano meno della metà del tempo di volo per raggiungere le province di Aleppo, Deir ez-Zor e Idlib, risparmiando carburante e potendo così trasportare 22 tonnellate di bombe per ogni viaggio.

 

 

Asse contro gli Usa? Che la nuova alleanza tra Teheran, Mosca e Pechino sia scomoda all’Occidente è abbastanza comprensibile, considerando anche l’ingerenza americana nell’espansionismo della Cina nelle acque del Mar Cinese Meridionale. Andrew Tabler, del Centro Studi di Washington per le politiche in Medio Oriente, ha spiegato a Euronews che l’uso delle basi iraniane rappresenta un’escalation nel conflitto in Siria: «Credo che questo tipo di rischio controllato sia un tentativo di forzare la mano all’amministrazione Obama in Siria prima che si insedi il nuovo Presidente. E la Russia è convinta che il prossimo Presidente, soprattutto se sarà Hillary Clinton, sarà molto più aggressivo militarmente in posti come la Siria».

Dopo l’Iran forse la Turchia. Nell’ottica della guerra al terrorismo la Russia però potrebbe non fermarsi a bombardare gli obiettivi sensibili dall’Iran, ma potrebbe partire anche dalla Turchia. Lo sostiene Igor Mozorov, membro della Camera alta del Parlamento russo, affermando che la Turchia potrebbe fornire la base aerea di Incirlik per i jet russi nella sua campagna anti terrorismo in Siria. Notizia che al momento non viene né confermata né smentita, ma che non viene esclusa dopo la visita di riconciliazione del presidente turco Erdogan a San Pietroburgo della scorsa settimana.

Le esercitazioni della Marina. Ma la Russia sembra non si voglia fermare ai raid aerei. Nei giorni scorsi, infatti, sono cominciate una serie di esercitazioni militari nelle acque del Caspio e del Mediterraneo Orientale, con fregate e corvette lanciamissili. Per questo motivo Mosca ha chiesto formalmente l’utilizzo dello spazio aereo di Iran e Iraq per il lancio di missili da crociera contro le postazioni dei ribelli e dello Stato Islamico in Siria.

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