Ha fondato un club per la squadra

Dan e quel filo d’affetto nerazzurro che lo lega a Bergamo e all’Atalanta

Dan e quel filo d’affetto nerazzurro che lo lega a Bergamo e all’Atalanta
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Abbiamo scovato un atalantino a Las Vegas, la città in cui tutto sembra diventare possibile. Ha una storia semplicemente meravigliosa, la lasciamo raccontare a lui e vi diamo un consiglio: mettetevi comodi, c’è da commuoversi.

«Mi chiamo Dan Pezzotta – racconta il tifoso d’America – e sono un atalantino di 37 anni che vive a Las Vegas con moglie, due cani e due uccellini. La mia storia è particolare: sono nato a Manila (nelle Filippine) e considero la mia “casa” Los Angeles, in California. Lavoro come manager nella grande distribuzione e tutti si chiederanno: come mai l’Atalanta? La risposta è che mio padre Antonio era nativo di Nembro. Ha conosciuto mamma Zita quando era nelle Filippine per lavoro e la passione per la Dea arriva da lui. Sono il piccolino di casa, unico maschietto di tre figli». Insomma, un bel guazzabuglio di storie. Meglio approfondire. «Essendo figlio di un bergamasco, non posso che essere atalantino. Papà era atalantino, fin da piccolo mi ha sempre insegnato la bellezza dei colori nerazzurri ed è stato emozionante conoscere l’Atalanta grazie a lui. Quando vivevamo nelle Filippine era impossibile, o quasi, guardare le partite in tv. Parliamo degli anni Ottanta e c’era solo la possibilità di leggere il giornale del lunedì che arrivava da Bergamo e immaginare come erano andate le cose allo stadio». Niente immagini in tv, niente Internet. Solo un papà che racconta la magia nerazzurra al suo piccolo. «Mi leggeva gli articoli, li traduceva in inglese e insieme sognavamo di essere lì. Ricostruivamo le partite, le azioni da gol. Guardavo le fotografie e come tutti i bambini le appiccicavo alle pareti della mia stanza. Stromberg, Caniggia, Bonacina e Ferron (io, quando gioco, faccio il portiere), ma anche tanti altri. Era qualcosa di magico. Negli anni sono cresciuto, ma la mia passione per l’Atalanta non è mai tramontata. Negli anni Novanta c’era Morfeo, poi è stato il turno di Bellini e Raimondi e ora tutto è diventato ancora più bello perché con Gasperini l’Atalanta ha fatto un grande salto di qualità. Mi piace un sacco Gomez, ma Remo Freuler mi sembra determinante. E poi c’è Ilicic: secondo me, il più forte mai visto con la nostra maglia».

 

 

La vita, però, è piena di imprevisti e la strada di Dan si è purtroppo divisa da quella di papà da qualche anno. «Mio padre è volato in cielo dopo una lunga malattia circa cinque anni fa. Quando era in ospedale, ogni volta che lo visitavo e anche se aveva difficoltà a parlare, mi chiedeva: “Come sta l'Atalanta?”. Anche oggi mi piacerebbe parlare con lui dei risultati e di come la squadra gioca. Il nostro legame padre-figlio ruotava così tanto attorno alla squadra da rendere veramente speciali, per me, i colori nerazzurri. L’Atalanta è, in qualche modo, una famiglia. Non ho mai vissuto in Italia, non parlo bene l’italiano, ma l’Atalanta è ciò che mi lega alla famiglia di mio padre a Bergamo. Niente, tranne forse la polenta, è più bergamasco dell’Atalanta. Ogni volta che guardo La Dea sento che mio padre è con me. So che la sta guardando dall’alto e che è molto contento di come sta giocando». In tv oggi si vede tutto, ma da Las Vegas Dan sogna lo stadio di Bergamo. «Sono stato allo stadio solo una volta, da bambino, nel 1982. Quindi, onestamente, non ho mai visto una partita allo stadio di Bergamo con consapevolezza. È uno dei miei più grandi sogni. Ho spesso fantasticato di stare in Curva Nord, sotto la pioggia, e di cantare “Vinci per noi” insieme a tutti gli altri tifosi. La famiglia di mio padre è ancora tutta a Bergamo (tra Cene, Lallio e altri paesi) e spero di andare a trovare tutti presto e poter vedere una partita. L’ultima volta che sono stato a Bergamo era il 1993, quando avevo 12 anni. Sfortunatamente era estate quindi non c’erano partite di campionato. I miei amici atalantini mi stanno incoraggiando a venire a Bergamo per vedere una partita allo stadio prima che sia rinnovato, sarebbe un’esperienza incredibile, unica nel suo genere. Spero di farlo quest’anno, tempo e denaro permettendo».

Il sogno sportivo più grande, invece, sarebbe vedere la Dea in Champions o alzare la Coppa Italia. «Se mi avessero chiesto dell’Atalanta in Champions League a settembre avrei risposto che era una roba da pazzi. Adesso invece ci credo. Credo anche molto alla Coppa Italia. Amazing. Qui a Las Vegas, insieme agli amici “Q” (giamaicano) e “Denim” (canadese) abbiamo fondato il gruppo “Atalanta Supporters Las Vegas”. Seguivano tutti la Liga e la Premier, poi si sono innamorati dell’Atalanta grazie a quello che gli ho raccontato. Il nostro motto è “pochi ma forti”: siamo solo in tre ma ci sentiamo fortissimi. Come la Dea».

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