«La religione ci distingue, ma siamo fratelli»

Il professore musulmano morto per salvare i cristiani dagli jihadisti

Il professore musulmano morto per salvare i cristiani dagli jihadisti
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Salah Farah era un insegnante kenyota di fede musulmana, morto ieri dopo un mese di ospedale. «È un vero eroe e sarà trattato con tutti gli onori», ha detto di lui l’ispettore generale della polizia kenyana Joseph Boinnet, ricordando l’episodio che ha reso l’uomo. Una persona semplice, protagonista però un mese fa di un gesto grandissimo.

 

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L’imboscata all’autobus. Il 21 dicembre 2015 la cellula somala di al Qaeda, al Shabaab, ha tentato di replicare la strage dell’università di Garissa. Ha fermato presso Papa City un autobus diretto a Mandera, nel nord-est del Kenya. I terroristi hanno fatto scendere i sessanta passeggeri e hanno cominciato a separarli, i cristiani da una parte, i musulmani dall’altra. Esattamente come avevano fatto nel campus universitario e come avevano fatto con gli uomini a bordo di un altro autobus, tra cui avevano fatto 28 vittime. Memori dei passati episodi di violenza, i passeggeri di religione musulmana si sono rifiutati di separarsi dagli altri, dai cristiani. Hanno prestato i loro veli, per aiutarli a confondersi. E un uomo, in particolare, ha preso la parola: «Uccideteci tutti o lasciateci in pace». Era Salah Farah, il vicepreside di una scuola elementare di Mandera. I militanti hanno reagito sparando contro di lui e un ragazzo. Nel frattempo era apparso un camion e i terroristi, pensando che fosse della polizia, si sono nascosti dietro a un cespuglio. I passeggeri del bus ne hanno approfittato per fuggire, ma il conduttore del camion e un vigile urbano sono rimasti uccisi. Salah Farah è stato portato con urgenza in ospedale per le ferite riportate.

 

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Il ricovero in ospedale. Il vicepreside è stato ricoverato nell’ospedale locale per una ferita alla gamba, poi il giorno di Natale è stato trasferito a Nairobi, al Kenyatta National Hospital. Sembrava che stesse meglio e ha anche rilasciato delle interviste: «La gente dovrebbe vivere in pace. Solo la religione ci distingue dai cristiani ma siamo fratelli, per questo chiedo ai miei fratelli musulmani di prendersi cura dei cristiani e viceversa, così da vivere insieme in pace». Questo era il messaggio che ripeteva a chi gli chiedeva di spiegare quello che aveva fatto. Farah aveva una visione pacifica della vita e voleva proteggerla, in tutti i modi. La sua storia ha fatto il giro del mondo, come illuminante esempio di umanità, nel senso più alto del termine.

«È un vero eroe». Il 18 gennaio è stato operato, ma improvvisamente le sue condizioni sono peggiorate. «Stava andando tutto bene ma domenica è peggiorato all’improvviso», ha dichiarato il fratello. «Ma noi apparteniamo ad Allah e a lui ritorniamo. Spero che la sua morte serva a costruire l’armonia religiosa e a incoraggiare i kenyani a vivere insieme come un’unica comunità». «Speravamo di salvare la sua vita perché lui era una testimonianza», hanno detto i medici. «Abbiamo fatto del nostro meglio ma quest’anima coraggiosa ha subito complicazioni». L’ispettore generale della polizia kenyana, Joseph Boinnet, lo ha definito un “vero eroe” : «Salah Farah è un vero eroe e sarà trattato con tutti gli onori». La polizia ha inoltre fornito alla famiglia dell’insegnante un aereo, per riportare il suo corpo a Mandera, dove sarà seppellito. Molte persone, inoltre, si sono già offerte di aiutare e sostenere economicamente la vedova di Farah, incinta al nono mese, e i suoi quattro figli.

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