Atleta di Stezzano

Paolo, che dalla sedia a rotelle scocca frecce in cima al mondo

Paolo, che dalla sedia a rotelle scocca frecce in cima al mondo
Pubblicato:
Aggiornato:

Quel terribile giorno, sull’asfalto, ha perso l’uso delle gambe ma non il sorriso e la positività. La sedia a rotelle e la sua grande determinazione gli hanno fatto scoprire un nuovo mondo, fatto di archi, frecce, bersagli, podi e medaglie, inni nazionali e torce olimpiche. Paolo Cancelli, 48 anni, atleta di Stezzano in attesa della convocazione ufficiale per prendere parte alle paralimpiadi di Rio, dalla sua disabilità ha tirato fuori il meglio. Un insegnamento che ora non manca di comunicare agli altri attraverso interventi nelle scuole, dando lezioni di tiro con l’arco e soprattutto di vita ai giovani, ai bambini, a coloro che come lui sono stati vittime di gravi incidenti.

 

 

Il suo palmarès Paolo lo ha scritto con inchiostro indelebile sulla schiena: «Amo i tatuaggi, ne ho più di trenta e forse è anche per questo che faccio colpo sui ragazzi delle scuole - spiega sorridendo -. Solitamente in questi progetti facciamo sei lezioni di tiro con l’arco e una lezione in classe, dove loro possono chiedermi di tutto. E io rispondo con la massima tranquillità ad ogni tipo di domanda, anche la più personale. Per far capire loro cosa si prova, prima li faccio tirare con l’arco in piedi e poi li faccio accomodare sulla mia sedia a rotelle e li faccio tirare da seduti. Gli studenti di Stezzano? Mi hanno chiesto tutti l’amicizia su Facebook». L’esperienza più particolare e, volendo, divertente, Cancelli l’ha vissuta quando l’hanno invitato all’asilo di Torre Boldone: «I bambini mi avevano preso come giostra vivente: a turno mi si sedevano in braccio e volevano che li portassi in giro in carrozzella».

 

IMG_2393

 

Effettivamente Paolo ha un carisma che cattura: testa rasata, un velo di barba brizzolata, un sorriso bianchissimo, ideogrammi giapponesi e triangoli maori che spuntano dalla maglietta. Quando racconta del giorno dell’incidente, avvenuto nel 2009, lo fa con una naturalezza e una consapevolezza non comuni: «Ero in sella alla mia moto, una Buell 1200, quando un ragazzo in macchina mi ha tagliato la strada in via Guzzanica, vicino a casa. Ho cercato di evitare l’impatto, ma la ruota davanti è slittata, io sono finito contro l’auto e la moto mi è venuta addosso schiacciandomi il torace: mi sono rotto il bacino, 15 costole con perforazione del polmone, l’osso sacrale e ho riportato un trauma cranico». Dopo tre giorni lo hanno operato e lì i medici hanno capito che non avrebbe più potuto camminare: «Quando l’ho saputo ho pensato: “Beh, almeno sono ancora vivo”. Per fortuna sono sempre stato una persona positiva ed ho cercato di vedere la parte buona anche in una situazione difficile come quella che stavo vivendo».

Prima Paolo si occupava di impianti telefonici per conto della Telecom e frequentava il poligono: «Mi piacevano le armi, ma soprattutto la sfida con il bersaglio. Così, quando dopo aver trascorso un mese in ospedale mi hanno trasferito per altri cinque alla Casa degli Angeli di Mozzo, la decisione di imparare a tirare con l’arco è stata abbastanza automatica, rispetto agli altri tre tipi di sport-terapia, ovvero basket, tennis e ping pong. Mi piace anche perché è l’unico sport in cui possiamo gareggiare con i normodotati».

IMG_2390
Foto 1 di 4
IMG_2391
Foto 2 di 4
NazionaleItalianaFitarco
Foto 3 di 4
podiomondialiBangkok
Foto 4 di 4

Così, dopo molto allenamento, nel 2010 Cancelli inizia a prendere parte alle competizioni e, nel 2012, entra a far parte della Nazionale. Dopo poco parte per le paralimpiadi di Londra, nel 2013 per i mondiali di Bangkok dove si aggiudica il bronzo come singolo e l’argento come squadra, nel 2015 per quelli in Germania (bronzo a squadre) e quest’anno per gli europei in Francia e le paralimpiadi di Rio a settembre. Le sue medaglie Cancelli non le tiene per sé: «Di solito le regalo. Quella vinta a Bangkok l’ho data ai ragazzi della Federazione Tiro con l’arco, quella vinta a squadre l’ho messa all’asta nel corso di un pranzo con l’associazione Clay Regazzoni, che si occupa di sostegno alla disabilità, e il ricavato l’ho lasciato a loro. La medaglia vinta in Germania l’ho regalata al mio allenatore e quelle vinte nelle gare minori (circa 35 all’anno) ad altre persone che ritengo se le meritino o ne abbiano bisogno come incoraggiamento».

«L’unica cosa che mi ha toccato tanto, quando ho fatto l’incidente – racconta – è stato il fatto che quel giorno ero andato a casa della mia ex moglie, con la quale ho un ottimo rapporto, perché dovevo “sgridare” mia figlia che era stata ripresa a scuola dalla sua insegnante. Lo schianto è avvenuto mentre rientravo e lei per moltissimo tempo si è colpevolizzata per questo. Ora ha superato questa fase, ci adoriamo. Il più bel tatuaggio che ho, una collana di ideogrammi, è dedicato a lei: “Sei e sarai sempre la donna della mia vita”».

Seguici sui nostri canali